Droga. Squillaci: “Costruire un nuovo modello di servizi a partire dalle persone”
Il presidente della Fict parla dei problemi in Italia nel contrasto al fenomeno: “Mentre il mercato si evolve in maniera assolutamente al passo con i tempi, le sostanze sono sempre più sintetiche e sempre diverse, tanto che stimiamo oltre cento nuove sostanze psicotrope messe sul mercato ogni anno, abbiamo un sistema dei servizi che è ancora fermo a una legge di 32 anni fa”
“Arriva anche quest’anno il 26 giugno, Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico di droga, e dovrei dire: meno male che c’è. È vero che assisteremo alla solita passerella di tanti politici e rappresentanti delle Istituzioni che si ricordano della questione dipendenze solo in questa Giornata, ma se non ci fosse il 26 giugno non avremmo neanche l’opportunità di parlarne”. Non usa mezzi termini Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict), parlando con il Sir in occasione della ricorrenza. Il tema per la Giornata 2022 è “Addressing drug challenges in health and humanitarian crises” (“Affrontare le sfide della droga nelle crisi sanitarie e umanitarie”).
Presidente Squillaci, qual è la situazione oggi in Italia?
Anche l’ambito delle dipendenze viene da una pandemia che, di fatto, non ha ridotto l’uso delle sostanze. Anzi, in generale, l’emergenza sanitaria, in qualche modo, ha “rinforzato” le dipendenze. Infatti, risulta evidente sia dai dati della Relazione al Parlamento per quanto riguarda l’Italia sia per quanto riguarda la “Relazione europea sulla droga 2022”, pubblicata il 14 giugno dall’Agenzia europea delle droghe, per la situazione a carattere comunitario, che non c’è stata una diminuzione nell’uso di sostanze ma al contrario, come spesso accade in ambito commerciale,
la pandemia è stata opportunità per scoprire nuovi mercati. Il dark web, l’area oscura della rete, è stata determinante: abbiamo avuto una sorta di triplicazione dei numeri della vendita on line di stupefacenti.
C’è stata una recente operazione di polizia dell’Europol, che ha coinvolto l’Europa, l’Australia e gli Stati Uniti, nella quale sono stati individuati qualcosa come 350mila utenti per 2.400 commercianti di sostanze. Stiamo parlando di numeri astronomici! Anche in Italia l’utenza, che prima era solita rivolgersi alle piazze con qualche timore, adesso non ha neanche questo spauracchio e aspetta semplicemente che la sostanza gli arrivi a casa.
La pandemia ha reso tutti più fragili…
Sì, c’è stato un aumento del disagio legato alle psicosi che tutti quanti in qualche modo abbiamo patito in questi anni e questo ha portato a un altro grido di allarme: l’abuso di alcol e di psicofarmaci senza ricetta medica, una situazione che è in grave aumento e ha ricevuto un’ulteriore spinta nel periodo di Covid. Adesso, poi,
con il venire meno di alcune restrizioni instaurate con la pandemia, siamo tornati agli usi e alle consuetudini precedenti con il ritorno sulle strade e nelle piazze, con l’aggiunta di queste “nuove competenze tecnologiche” acquisite da parte delle persone che hanno problemi di dipendenza.
È chiaro che la rete può essere un elemento di potenzialità importante ma può essere anche un pericolo enorme, come nel caso delle dipendenze.
Come si risponde in Italia a una realtà così complessa?
Purtroppo, mentre il mercato si evolve in maniera assolutamente al passo con i tempi, le sostanze sono sempre più sintetiche e sempre diverse, tanto che stimiamo oltre cento nuove sostanze psicotrope messe sul mercato ogni anno, abbiamo un sistema dei servizi che è ancora fermo a una legge di 32 anni fa. C’è stata nel 2021 la novità della Conferenza nazionale sulle dipendenze di Genova, ma è stata una Conferenza sulle sostanze più che sui servizi, cioè sulla droga piuttosto che sui sistemi di intervento che la contrastano, tant’è che noi quest’anno come Federazione italiana delle comunità terapeutiche abbiamo lanciato per il 26 giugno il messaggio
“Le persone al centro e non il problema”.
