Cucine popolari. Quasi 57 mila pasti distribuiti nel 2021. E altrettanti sorrisi

La mensa è il nucleo originario dal quale sono nate le Cucine economiche popolari (Cep). Era il 1882 e Padova, come buona parte del Veneto, fu colpita da una violenta alluvione, riducendo alla fame centinaia di persone. Fu per rispondere a questo bisogno primario che Stefania Omboni fondò le Cucine: economiche perché i cibi venivano preparati in economia, popolari, perché destinati al popolo

Cucine popolari. Quasi 57 mila pasti distribuiti nel 2021. E altrettanti sorrisi

Da allora Padova di anni neri ne ha avuti altri, la povertà ha cambiato volto, le Cucine si sono arricchite di nuovi servizi, ma la mensa rimane quello più conosciuto e frequentato. Delle 2.573 persone che nel 2021 si sono rivolte alle Cep, 1.955 lo hanno fatto per la mensa. Si tratta di persone provenienti da 80 Paesi diversi, con una percentuale di italiani del 17 per cento e una decisa maggioranza di uomini. I pasti distribuiti sono stati 56.886: 48.511 pranzi e 8.375 cene. Il 60 per cento di questi pasti è stato erogato con i buoni consegnati dalla Caritas diocesana e dal Pane dei poveri. Per gli altri è stato chiesto un contributo dai 50 centesimi per un primo piatto ai 2 euro per un pasto completo. Tutto questo è stato possibile grazie anche alle misure per regolamentare l’accesso e la gestione degli spazi comuni adottate in base alle norme anti Covid, che hanno comunque consentito alle Cucine di non chiudere, perché considerate un servizio essenziale per la comunità. A parte le tre settimane di lockdown tra marzo e aprile, durante le quali sono rimaste chiuse solo per cena. Ma soprattutto, tutto questo è reso possibile da un esercito di volontari – un centinaio circa quelli che si alternano per la distribuzione dei pasti e il servizio in sala, più un altro gruppo che si occupa di recuperare ogni mattina i cibi freschi – e di operatori che gestiscono l’ingresso, registrano i nuovi inserimenti, tengono pulita sala e cucina, preparano le pietanze. Tra loro c’è Katia Bottaro, alle Cucine dal 1977. «Avevo 15 anni – ricorda – Ci davano vitto e alloggio e il sabato tornavamo a casa. La mia famiglia stava a Conselve. All’inizio eravamo soltanto due dipendenti, così sarò la prima ad andare in pensione. Poi credo che continuerò come volontaria. Stavamo qui. Avevamo le nostre stanze. Da una parte dormivano le suore, dall’altra noi. Come una famiglia». Viene da chiedersi se non le sia pesato, così giovane, questo tipo di vita. «A una certa ora dovevamo rientrare, ma non avevamo regole tanto diverse da quelle che una ragazzina avrebbe comunque avuto in famiglia. E poi all’epoca cominciavo alle 6 e mezza e quando lavori non hai tanta voglia di fare tardi. Penso che siano stati gli anni migliori. Qualche volta mi è stato anche chiesto se volevo farmi suora. Ma non faceva per me. Infatti sono riuscita a stare vicina ai miei figli, a giostrarmi con i turni. Non ci sono mai stati problemi. Anche adesso ci sono operatori che hanno figli e ci si aiuta. Ora poi ci sono anche i congedi anche per paternità. Le cose cambiano». Katia non ha sempre cucinato. Quando è entrata alle Cep cucinavano le suore. «Ora siamo in cinque, per cucina a pulizie. Non siamo cuoche, ma la passione ti viene. La mattina vediamo cosa viene su di fresco, cosa ci regalano e cosa abbiamo, e decidiamo il menù. Sono sempre stata contenta di lavorare qui. Siamo consapevoli dell’importanza di quello che si fa qui dentro. Ci sono persone che ti ringraziano. Gli fai un piatto di pasta, e sembra che hai fatto chissà cosa».

Quella stessa gentilezza, quella gioia di rivedersi, è ciò che spinge anche Lucio Bertin a frequentare le Cucine come volontario da una quindicina d’anni. «Stavo per andare in pensione – racconta – e come esodato dovevo fare dei lavori socialmente utili. Prima accompagnavo a scuola una ragazzina con difficoltà motorie. Poi mio figlio tornò da un camposcuola e mi disse: vieni con me che ti faccio conoscere una realtà diversa. C’era ancora suor Lia. Da allora ho cominciato a venirci tutti i giorni. Ma ora i volontari sono tanti e ci vengo di giovedì». Come per tutti, l’impatto con questa realtà ha imposto qualche riflessione. «Nei primi tempi ero un po’ perplesso. Non pensavo che tante persone avessero bisogno di un pasto quotidiano. Dopo ho avuto modo di conoscere meglio alcuni degli ospiti. Non è stato semplice o immediato, perché a volte gli ospiti sono un po’ chiusi. Poi ci si conosce meglio. Ci sono persone che sono rientrate nel loro Paese d’origine con le quali continuiamo a sentirci. C’è un ragazzo che è tornato nello Sri Lanka. Ha tre figli. È sempre il primo che mi fa gli auguri la notte di Natale». Ora la situazione è un po’ cambiata, in parte per il reddito di cittadinanza. «Sono diminuiti gli “habitué”. Ma non è cambiato il significato di quello che si fa. Ho sempre educato i miei figli che bisogna contribuire a fare del bene. E penso che anche quelle poche ore che passo qui mi rallegrano. Alle volte basta un sorriso, un pacca sulla spalla. Sono contenti di vederti. E questo ti dà quella soddisfazione di dire: siamo qui e ci vedremo ancora». I giovedì di Lucio iniziano verso le 10.30. «Distribuisco il cibo in mensa. Mi danno il biglietto, illustro loro il menù, cerco di accontentare le loro esigenze. A volte mi chiedono un consiglio e siccome ho imparato a conoscere i gusti di qualcuno cerco di accontentarlo. Poi in base alle persone che ci sono do una mano in refettorio. Non ci sono compiti stabiliti in modo rigido. Sono anche diminuiti i posti a sedere. Per ogni tavolino prima c’erano quattro posti e ora sono due. Si fa comunque un servizio in base alle esigenze. Rimango fino alle 13.45. Poi qualche volta quando esco, trovo i ragazzi e facciamo due chiacchiere».

La pagina: ogni prima domenica del mese

Torna la pagina dedicata alla Cucine economiche popolari e alla Fondazione Nervo Pasini. L’appuntamento per approfondire la conoscenza di queste due realtà, sulle pagine della Difesa, è ogni prima domenica del mese.

Italiano il 17 % di chi ha pranzato alle cucine nel ’21

Il pranzo viene distribuito dal lunedì al sabato dalle 11.15 alle 13.30 e la cena (molto meno frequentata) da lunedì a venerdì dalle 18 alle 19. L’82 per cento delle persone che nel 2021 hanno pranzato alle Cucine economiche popolari è composto da maschi. Gli italiani sono stati 333 (17 per cento del totale), di cui 272 maschi e 61 femmine. Le nazionalità sono un’ottantina. Le più rappresentate sono Marocco, Nigeria e Tunisia.

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