Gioco d’azzardo: p. Occhetta (La Civiltà Cattolica), “premiare i bar che lo evitano, sì a un ‘marchio no slot'”
“Da quando il legislatore, nel 2003, ha liberalizzato l’azzardo, tutto è cambiato: l’Italia si è trasformata in uno dei più grandi casinò a cielo aperto del mondo. L’effetto di questa scelta ha portato a un’escalation della dipendenza”.
Lo scrive padre Francesco Occhetta, scrittore de “La Civiltà Cattolica”, nell’ultimo numero della rivista dei gesuiti. Segnalando alcuni dati – le slot machine disseminate sul territorio italiano sono 366.399, una ogni 161 cittadini, mentre si vendono 3.600 “gratta e vinci” al minuto -, p. Occhetta denuncia che “gioco d’azzardo e crisi sociale sono diventate due facce della stessa medaglia”. Le conseguenze del gioco indicate sono “la causa di molti silenziosi suicidi o di scelte estreme, come quella di vendere un rene per pagare i debiti”.
Segnalando che il 40% di giocatori d’azzardo è costituito da donne tra i 50 e i 60 anni, il gesuita spiega che “giocano per vincere la solitudine, per sfuggire al vuoto lasciato dai figli che escono di casa, per compensare la frustrazione e la monotonia del quotidiano”. “Bastano tre anni di gioco per entrare nella fase di dipendenza, e poi in quella della disperazione – segnala lo scrittore de La Civiltà Cattolica -; tuttavia, quando un giocatore diventa consapevole della dipendenza, dovrebbe subito chiedere aiuto”.
Infine, da p. Occhetta un appello ai politici “chiamati a fasciare e guarire questa piaga”, riducendo “le liberalizzazioni”, mentre “i cittadini dovrebbero premiare i bar e gli esercizi commerciali che scelgono di non promuovere l’azzardo”. Un ‘Marchio No slot’ comune a tutti garantirebbe un certificato di garanzia etica. Occorre poi appoggiare quei sindaci virtuosi e le molte associazioni della società civile che, attraverso le loro battaglie, stanno sensibilizzando la cultura sui pericoli dell’azzardo”.