Fca-Renault, l’affaire mancato. Sfuma per ora la prospettiva di un colosso da 8,7 milioni di auto
Che si tratti di una “lunga” pausa di riflessione, oppure di un no definitivo è difficile dirlo. Rimane il fatto: sfuma la prospettiva di un colosso da 8,7 milioni di auto, sinergie possibili per oltre 5 miliardi di euro all'anno, un portafoglio marchi costituito (solo per dire dei principali) da Fiat, Renault, Nissan, Mitsubishi, Maserati, Ferrari, Alfa Romeo, Jeep, Dacia e Lada
Niente affaire Fca-Renault, almeno per ora. Contrariamente a quanto tutti (o quasi) pensavano, l’offerta partita da Torino alla volta di Boulogne-Billancourt, alle porte di Parigi, per la creazione del terzo gruppo automobilistico mondiale, non ha convinto i francesi. Anzi, il governo francese che ha quindi chiesto alla Renault (nel cui consiglio siede anche l’esecutivo d’oltralpe), di prendere ancora tempo. Una posizione che non è piaciuta agli italiani, che hanno ringraziato per l’attenzione ma immediatamente ritirato l’offerta.
Che si tratti di una “lunga” pausa di riflessione, oppure di un no definitivo è difficile dirlo. Rimane il fatto: sfuma la prospettiva di un colosso da 8,7 milioni di auto, sinergie possibili per oltre 5 miliardi di euro all’anno, un portafoglio marchi costituito (solo per dire dei principali) da Fiat, Renault, Nissan, Mitsubishi, Maserati, Ferrari, Alfa Romeo, Jeep, Dacia e Lada.
La nuova holding avrebbe dovuto essere paritetica fra Italia e Francia, mantenere stabilimenti e occupazione, se possibile crearne di nuova. I punti di forza dell’intesa, almeno per Fca, stavano nella possibilità di dare vita ad un’offerta commerciale pressoché completa (dal gran lusso al veicolo di base), forte anche di elementi tecnici come la convergenza delle piattaforme produttive, gli investimenti nei sistemi di propulsione e nell’elettrificazione, le economie di scala. Percorso non certo facile, ma possibile, anche se forse da fare con grande attenzione.
Di “decisioni coraggiose per cogliere su larga scala le opportunità che si sono create nel settore automobilistico in campi come la connettività, l’elettrico e i veicoli a guida autonoma”, aveva parlato una nota di Fca del 27 maggio annunciando la lettera inviata oltralpe. Mentre l’Amministratore delegato del gruppo, Mike Manley, in una lettera ai dipendenti scriveva: “Nel gruppo Renault abbiamo trovato un partner affine che vede il futuro come noi”. Un orizzonte che era piaciuto anche alle organizzazioni sindacali italiane, attente comunque alle conseguenze sul fronte dell’occupazione: un atteggiamento comune ai sindacati francesi che, più di quelli italiani, hanno però messo le mani avanti chiedendo garanzie. E la stessa cosa ha fatto il governo d’oltralpe. Lo scorso fine settimana, infatti, della possibile unione Fca-Renault si è intensamente parlato in una serie di incontri fra il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, il presidente di Fca, John Elkann, e il presidente di Renault, Jean-Dominique Senard. Uno solo il tema: la Francia, pur approvando in linea generale l’idea della super-società, ha voluto da subito maggiori garanzie sul ruolo dell’esecutivo all’interno della possibile futura compagine, oltre che maggiori garanzie per l’occupazione. Oltre a questo, Parigi ha chiesto che il quartier generale operativo del nuovo gruppo fosse in Francia e che agli azionisti Renault venisse pagato un dividendo straordinario.
Richieste piuttosto pesanti che, nelle ore immediatamente precedenti l’inizio della riunione del consiglio di amministrazione di Renault, lunedì scorso, parevano in qualche modo accolte anche se fonti del ministero francese dell’Economia spiegavano come l’offerta di Fca fosse vista come “amichevole” ma sottolineavano che “lo Stato francese non è senza scelta”. Mentre il presidente del consiglio Giuseppe Conte spiegava: “Spetta al governo avere premura per i livelli occupazionali” ma non “orientare l’operazione”. E Luigi di Maio, vicepresidente del consiglio, aggiungeva: “Lo Stato ha già supportato e supporta Fca in Italia. Lo ha fatto prima di tutto nel rispetto della tradizione di un marchio indissolubilmente legato all’Italia e alla sua storia e che ci auguriamo continui a essere rispettato, perché solo in quel caso staremmo parlando di un’operazione di crescita e sviluppo aziendale come da noi intesa”.
Poi, alle 15 di martedì, l’inizio della riunione del Cda di Renault sospeso in tarda serata e ripreso alle 18 di mercoledì fino a notte fonda e al comunicato finale: “Il Cda non è stato in grado di prendere una decisione a causa dell’auspicio espresso dai rappresentanti dello Stato francese di rinviare il voto ad un consiglio ulteriore”. Dopo pochi minuti la risposta: il consiglio di amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles presieduto da John Elkann ha deciso “di ritirare con effetto immediato la proposta di fusione avanzata a Groupe Renault”.