Consumi alimentari, si fa ancora fatica. Le ultime statistiche indicano un mercato prudente e ancora in grande difficoltà

Cerchiamo di spendere meglio possibile i nostri soldi (che diminuiscono), scegliendo con più attenzione di prima cosa acquistare e mettere in tavola

Consumi alimentari, si fa ancora fatica. Le ultime statistiche indicano un mercato prudente e ancora in grande difficoltà

Gli italiani stringono nuovamente la cinghia. Anche per le spese alimentari. E’ l’indicazione che emerge da una serie di rilevazioni circolate in questi giorni. Una circostanza che deve far pensare circa le difficoltà che l’economia sta vivendo – nonostante gli annunci che da alcune parti continuano ad arrivare -, e che potrebbe vivere ancora per molto tempo. Per capire meglio, come sempre, basta uno sguardo ad alcuni numeri.

Stando ad una serie di analisi di Coldiretti su dati Istat, il 29,5% delle famiglie italiane ha dichiarato di aver provato a limitare nel 2022 la quantità e in alcuni casi anche la qualità del cibo acquistato. Un atteggiamento che ha condotto ad un aumento della spesa alimentare (+4,6%) e ad una diminuzione della quantità di cibo acquistato. Accanto a questi due dati, occorre però porne altri due: l’aumento del +9,3% dei prezzi alimentari che deve essere confrontato con la crescita di solo il 3,3% degli acquisti. Detto in denaro sonante e non in termini percentuali, tutto questo ha significato che una famiglia media italiana ha speso 482 euro mensili per l’acquisto di prodotti alimentari pari al 18,4% della spesa totale. A fare la parte del leone pare sia stata la carne (21,5%), seguita da frutta e ortaggi (21,4%) e poi dai cereali (15,7%). Ancora i coltivatori diretti forniscono poi un altro elemento per capire meglio: “Di fronte ad un aumento del 10% della spesa non alimentare, gli italiani hanno destinato meno di un euro su cinque del budget familiare per la tavola, con un deciso aumento dell’incidenza di altre voci di spesa come abitazione, abbigliamento , trasporti e comunicazioni”.

Ma quale può essere la lettura di questi numeri? Sostanzialmente una sola: cerchiamo di spendere meglio possibile i nostri soldi (che diminuiscono), scegliendo con più attenzione di prima cosa acquistare e mettere in tavola, ma facendo con altrettanta attenzione i conti. Anche tenendo conto di quelle spese non alimentari che non appaiono più come facoltative ma obbligate.

Attenzione e prudenza, dunque, paiono essere le due parole d’ordine dei consumatori dello Stivale. Un atteggiamento che traspare anche da analisi più focalizzate su determinati comparti, come quello del vino. Stando alle ultime rilevazioni dell’Osservatorio Uiv-Ismea su base Ismea-Nielsen-IQ, è stato notato un “lieve miglioramento delle vendite di vino nella Grande distribuzione italiana nei mesi estivi che portano il cumulato dei primi nove mesi di quest’anno”, un fenomeno che ha portato la perdita in volume dal -3,9% al -3,4%, ma, spiegato gli esperti del settore, “permane un atteggiamento prudente dei consumatori tra gli scaffali, con acquisti ‘difensivi’ che privilegiano i prodotti in promozione o alcune tipologie più convenienti a scapito di altre”. Segnali – come si diceva sopra -, di grande cautela, di attenzione, indicatori che spiegano tutto sul clima che si vive nelle famiglie italiane e che si esplicitano anche in alcuni esempi che fanno capire ancora di più. I cosiddetti “spumanti low cost” hanno ormai superato nelle vendite in volume anche il Prosecco Doc e si stanno sempre più affermando non più solo nei discount ma anche nei canali generalmente rivolti a mercati con medie di prezzo più elevate. Sulla stessa linea, alcuni grandi vini che hanno fatto la tradizione italiano perdono quote di mercato significative: il Chianti Classico ha perso in volume il 13,2%, il Prosecco Docg il -14,5%. Mentre ancora Uiv e Ismea sottolineano come “l’unico formato a crescere tra gli scaffali, per i vini a denominazione come per quelli comuni, sia quello di plastica e bag in box che in media presentano un prezzo di 1,8 euro/litro”.

E’, come si diceva prima, ancora tempo di tirare la cinghia per molti italiani. Qualcosa di già visto nell’economia del nostro Paese; qualcosa che non riusciamo a superare che deve porre più di un problema a istituzioni e sistema economico.

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Fonte: Sir