Diritti umani: Amnesty, “pandemia utilizzata come arma, mondo in preda al caos. Politiche discriminatorie nel 56% dei Paesi”
La pandemia è stata utilizzata come un’arma per attaccare ulteriormente i diritti umani.
Più del 56% dei 149 Paesi presi in esame ha attuato politiche discriminatorie. È quanto emerge dal rapporto 2020-2021 sui diritti umani presentato oggi da Amnesty International, che descrive “un mondo in preda al caos, con i sistemi sociali, politici ed economici a pezzi”. Lo ha ricordato oggi durante la presentazione Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia. “La situazione in cui il mondo si trova – ha detto – è causata certo dal virus ma anche da decenni di politiche governative divisive e ostili che hanno vilipeso il valore della dignità umana e i diritti umani. La pandemia è solo la cartina di tornasole. Non andrà tutto bene se non saranno prese decisioni drastiche politiche nel gestire la cosa pubblica. Fino ad adesso non c’è un governo che abbia dimostrato di essere eccezionale come la situazione avrebbe richiesto”. “Tutte le ricerche – ha sottolineato Russo – dimostrano che la pandemia è stata utilizzata deliberatamente per limitare la fruizione diritti umani da parte delle popolazioni”.
A subirne di più le conseguenze sono stati i i gruppi già marginalizzati, come “donne, rifugiati, migranti, i detenuti” ma anche “gli anziani abbandonati nelle Rsa in Italia”. Il rapporto di Amnesty rivela inoltre “vessazioni da parte del 28% degli Stati nei confronti degli operatori sanitari, che hanno lavorato in condizioni ancora peggiori”. In Nicaragua, ad esempio, almeno 16 operatori sanitari sono stati licenziati dopo che avevano denunciato la mancanza dei dispositivi di protezione personale. Oltre la metà dei Paesi del mondo ha attuato politiche discriminatorie: nelle Filippine, ad esempio il presidente Rodrigo Duterte ha ordinato alla polizia di uccidere chi protestava o chi causava “problemi” durante le misure di quarantena. Nel Brasile del presidente Bolsonaro, tra gennaio e giugno le forze di polizia hanno ucciso almeno 3181 persone, una media di 17 al giorno. In India è stata inasprita la repressione contro gli attivisti della società civile, anche attraverso raid nelle abitazioni, con la scusa della lotta al terrorismo. In Cina il governo ha proseguito a perseguitare gli uiguri e le altre minoranze musulmane del Xinjiang e a Hong Kong ha fatto entrare in vigore una legge sulla sicurezza nazionale per legittimare la repressione politica.