I giorni intensi della maturità
I giorni della “maturità” sono particolarmente intensi e sentiti. Giustamente: si tratta di un momento cruciale in particolare nella vita di un giovane appena maggiorenne, segnano allo stesso tempo la conclusione di un lungo percorso e l’avvio di un altro, nuovo, ancora più sfidante di quello passato.
Segnano non solo un momento di verifica e valutazione su apprendimenti ed esperienze di studio, ma più ancora la “messa alla prova” di se stessi di fronte alla prospettiva del futuro, con il passaggio simbolico verso l’età adulta. La maturità come “rito di passaggio” è stata commentata più volte e da moltissimi esperti. E proprio riflettendo sul “passaggio” viene da pensare alle responsabilità che attendono i nostri giovani, così come viene da chiedersi se effettivamente, al di là dei risultati sanciti dal mondo scolastico, siano in grado davvero di assumersele. Una prima riflessione riguarda l’autonomia. Il passaggio della maturità apre a una condizione nuova, nella quale ciascuno può e deve conquistare maggiore consapevolezza di sé e capacità di agire “in proprio”, con responsabilità e, appunto, “autonomia” di giudizi e di comportamenti. Naturalmente non si tratta di un passaggio semplice come quello di aprire e attraversare una porta, piuttosto di un processo che viene “certificato” simbolicamente anche da un esame. Ma in realtà oggi questa conquista di autonomia è sempre meno scontata, con le mille “distrazioni” della società che circonda i nostri giovani e tende invece a mantenere – non solo loro – in una condizione di dipendenza. Quella più evidente riguarda gli strumenti tecnologici, gli smartphone e la rete: grandi opportunità, certo. Ma insieme anche la gabbia di un mondo virtuale che tende a ricreare sempre gli stessi orizzonti. Se il percorso scolastico è stato significativo riesce anche a creare qualche anticorpo rispetto a questa “malattia”, tuttavia la sfida è impari. Ci sono poi le difficoltà a staccarsi dalle famiglie d’origine, a inserirsi nel mondo del lavoro, a costruire progetti di vita a lungo termine, abituati come si è al “qui e ora”, all’istante. Di nuovo: si parla di processi, di cammini a tappe, che comprendono anche, tra l’altro, per molti, il “campo largo” degli studi universitari. Ma cosa serve soprattutto in questo complesso itinerario di crescita? La speranza, la fiducia nel futuro, l’apertura confidente verso il domani su cui ci si sta affacciando. E anche questo non è facile, considerati i tempi attuali, segnati da pesanti ombre di guerra, nazionalismi, rivendicazioni e innalzamento di muri. Per restare nell’ambito dei giovani – e degli universitari in particolare – vale la pena di ricordare e valorizzare il sogno di apertura, di conoscenza e di condivisione che è nato ad esempio con il progetto Erasmus. Un progetto di successo, che – è stato appena ricordato in una occasione ufficiale – «non è solo un programma di studio, ma un modo per creare un ponte fra i cuori delle persone, superando barriere culturali e pregiudizi. Un modo per promuovere la pace». Torna il nodo dell’autonomia: l’Erasmus porta i giovani a fare da sé, allontanarsi da casa e incontrare nuove vite, nuove esperienze. Torna il nodo della responsabilità: chiede di completare un percorso di studi e di avviare rapporti e relazioni significative. Torna il nodo del futuro: vuole guardare avanti, a una società nuova da costruire appunto su relazioni e condivisione, conoscenza e accoglienza delle diversità. Tra passato e futuro: la posta in gioco è davvero alta.