Competenze digitali, Italia in ritardo: 10 punti sotto la media europea

I dati Istat. L’Italia si colloca in 23esima posizione. La quota più elevata di occupati con competenze digitali si osserva nei Servizi di informazione e comunicazione e nelle Attività finanziarie e assicurative (circa 80%), mente i settori con maggior ritardo sono quelli dell’Agricoltura, silvicoltura e pesca e delle Costruzioni. Imprese italiane: si riduce il divario, ma sempre in ritardo nella formazione Ict del personale

Competenze digitali, Italia in ritardo: 10 punti sotto la media europea

Nel 2023 il divario nelle competenze digitali tra i Paesi dell’Ue27 è elevato, con un campo di variazione di 55 punti percentuali. L’Italia si colloca in 23esima posizione, circa 10 punti sotto la media. A dirlo è l’Istat, con un report proprio sulle competenze digitali dei cittadini, anno 2023.
In coordinamento con gli altri Istituti europei di statistica, l’Istat da quasi vent’anni documenta lo sviluppo della società dell’informazione in Italia attraverso due indagini specifiche, una sugli individui e l’altra sulle imprese. Le stime prodotte sono utilizzate dalla Commissione europea per valutare i progressi degli Stati membri nella digitalizzazione e, dal 2021, rientrano nel sistema di monitoraggio del programma strategico europeo “decennio digitale 2030”.
In sintesi: la quota più elevata di occupati con competenze digitali almeno di base si osserva nei Servizi di informazione e comunicazione e nelle Attività finanziarie e assicurative (circa 80%), mente i settori in cui si osserva il maggior ritardo sono quelli dell’Agricoltura, silvicoltura e pesca (32,5%) e delle Costruzioni (43,8%).
Nel settore Itc (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione), più attivo nella formazione informatica, emergono ritardi da parte delle imprese italiane che durante l’anno 2021 hanno erogato formazione ICT al personale per il 54,7% verso il 65,3 di quelle europee. La quota di personale che ha seguito attività di formazione in questo ambito tra il 2018 e il 2022 è passata dal 16,9% al 23,9%.
Il progresso in atto negli anni più recenti è stato notevole (155 mila specialisti ICT, +19% rispetto al 2019), ma inferiore rispetto all’insieme dell’Ue 27 (+24,1%).
In Italia la quota dei laureati nelle discipline ICT è passata dall’1,3% del 2019 all’1,5% del 2022, a livello europeo dal 3,9% al 4,5%.

Competenze digitali della popolazione relativamente modeste

Uno degli obiettivi del programma europeo è di portare entro il 2030 all’80% la quota di popolazione tra i 16 e 74 anni con competenze digitali almeno di base in tutti e cinque i domini definiti dall’attuale Quadro di riferimento delle competenze digitali. Nel 2023 nel nostro Paese solo il 45,9% degli adulti possiede competenze digitali adeguate, oltre un terzo (36,1%) ha competenze insufficienti e il 5,1%, pur essendo utente di Internet, non ha alcuna competenza. Nel panorama europeo, l’Italia è uno dei Paesi con la quota più bassa di persone con competenze digitali almeno di base, con una distanza dalla media Ue 27 di quasi 10 punti percentuali. Rispetto al 2021 aumenta lievemente la quota di cittadini europei con queste competenze (+1,6 punti percentuali), l’incremento più evidente si registra in Ungheria con +10 punti percentuali.
“Tale andamento positivo non si rileva uniformemente visto che in 10 Paesi si riscontra una mancata crescita – rileva l’Istat -. In particolare, il decremento più forte si registra in Lettonia (-5,5 punti percentuali), quindi in Croazia, Slovacchia e Lussemburgo (-4 punti percentuali). Tra le grandi economie si evidenzia una flessione in Francia (-2,3 punti percentuali), una stabilità in Italia e un aumento in Germania e Spagna (+3,3 e +2 punti percentuali, rispettivamente)”.

In Italia, come in altri Paesi europei, le competenze digitali sono associate alle caratteristiche socioculturali della popolazione. In particolare, in Italia ha competenze almeno di base nei cinque domini il 59,1% dei giovani tra 16 e 24 anni, contro appena il 19,4% degli adulti tra 65 e 74 anni. La distanza intercorrente tra i più giovani e i più anziani è in linea con quella media europea, ma l’Italia presenta valori nettamente inferiori all’Ue 27 in tutte le classi d’età.

“Le competenze digitali sono caratterizzate da una disparità di genere a favore degli uomini in quasi tutti i Paesi europei (in Italia, pari a 3,1 punti percentuali) – afferma l’Istat -. Lo svantaggio femminile, tuttavia, è presente solamente a partire dai 45 anni, mentre fino ai 44 anni le donne risultano possedere maggiori competenze digitali rispetto agli uomini. Il principale fattore discriminante insieme all’età è il grado di istruzione: in Italia, tra le persone con titolo di studio di livello universitario il 74,1% ha competenze digitali almeno di base e per questo segmento di popolazione il divario con la media Ue27 si riduce a -5,7 punti percentuali, mentre tra le persone con un titolo di studio basso, almeno la licenza media (il 22,6%) la distanza con la media Ue27 è di 11 punti percentuali”.

Tra gli occupati competenze digitali di base 8 punti sotto la media Ue 27

L’avere competenze digitali adeguate è un prerequisito per poter cogliere appieno le opportunità che le ICT offrono nello svolgimento delle diverse attività della vita privata, ma anche un elemento essenziale per l’accesso al lavoro e per la riqualificazione delle persone in cerca di lavoro. In Italia nel 2023 i disoccupati in possesso di competenze digitali almeno di base in tutti e cinque i domini sono il 38,7% rispetto al 47,7% della media Ue27. Il valore registrato per il nostro Paese risulta in linea con la Germania, ma distante dalla Spagna e dalla Francia di oltre 18 punti percentuali.

