Genesi della “Genesi”. “Genesi i sei giorni della creazione” è il titolo del progetto artistico che porta la firma di Leonardo Nava

È la prima delle sei vetrate del progetto ideato per la chiesa di San Francesco al Fopponino a Milano.

Genesi della “Genesi”. “Genesi i sei giorni della creazione” è il titolo del progetto artistico che porta la firma di Leonardo Nava

“In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: ‘Sia la luce!’. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno”. (Gn 1,1-5)

Il giallo attraversato da luminose pennellate bianche sembra librarsi in volo mentre spicca sull’azzurro che sullo sfondo tende al celeste, mentre in basso tonalità diverse di marrone si mescolano come zolle di terra per abbracciare spazi blu dai riflessi bianchi, che ricordano gli specchi d’acqua d’alta montagna. Il tutto pare essere generato da un movimento che dà forma a ciò che forma non ha.

È la prima delle sei vetrate del progetto che l’artista Leonardo Nava ha ideato per la chiesa di San Francesco al Fopponino a Milano, che sono state inaugurate domenica 2 ottobre dal card. Francesco Coccopalmerio. “Genesi i sei giorni della creazione” è il titolo dell’opera progettata per la chiesa del Fopponino, la cui “genesi” è legata in particolare a due nomi, quello di s. Giovanni Battista Montini (che nel giugno 1963 viene eletto Papa e sceglie il nome di Paolo VI) e quello di Giò Ponti (1891-1979), architetto e designer milanese tra i più importanti del dopoguerra, famoso per aver progettato, tra le tante cose, il grattacielo Pirelli di Milano.

Nel 1959, per celebrare l’apertura del Concilio Vaticano II (1962-1965) e per rispondere alle esigenze pastorali della zona di Porta Vercellina che in quegli anni aveva visto aumentare notevolmente il numero dei suoi abitanti, l’allora arcivescovo di Milano, nell’ambito del progetto “22 chiese per 22 concili”, diede il via alla costruzione di una nuova chiesa, finanziata dall’Unione commercianti di Milano. A progettare quella che sarebbe dovuta diventare il cuore pulsante della pastorale del quartiere venne chiamato Giò Ponti, che era residente nell’area di Porta Vercellina. Questi ideò un edificio originale nelle forme, ponendolo in dialogo con le chiese già esistenti e caratterizzandolo con materiali innovativi e linee marcate capaci di esaltare la geometria della struttura. Giò Ponti si lascia ispirare da quella che lui considera la forma più bella e pura, il diamante. Finestre a cielo aperto animano la facciata – staccata dal corpo della chiesa – e rappresentano un rimando diretto alle bifore a cielo delle chiese medievali del territorio milanese. All’interno, plasmato anch’esso sulla forma di un esagono asimmetrico, tutto è all’insegna della semplicità e dell’essenzialità tanto cari a s. Francesco. Ponti curò il progetto nei minimi dettagli: disegnò, infatti, anche gli arredi, le suppellettili sacre e persino le vesti liturgiche. Un’opera d’arte totale, in cui tutto lo spazio è progettato secondo una coerenza artistica. La chiesa venne consacrata nel 1964 e negli anni Settanta il pittore Cristoforo De Amicis firmò le tre vetrate poste sopra la porta d’ingresso.

Nel 2016 la parrocchia di San Francesco al Fopponino decide di commissionare la realizzazione delle sei vetrate poste ai lati del presbiterio. “Genesi i sei giorni della creazione” è il titolo del progetto artistico che porta la firma di Leonardo Nava e che è stato realizzato dallo studio Vetroricerca di Bolzano. E sono proprio i maestri vetrartisti Alessandro Cuccato e Alessandra Piazza a raccontare sulla pagina Fb di Vetroricerca la genesi di questa “Genesi”.

“Solitamente non utilizziamo molto i social per raccontare il nostro lavoro, un po’ perché non ne siamo capaci, un po’ perché non sempre diamo il giusto peso all’importanza che può avere la rete nella promozione del nostro fare”. Ma il progetto della “Genesi” merita di essere raccontato. “L’idea progettuale è nata diversi anni fa – raccontano – ma ci è stata commissionata dalla parrocchia a ridosso della prima pandemia, un momento difficilissimo che nessuno dimentica e che in termini economici, ha colpito duramente chi l’arte come noi la produce. Questo forse il motivo che ci fa guardare con particolare affezione a questo ‘viaggio sperimentale’ durato quasi due anni e che sostanzialmente ci ha offerto l’opportunità di continuare a svolgere la nostra attività in un momento complicato e durante il quale tutto si è fermato”.

“Chi possiede un forno per la fusione del vetro sa che al suo interno, durante la fusione, avviene quella che possiamo definire una ‘microgenesi’. Guardando attraverso i fori dei forni, quando questi raggiungono le alte temperature, tutti i colori confluiscono nell’unica cromia dell’ultravioletto e si può osservare la materia vetro muoversi sollecitata dal calore e da alchimie non sempre controllabili. Sono stati però proprio questi episodi non controllabili a regalarci effetti cromatici straordinari, che ci hanno fatto comprendere che era proprio ‘l’imperfezione’ la possibile chiave di volta di questo lavoro. Questo concetto, già presente nel pensiero dell’artista Leonardo Nava, non era così scontato per noi artigiani, spesso ‘imprigionati’ dall’eccessiva tecnica. Abbiamo così abbandonato la strada che ci avrebbe portato brevemente a destinazione percorrendone di alternative e sperimentando così un nuovo approccio, con l’intento di comprendere in che modo avremmo potuto controllare tutti quei fenomeni che all’interno del forno, pur regalandoci effetti interessanti, compromettevano l’opera stessa. Questa ricerca, insieme alla decisione di realizzare delle vetrate che uscissero fisicamente dai telai, sono stati elementi che ci hanno imposto tempi lunghi e risoluzioni progettuali non preventivati. Le vetrate, infatti, risultano ‘appese’ ai telai senza ausilio di listelli di chiusura e le sporgenze passano da un elemento all’altro con soluzione di continuità, conferendo alle vetrate stesse un’idea di unicum non vincolato dai limiti del telaio stesso”.

A descrivere il risultato di questo lavoro di ricerca artistica sull’imperfezione sono le parole dello storico e critico d’arte Marco Meneguzzo: “Qui non si narra la Genesi, qui si vede la Genesi. Che è una cosa diversa, perché questa materia magmatica suggerisce molteplicità di cose. Non vedremo i pianeti che diventano tali, ma un qualcosa che si sta organizzando sotto i nostri occhi: il caos indistinto della massa di vetro diventa man mano colore distinto, ‘cosa’ distinta. Tutto nasce dal nulla indistinto: il vetro stesso è un caos che viene ordinato man mano, è una materia ingovernabile che di darà sempre una sorpresa. La materia dell’artista si organizza secondo il suo volere. Questi sono gli aspetti che rendono quest’opera analoga alla Genesi: genesi umana, che è sempre specchio della Genesi divina”.

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Fonte: Sir