Bisogna intendersi: la battaglia contro le sostanze l’abbiamo perduta da diversi decenni, dobbiamo ora tornare a mettere al centro le persone.
Continuare a normalizzare, come purtroppo sta accadendo sempre di più, l’uso e l’abuso di sostanze legali e illegali non è un buon messaggio educativo.
Poi ci meravigliamo che abbiamo un costante aumento di uso tra gli adolescenti e che un quarto dei ragazzi in età scolare dichiari di aver fatto uso di almeno una sostanza nell’anno passato.
Quali sono i problemi principali per i servizi?
Noi abbiamo la sensazione che il sistema dei servizi sia sempre più marginalizzato. Abbiamo servizi pubblici, i Serd, e i servizi del privato accreditato che boccheggiano, cercano aria sui territori ma ne trovano sempre meno, con servizi pubblici sempre più svuotati di professionalità e servizi del privato accreditato, tutti del Terzo settore, oppressi da condizioni sempre più proibitive e purtroppo con le armi spuntate. Noi chiediamo che ci sia un cambio di passo.
Oggi la ministra Fabiana Dadone, insieme al Dipartimento per le politiche antidroga, sta portando avanti i lavori per la costruzione del Piano nazionale contro le dipendenze, al quale di fatto stiamo anche collaborando. Anche in questo caso la sensazione è che ci sia troppa enfasi sull’uso delle sostanze – e quindi sulla solita battaglia ideologica dietro alla quale si nasconde una filosofia che noi rigettiamo della normalizzazione dell’uso e dell’abuso e anche delle dipendenze – e ci sia invece poco spazio per il sistema dei servizi. Una novità positiva, invece, è che una quindicina di giorni fa il Ministero della Salute, ascoltando un nostro appello e di questo ringraziamo il sottosegretario Costa, ha istituito un Tavolo tecnico a livello nazionale, dove sono presenti esponenti dei servizi pubblici e delle comunità terapeutiche, proprio per mettere a fuoco la questione dei servizi, perché il rischio è che, mentre continuano i grandi bla bla legati a questioni di uso, legalità, legalizzazione, liberalizzazione, restino schiacciati proprio i servizi di prevenzione, cura, riabilitazione.
Cosa farà il Tavolo?
Il Tavolo darà la possibilità ai rappresentanti dei servizi del pubblico e del privato sociale di confrontarsi ed eventualmente di
costruire una proposta di modello di intervento innovativo e alternativo a quello attuale che oggettivamente non risponde più alle esigenze del fenomeno.
Da anni chiedete una riforma della normativa, che risale appunto al 1990…
Se lo chiede a qualunque esponente di centro, destra o di sinistra, tutti diranno che bisogna mettere mano alla legge ma nessuno lo fa. Abbiamo un disegno di legge depositato in Parlamento ormai da diverso tempo, costruito recependo un lavoro che abbiamo fatto insieme con i rappresentanti dei servizi pubblici ma non è stato mai calendarizzato. Alla Conferenza di Genova è stato più volte ribadito che è necessario mettere mano alla legge ma poi nulla è stato fatto. Nel percorso di costruzione del Piano nazionale uno degli obiettivi è anche proporre in prospettiva una riforma di questa normativa ma al momento nulla vediamo. Speriamo che questo Tavolo tecnico che andiamo a costruire consenta anche di dare degli stimoli alla politica e in modo particolare al Parlamento. Capisco che ci sono tante emergenze ma
prima o poi gli oltre 350 morti all’anno per overdose dovrebbero in qualche modo interrogare le coscienze dei nostri politici.
Quale appello vuole lanciare per la Giornata del 26 giugno?
La cosa veramente importante è che la smettiamo di trattare la questione droga partendo dal problema, cioè dalle sostanze,
dobbiamo ripartire dalla singolarità e dalla eccezionalità di ogni persona, su quello va costruito il nuovo modello
e non tentando di contrastare sostanze che cambiano costantemente, basta togliere una molecola e aggiungerne un’altra.