La diffusione delle competenze digitali è significativamente più elevata tra gli occupati: in Italia, il 56,9% raggiunge un livello almeno di base nei cinque domini. Anche in questo caso, tuttavia, si osserva un divario ampio con la media dell’Ue27 (il 64,7%) e, tra le maggiori economie, con la Francia (67,5%) e la Spagna (75,4 %), mentre la Germania mostra valori poco superiori a quelli italiani.

Il settore di attività economica in cui si lavora può influenzare il livello e la tipologia di competenze. “In Italia, come in altri Paesi europei, la quota più elevata di occupati con competenze digitali almeno di base si osserva nei Servizi di informazione e comunicazione e nelle Attività finanziarie e assicurative (80% circa). Segue col 76,7% l’aggregato del Settore immobiliare e dei servizi alle imprese e altre attività professionali, che si colloca davanti al settore Pubblica Amministrazione, difesa e assicurazione sociale obbligatoria (71,8%). L’Industria in senso stretto e il Commercio si collocano appena sotto il valore medio, mentre i valori più bassi si osservano nel settore Agricoltura, silvicoltura e pesca (32,5%) e in quello delle Costruzioni (43,8%)”.

La carenza di competenze informatiche degli occupati viene colta indirettamente anche da alcuni indicatori stimati dalla Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese con almeno 10 addetti, che evidenzia una maggiore dipendenza delle imprese italiane rispetto a quelle europee verso fornitori esterni di servizi e conoscenze specialistiche come, ad esempio, la sicurezza informatica e le vendite via web.
Nel 2023 circa sei imprese italiane su 10 tra quelle che vendono via web ricorrono a piattaforme o app di intermediari del commercio online rispetto a una media Ue27 del 42,9%. In Francia vi ricorrono solo tre imprese su 10, in Spagna quattro e in Germania circa cinque. Nel 2022 il 77% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha svolto attività relative alla sicurezza informatica come, ad esempio, quelle legate ai test, alla formazione e alla risoluzione degli incidenti, attraverso fornitori di servizi specializzati esterni a fronte di nove punti percentuali in meno della media Ue27 (68%).

Si riduce il divario nella formazione ICT nelle imprese

Il programma strategico della Commissione europea per la transizione digitale prevede il monitoraggio della quota di imprese con almeno 10 addetti che erogano formazione al personale per sviluppare competenze ICT. Nel 2022 il 19,3% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha realizzato, nel corso dell’anno precedente, attività formative in quest’ambito: si tratta di un valore in forte crescita rispetto al 2017 (+6,4 punti percentuali), anche se inferiore rispetto al 22,4% per l’insieme dell’Ue27 dove, tuttavia, l’aumento è stato molto minore (+1,7 punti). Su questo aspetto, d’altra parte, ha pesato il calo prodottosi nel 2020-2021 in associazione con la pandemia.

L’impegno delle imprese italiane nella formazione in quest’ambito è in linea con quello delle imprese di Francia e Spagna, sia con riferimento allo sviluppo delle competenze dei propri specialisti ICT (9,1%), sia alla formazione destinata al miglioramento delle competenze digitali degli altri addetti non specialisti (15,9%).
A livello settoriale, le imprese italiane con almeno 10 addetti del comparto ICT, il più attivo nella formazione, si collocano oltre 10 punti percentuali sotto la media dell’Ue27 (54,7% contro 65,3%). Il divario con l’Europa è molto minore se si considera l’Industria in senso stretto senza le attività estrattive (3 punti percentuali), si annulla nel caso dei Servizi di alloggio e ristorazione, o si inverte a vantaggio dell’Italia considerando le Costruzioni (1 punto percentuale sopra la media Ue27).

La diffusione della formazione cresce all’aumentare della dimensione aziendale: dal 16,1% tra le piccole imprese, fino al 65,4% tra quelle con 250 addetti e oltre. Tuttavia, anche il divario con la media Ue27 si amplia con le dimensioni d’impresa: da 1,6 punti percentuali tra le imprese con 10-49 addetti, fino a 4,1 punti per le grandi imprese.
La formazione ICT nella Pubblica Amministrazione è strategica per riorganizzare e semplificare la digitalizzazione di procedure e processi. Gli indicatori relativi alla formazione ICT dei dipendenti della PA locale, misurati con cadenza triennale dalla Rilevazione sull’uso dell’ICT nella PA, confermano il quadro evolutivo seppure correlato alle dimensioni e alla complessità organizzativa dell’ente: nel 2022 l’hanno effettuata il 23,9% delle PA locali (+7 punti percentuali rispetto al 2018), il 17,3% dei Comuni fino a 5mila abitanti, il 57,6% dei Comuni con oltre 60mila abitanti, il 66% delle Amministrazioni Provinciali e l’81,8% delle Regioni e Province Autonome.

Le principali tematiche su cui si è svolta la formazione nelle PA locali sono quelle legate ad applicazioni e software specifici (71,4%), alla sicurezza ICT (49,4%) e al web (42,2%). Inoltre, a fronte della richiesta di diffusione di servizi online, è aumentata anche la necessità di formare il personale nelle aree che la trasformazione digitale e la crisi pandemica hanno reso più importanti: nel triennio 2020-2022, il 66,4% delle amministrazioni locali ha optato per una formazione specifica sulle piattaforme abilitanti previste dal Piano Triennale ICT (PagoPA, ANPR, ecc.), il 58,7% sui pagamenti telematici, il 44,9% sull’identità digitale e il 20,2% sul cloud computing.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)