Giovani agricoltori, non basta la vocazione. Le imprese agricole condotte da giovani sono più efficienti ma devono affrontare grandi problemi

“Esperimento” sociale ed economico, quello dell’agricoltura giovanile, che deve essere sostenuto ma, prima di tutto, ben compreso

Giovani agricoltori, non basta la vocazione. Le imprese agricole condotte da giovani sono più efficienti ma devono affrontare grandi problemi

Giovani agricoltori per vocazione e non sempre nascita. Persone che hanno deciso seriamente di dedicarsi ai campi e alle stalle. E che lo fanno non solo con passione, ma con grande competenza. Qualcosa che è molto distante dall’immagine romantica e bucolica di un’agricoltura del passato (che tra l’altro non è mai esistita), ma anche da quel settore che alcuni dipingono tutto dedito al buon mangiare e alle tradizioni oppure solo all’ambiente. L’agricoltura dei giovani bada al sodo e ai conti, senza per questo mettere da parte tutela dell’ambiente e della qualità, attenzione al proprio passato e alle tradizioni.

“Esperimento” sociale ed economico, quello dell’agricoltura giovanile, che deve essere sostenuto ma, prima di tutto, ben compreso.

E per capire meglio, basta guardare ai dati emersi in occasione dell’apertura della Mostra Nazionale del Bovino da latte Frisona e Jersey italiana promossa da Anafibj nell’ambito della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari: un evento importante per il comparto, ma anche per conoscere da vicino la zootecnica vera.

Giovani e agricoltura, dunque. Stando a Coldiretti sarebbero poco meno di 20mila i giovani con meno di 40 anni che hanno scelto in Italia di lavorare a contatto con gli animali, tra stalle e greggi. In valore assoluto, forse, uno sparuto gruppo di neo imprenditori che, tuttavia, significa modernità e creatività in un settore determinante per l’economia, l’alimentazione e l’ambiente. Circa 10mila di questi – dice Coldiretti – “associano l’attività di coltivazione a quella di allevamento, altri 4mila giovani tra le mucche, quasi 3mila tra le pecore e le capre ma anche altre centinaia che allevano cavalli, maiali, pollame e animali da compagnia”.

Quello che più conta non è però la semplice presenza di allevatori con meno di 40 anni, ma i risultati che le loro imprese riescono ad ottenere. Stando sempre alle statistiche, sarebbero infatti le imprese agricole con giovani leve al loro interno ad essere quelle non solo più efficienti dal punto di vista dei bilanci ma anche per quanto riguarda l’attenzione alla diversificazione delle produzioni, all’innovazione, all’ambiente. In altri termini, sarebbero le “aziende agricole giovani” quelle in grado di essere più competitive e quindi più capaci di sostenere gli scossoni del mercato. Condizione non banale, soprattutto oggi e soprattutto per comparti agricoli determinanti. Come è il caso di quello zootecnico. Sempre i coltivatori diretti ricordano a questo proposito che oggi il nostro Paese importa il 64% della carne di pecora, il 53% della carne bovina, il 38% della carne di maiale e i salumi, e il 16% di latte e formaggi.

Il tema da affrontare, tuttavia, non è tanto quello dell’efficacia ed efficienza dei giovani in agricoltura, quanto quello dei problemi che gli stessi giovani devono affrontare per diventare agricoltori. I costi della terra, dei macchinari necessari, delle materie prime e dell’energia, pesano enormemente sulle prospettive delle imprese agricole che vengono create oppure su quello che si cerca di rilanciare. Per questo una cura particolare alle imprese agricole condotte da giovani viene sempre chiesta dalle organizzazioni agricole. Ed è necessario anche tenere conto che agricoltori non ci si improvvisa: una solida preparazione tecnica e un’ampia capacità di comprendere gli andamenti dei mercati (sempre più globali anche nell’agroalimentare), fanno parte del bagaglio culturale del buon giovane agricoltore. Non ci si improvvisa quindi volenterosi contadini, mentre si può seriamente pensare di diventare attenti e preparati imprenditori agricoli.

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Fonte: Sir