Dad o non Dad? La didattica a distanza e i problemi che solleva

Quello che sperimentano tanti studenti in questo periodo di emergenza sanitaria è una vera e propria trasformazione dell’esperienza scolastica.

Dad o non Dad? La didattica a distanza e i problemi che solleva

Didattica a distanza. In realtà ci sarebbe da discutere a lungo sul tema “didattica” e ragionare se e come lo sia il collegamento via pc tra allievi e docenti.
Quello che sperimentano tanti studenti in questo periodo di emergenza sanitaria e di chiusura forzata degli istituti scolastici non è probabilmente – soltanto – un altro modo di realizzare la dinamica insegnamento/apprendimento, ma una vera e propria trasformazione dell’esperienza scolastica. In molti esperti sarebbero pronti a dire che si tratta addirittura di una negazione di tale esperienza.

Un manifesto recente redatto da pedagogisti, psicologi e uomini di scuola spiega senza troppi giri di parole che “La scuola è presenza fisica” e che “La Dad non è vera scuola”. In sostanza quello che sta succedendo agli adolescenti italiani è che vengono “derubati” di un passaggio fondamentale della vita. Non solo, diversi osservatori lanciano allarmi sulla possibilità che anche questo contribuisca alla crescita di disagio e rabbia, capaci di sfociare nel disordine sociale. Se ne sono avute le prime avvisaglie negli scontri di piazza già registrati in Italia (e non solo), con minori protagonisti.

In effetti, chi ha a che fare con adolescenti alle prese con la Dad (terribile acronimo) osserva spesso il disagio, che si manifesta ad esempio con la trasformazione di macchine in perpetuo movimento – come generalmente sono ragazzi e ragazze di questa età – in fantasmi che vagano per casa, magari in pigiama per tutto il giorno, senza cura di sé, alternando la seduta alla scrivania, davanti al computer, allo “svacco” sul letto attaccati allo smartphone. E interscambiando ogni pochi minuti l’uno e l’altro. Per non dire della difficoltà a restare concentrati quando lo schermo è spento. Perché la scuola è fatta anche di libri da leggere e studiare. Ma col telefonino a fianco. E’ la finestra sul mondo, una forma di apertura, si potrebbe dire, il modo di relazionarsi al tempo delle tecnologia e della vita a distanza (altro che Dad). Tuttavia spesso diventa solo uno specchio virtuale, una specie di prigione che immobilizza e chiude su se stessi. L’esatto contrario di quanto potrebbe/dovrebbe essere un adolescente. Che diventa irritabile più di quanto l’età già non gli suggerisca, sfiduciato e, appunto, arrabbiato. Solo che in genere non capisce perché.

Hanno ragione gli esperti quando scrivono che “L’isolamento e la scuola a distanza sono una condizione pericolosa per la salute mentale degli studenti che sono a serio rischio depressivo e di ritiro sociale”. Potremmo aggiungere – con un po’ di ironia, ma non troppo – che sono una condizione di rischio anche per i genitori, la maggioranza dei quali non sa proprio cosa fare, come affrontare la situazione. E passa dalla tranquillità che viene dal “silenzio degli innocenti” – i ragazzi inghiottiti dal vortice virtuale non danno fastidio – alla preoccupazione impotente che nasce quando ci si rende conto che in casa si aggira un fantasma.

Che fare? Sarebbe stato bello non chiudere le scuole, ma a questo punto è difficile tornare indietro, salvo un improvviso e improbabile – allo stato delle cose – cambiamento di scenario rispetto alla pandemia. Quindi, fatto salvo l’appello di chi giustamente sostiene che “la scuola è salute” e la Dad fa male – si perdoni la semplificazione di argomenti molto seri, che toccano anche la democrazia e gli squilibri sociali – il primo passo è conquistare consapevolezza da parte della società intera. La scuola è un bene prezioso e primario. Facciamone tesoro e non appena possibile il Paese ne tragga le conseguenze.

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Fonte: Sir