Dal passato al presente. L'originale percorso quaresimale proposto dalla diocesi di Innsbruck

L’arte contemporanea come strumento per raccontare questo nostro tempo straziato.

Dal passato al presente. L'originale percorso quaresimale proposto dalla diocesi di Innsbruck

L’arte contemporanea come strumento per raccontare questo nostro tempo straziato. È quanto ha deciso di proporre la diocesi di Innsbruck in Quaresima. A presentare il progetto, che si sviluppa lungo un percorso che unisce tre chiese del centro del capoluogo tirolese, è il vescovo Hermann Glettler sulla sua pagina Instagram.

“Tired?” (stanco) è il titolo della stampa digitale su tessuto che è stata collocata come pala d’altare temporanea nel presbiterio della chiesa universitaria di S. Giovanni Nepomuceno. Un’immagine, quella realizzata da Carmen Brucic, “simile a un telo quaresimale, per suscitare compassione e non essere un fastidio”, che non ha mancato di suscitare critiche tra i cattolici più conservatori. L’installazione fotografica – la prima di questo tipo nella chiesa di S. Giovanni Nepomuceno – presenta uno scatto tratto dalla serie “Private Stages”, realizzata lo scorso anno per una mostra nel contesto del Tblisi Photo Festival in Georgia. La gigantografia su tela ritrae l’attivista e artista georgiano David Apakidze a torso nudo, disteso su un letto. Un misto di stanchezza e di resistenza in cui la nudità del corpo – contro la quale si sono alzate le proteste – parla anche della fragilità dell’uomo. Un uomo che arriva anche a varcare la soglia dell’autolesionismo, come testimoniano le cicatrici ben visibili sul braccio del giovane. Ma è proprio quel braccio, che con il tronco forma una “V” di “vittoria” ad offrire anche un’altra chiave di lettura. “La foto del giovane David è segnata dalla sofferenza e dall’aggressione contro se stesso”, sottolinea mons. Glettler. “Abbiamo trovato molto interessante questa ambivalenza tra stanchezza e resistenza – spiega il vescovo di Innsbruck, che è anche un apprezzato critico d’arte contemporanea –. La “V” che si viene a formare tra il braccio e il tronco ci richiama alla vittoria della vita sulla morte e sul male e, in questo senso, è un simbolo quaresimale e pasquale molto forte”. Sul suo profilo Ig, mons. Gletter sottolinea che “la Quaresima è un tempo di riflessione, di purificazione, di consapevolezza delle difficoltà e di ‘rialzarsi’ grazie alla forza della fede. Un tempo in cui connettersi interiormente con Dio”.

“David Apakidze – racconta l’artista Carmen Brucic – appartiene alla generazione che ha vissuto nel 2008 la guerra del Caucaso, scoppiata in seguito ad un intervento militare russo in Georgia. La guerra di allora è paragonabile all’attuale guerra in Ucraina”. Una parte della famiglia del 23enne Apakidze vive attualmente a Kiev e David sta manifestando in questi giorni nella capitale georgiana contro la follia della guerra.

Una pala d’altare temporanea, quella di Brucic, che spinge l’osservatore a interrogarsi sullo stato di esaurimento che ha raggiunto la nostra società, sulle forme di resistenza adottate per riconquistare dignità e libertà.

A poco più di 500 metri di distanza dalla chiesa di S. Giovanni Nepomuceno si trova la Spitalskirche, la chiesa dell’Ospedale di Spirito Santo. Qui, come telo quaresimale, si può ammirare “Lost?”, una grafica su carta di grandi dimensioni (140×504 centimetri), opera di Klaus Griesriegl. L’artista, nato a Innsbruck nel 1960, ha preso come modello una foto scattata al confine tra Polonia e Bielorussia. In primo piano una scarpa da ginnastica che è rimasta incastrata nel muro di filo spinato, eretto nell’autunno 2021 per impedire ai rifugiati provenienti dall’Afghanistan e dalla rotta balcanica di entrare sul suolo dell’Unione europea. Un’immagine due volte tragica: ci parla, infatti di un uomo che non solo è stato respinto, ma che è stato privato anche di ciò che proteggeva i suoi passi.

Citando Nietsche, Griesriegl conferma che “se guardi nell’abisso per tanto tempo, l’abisso alla fine ti guarderà”. “Lavorare a questo disegno – racconta l’artista – è stata una sorta di catarsi, di purificazione interiore”.

Il grande telo quaresimale assume un significato ancora più profondo se si considera il contesto in cui si trova. A spiegarlo è il vicario episcopale Jakob Bürgler, che è anche rettore della chiesa. “Se alziamo lo sguardo, l’affresco sul soffitto mostra Mosé con i dieci comandamenti e il vitello d’oro. In questa prospettiva, l’opera di Griesriegl ci spinge ad interrogarci su quali siano i valori che ci guidano e su quali altari oggi siamo pronti a fare sacrifici”. Non solo. Bürgler ricorda anche che il popolo d’Israele era un popolo di stranieri, così come sono oggi quanti bussano oggi alle porte dell’Europa. “Questa scarpa da ginnastica rimasta impigliata nel filo spinato – scrive mons. Glettler su Ig – ci rammenta le tante persone in fuga che sono state respinte alle nostre frontiere. Oggi, nel mezzo della guerra in Ucraina, stiamo sperimentando una grande disponibilità ad accogliere i rifugiati. Grazie! Qui in diocesi abbiamo già messo a disposizione le strutture diocesane per offrire ospitalità a chi fugge dalla guerra”.

La terza e ultima parte del percorso quaresimale proposto dalla diocesi di Innsbruck porta nella cattedrale di S. Giacomo. Qui a balzare subito all’occhio è il vuoto. Sull’altare maggiore, costruito dallo scultore e architetto italiano Teodoro Benedetti (1697-1783), la fastosa cornice realizzata nel 1789 da Josef Schöpf (1745-1822) è vuota. Là dove l’occhio del fedele era abituato a incrociare lo sguardo di “Mariahilf” Maria Ausiliatrice, oggi c’è il vuoto.

Il capolavoro di Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), è stato spostato e collocato sull’altare laterale di S. Filippo Neri. I fedeli possono, inoltre, ammirare, diversi approcci grafico-pittorici al quadro di Cranach realizzati dall’artista del Tirolo orientale Michael Hedwig, così come 30 volumi in cui sono raccolte le testimonianze (ex-voto) delle risposte alle preghiere dei fedeli.

Il celebre dipinto su tavola, realizzato da Cranach negli anni della maturità (1530 circa), non è stato sempre in cima all’altare maggiore. Fino ad oltre 300 anni fa si trovava in un luogo più vicino ai fedeli ed era meta costante di pellegrinaggi. Pellegrinaggi che si interruppero quando il quadro venne trasferito sull’altare maggiore. Oggi, questa vicinanza perduta è stata resa nuovamente possibile e il vuoto nell’altare maggiore è stato lasciato volutamente visibile, proprio per sottolineare questo messaggio.

“Questa Madonna con Bambino – scrive mons. Glettler su Ig – tenera, semplice, divina, oggi si fa più vicina alle lacrime e alle preghiere della gente”.

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Fonte: Sir