Come si riprenderà a settembre? Riaprire le scuole sembra la strada migliore da seguire, con prudenza e buon senso
Studi su quelle realtà che hanno evitato il lockdown per le scuole dicono che il rischio per la comunità è di poco conto.
Come riprenderà la scuola a settembre? Questa è la domanda che un po’ tutti si fanno cercando di vedere più chiaro nello scenario nebuloso di oggi, tra stato di emergenza, direttive ministeriali, preoccupazioni dei presidi, incubo spazi e chi più ne ha più ne metta. Ci sono, tra le tante, anche le domande sui banchi a rotelle, sulle mascherine per i più piccoli, sui numeri da rispettare nelle classi, sui turni doppi o tripli per chi avesse problemi di spazio e/o sovraffollamento. Senza dimenticare la spada di Damocle dell’eventuale contagio in classe: cosa si farà se un alunno dovesse risultare positivo al virus? Di chi e fino a che punto sono le responsabilità? Quali i protocolli da seguire?
Davvero troppo intricato il sentiero per cercare di seguirlo, e allora qui proviamo a raccogliere alcune suggestioni che emergono nel frattempo sui media e nei dibattiti.
La prima viene da alcune ricerche fatte sul campo dove, nei mesi scorsi, le scuole sono state aperte (in alcuni Paesi non hanno mail chiuso) e gli alunni hanno cercato di continuare una vita normale tra i banchi. Così sembrerebbe, ad esempio, che per i bambini più piccoli il rischio di contagio sia basso, così come il rischio di trasmettere a loro volta l’infezione ai familiari. Diversa invece la situazione dei ragazzi più grandi, dalle scuole superiori in su: hanno più probabilità di contrarre e trasmettere la malattia, anche se in forma lieve. Per chi ha meno di 12 anni anche la questione “distanziamento” sembrerebbe perdere importanza, mentre la riacquista tra gli adolescenti, per i quali anche la mascherina sembrerebbe un presidio da non abbandonare.
Studi su quelle realtà che hanno evitato il lockdown per le scuole dicono che il rischio per la comunità è di poco conto. Ad esempio, in Danimarca si sono aperte le scuole appena i casi di Covid cominciavano a diminuire tra la popolazione e non è successo niente; in Olanda mentre il numero di nuove infezioni risultava stabile, il numero di nuovi casi è rimasto uguale e addirittura è diminuito proprio mentre le scuole si riaprivano. Un andamento simile si è verificato in Finlandia, Belgio e Austria.
Insomma, rischio basso e “calcolato”. Di certo inferiore, sostengono alcuni studiosi, al danno che ricevono le nuove generazioni da un blocco generalizzato dell’attività scolastica, che non è sostituibile con le forme di didattica a distanza che pure sono state sperimentate con diverso successo nei mesi scorsi. Andare a scuola, per bambini e ragazzi – soprattutto per i più piccoli – rappresenta infatti un vantaggio cui non si dovrebbe rinunciare.
Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche “Mario Negri”, medico e studioso di caratura internazionale, intervenendo nel dibattito sulla riapertura delle scuole, riporta diversi pareri di esperti e tra gli altri sottolinea quanto afferma un pediatra statunitense per il quale “tenere i bambini lontani dalla scuola è un rischio anche per la loro salute: finiscono per fare meno attività fisica, per dormire male, per avere problemi nutrizionali, depressione, ansietà, senso di isolamento sociale. E, dato che disoccupazione e stress in famiglia aumentano i casi di violenza domestica, c’è persino il caso che i bambini finiscano per stare peggio a casa che a scuola persino durante la pandemia”.
E allora che fare? Riaprire le scuole sembra la strada migliore da seguire. “con attenzione – sono ancora parole di Remuzzi –, prudenza, poche regole (ma chiare) e tanto buon senso”.