“Cos’è un rifugiato?”, un albo illustrato per rispondere alle domande dei bambini
In uscita il 13 maggio, grazie a una collaborazione con HarperCollins Italia Editore, per ogni copia venduta sarà devoluto 1 euro alle attività di Unhcr. Nell’albo illustrato da Elise Gravel i bambini rifugiati disegnano e giocano proprio come i piccoli lettori per i quali il libro è pensato
Chi sono i rifugiati? Perché sono chiamati così? Perché devono lasciare la loro casa? Perché a volte non vengono accolti nel paese dove arrivano? “Cos’è un rifugiato”, il nuovo albo illustrato da Elise Gravel ed edito da HarperCollins Italia Editore, vuole essere uno strumento per rispondere ai perché dei bambini. In uscita il 13 maggio, dedicato ai bambini dai 4 anni in su, grazie a una speciale collaborazione con la casa editrice, per ogni copia venduta 1 euro sarà devoluto alle attività di Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati.
Nel libro i bambini rifugiati, così come i piccoli lettori per i quali il libro è pensato – ma utile anche a genitori, insegnanti ed educatori per introdurre ai bambini un argomento importante e delicato dei nostri giorni –, disegnano, giocano a calcio, amano i videogame e i loro racconti in fondo al libro ci ricordano l’umanità comune.
Ma chi è un rifugiato? A definire questo status è l’articolo 1A della Convenzione di Ginevra del 1951. Qui leggiamo che il rifugiato è colui “che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
L’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, nacque all’indomani della Seconda Guerra Mondiale con il compito di assistere i cittadini europei fuggiti dalle proprie case a causa del conflitto. Una struttura temporanea, nei programmi iniziali: tre anni per completare il compito, poi la chiusura. “Settant’anni dopo – spiega l’Agenzia, premio Nobel per la Pace nel 1954 e nel 1981 – continuiamo a lavorare ogni giorno accanto ai rifugiati: in un mondo in cui ogni due secondi una persona è costretta ad abbandonare la propria casa a causa di conflitti o persecuzioni, il nostro compito è più importante che mai”.
Nel corso degli anni al mandato originario si sono aggiunti nuovi ambiti di intervento: dal 1972 si occupa anche di assistere le persone sfollate all’interno del proprio Paese a causa di conflitti; nel 1974 gli viene affidata anche l’assistenza agli apolidi, quei milioni di persone che rischiano di vedere negati i propri diritti fondamentali perché non possiedono la cittadinanza di alcuno Stato. In alcune parti del mondo, come in Africa e America Latina, il mandato del 1951 viene rafforzato con accordi che creano nuovi strumenti giuridici a livello regionale.
Ambra Notari