Cittadinanza. La storia di Draga: “Dopo anni ho smesso di lottare per un documento che non avrò mai”
Ventottenne, educatrice di origine rom, è nata nel nostro paese. Ma per un problema burocratico da anni cerca invano di essere riconosciuta cittadina. “Mia sorella ci è riuscita, io dovrei ricominciare da capo e ho perso le speranze. La politica parla di ius soli ma è solo propaganda
“Sono nata in Italia, sono cresciuta qui, ho fatto tutte le scuole qui. Eppure a 28 anni non ho ancora la cittadinanza per un problema burocratico. Dopo dieci anni di trafila per vedermi riconosciuto questo diritto, che dovrebbe essere naturale, sono rassegnata, ho anche smesso di lottare”. Draga ha 28 anni ed è nata a Bologna nel 1993, un anno dopo l’entrata in vigore nel nostro paese della legge 91 che regola l’acquisizione di cittadinanza. La sua famiglia, di origine jugoslava, viveva all’epoca in un campo rom gestito dal Comune di Bologna, il 36, e per un anno, dal ‘93 al ‘94 non era in regola con i documenti.
I genitori non si erano ancora stabilizzati e non avevano né residenza né permesso di soggiorno. “Ho la cartella clinica che accerta la mia nascita all’ospedale Maggiore e tutte le vaccinazioni, ma siccome c’era questo problema col permesso dei miei ho ritardato a fare la domanda di qualche mese, per capire come ovviare alla mancanza di documenti. Così l’ho fatta a 19 anni e mi è stata rifiutata - spiega -. Dopo qualche anno ho poi provato a fare richiesta non per nascita ma per residenza, certificando i dieci anni continuativi qui, ma non ci rientravo per reddito. Quindi ho smesso anche di provare, ora potrei fare ricorso affidandomi a un avvocato oppure riprovare a chiedere la cittadinanza per residenza, visto che lavoro e ho un reddito più alto, ma sono talmente scoraggiata che non ho più forza di lottare”. Paradossalmente - aggiunge - “se i miei genitori non avessero avuto nessun documento, risultando apolidi, io avrei avuto la cittadinanza, come previsto dalla legge. Invece sono rimasta in un limbo”.
La beffa, spiega Draga, è che sua sorella di qualche anno più piccola ha già ottenuto la cittadinanza italiana, a breve potrebbe ottenerla anche suo fratello minore. “Loro sono nati negli anni in cui i miei genitori avevano regolarizzato la loro posizione, l’unica in difficoltà resto io - aggiunge -. Faccio l’educatrice, lavoro in una cooperativa, ma ad oggi non posso tentare nessun concorso pubblico. Non credo sia giusto, sono italiana, ma lo Stato non mi riconosce. Sono cresciuta con gli insegnamenti della scuola pubblica in cui si dice che siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non è così, perché io non posso fare le stesse cose del mio ex compagno di banco. Non posso neanche votare. Ora ho la Carta di soggiorno - aggiunge - ma fino a due anni fa dovevo anche andare in questura ogni anno a rinnovare il permesso di soggiorno, come se fossi straniera. E questo influiva anche sul mio piano studi, perché senza permesso di soggiorno mi dovevo fermare con gli esami fino al rinnovo. Insomma, sempre trafile infinite, rischiavo di perdere gli appelli o la borsa di studio”.
La rassegnazione di Draga si estende anche ai proclami della politica, che considera ormai solo promesse:“Sono anni che sento parlare di riforma della cittadinanza. Ma non ci credo più. Addirittura ultimamenti è tornato il tema dello ius soli sportivo, come se questo non fosse un diritto ma un merito. Io sono nata qui non mi sono mai spostata. Eppure alla soglia dei trent'anni non sono considerata italiana”.