C’è bisogno di poesia? Intervista a Davide Toffoli, poeta e professore di lettere

Toffoli è ideatore di progetti di integrazione scolastica e sostenitore di ogni forma di “creattività” resistente.

C’è bisogno di poesia? Intervista a Davide Toffoli, poeta e professore di lettere

Gli adolescenti di oggi hanno bisogno della poesia? Lo abbiamo chiesto a Davide Toffoli, poeta e professore di lettere in un istituto tecnico della periferia romana. Estimatore di David Maria Turoldo, al quale ha dedicato recentemente uno studio “Il caso Turoldo. Liturgia e poesia di un Uomo” (Ladolfi editore, 2021), incentrato sulla testimoniale liturgia umana del frate-poeta sullo sfondo degli eventi del nostro Novecento, Toffoli è ideatore di progetti di integrazione scolastica e sostenitore di ogni forma di “creattività” resistente.

Professor Toffoli, che vuol dire “creattività” resistente? E in quale modo essa a che fare con la poesia?

La “creattività resistente” ci permette di resistere alla massificazione e al pensiero unico. Essa riguarda ogni ambito immaginabile: l’arte e la poesia, ma anche la ricerca scientifica. Nella poesia si traduce con una ricerca continua, quasi un “gioco” per certi versi, che ha a che fare con le parole. La poesia è un linguaggio primordiale e modernissimo, capace di offrire lo spettacolo della bellezza attraverso i percorsi dell’umiltà e della laboriosità.

Oggi è possibile insegnare ai nostri giovani a resistere “creattivamente”? La scuola e la società in questo che ruolo hanno?

La parola “verso” contiene già nelle sue varie accezioni di significato qualche indicazione molto preziosa: prima di tutto il senso di “rovesciamento”, del ribaltare le zolle (per rendere appunto coltivabile il terreno); il senso di “direzione”, di obiettivo, di destinazione; il senso specifico dell’“unità strutturale e ritmica di un componimento poetico”; ma anche il senso profondo di “voce”, di suono o di grido caratteristico. Proprio in questo ventaglio di prospettive possiamo cogliere le enormi potenzialità del leggere e del fare poesia oggi. La scuola può, anche attraverso la poesia, divenire l’ultimo avamposto di “resistenza creativa”: un luogo dove si educhi al senso critico, alla meraviglia e alla bellezza e si formino cittadini consapevoli e competenti.

La poesia può essere anche un antidoto a quel “senso di vuoto” e di solitudine che spesso attanaglia e coglie impreparati i nostri adolescenti?

La poesia aiuta i ragazzi a orientarsi, a elaborare il lutto, a fare tesoro delle sconfitte; educa al policentrismo, al dialogo, all’Amore. Poesia è reagire al vuoto: un aprirsi dell’essere “verso dentro” e “verso fuori” al tempo stesso. È la capacità di udire nel silenzio e di vedere nell’oscurità. Un darsi a ciò che non si sa ancora, né si vede. Un ritrovarsi integri proprio in virtù del fatto di essersi interamente dati. È una di quelle esperienze estreme e totalizzanti, che riescono a fare breccia nei ragazzi, perché li aiuta a cercare e a cercarsi, a svelare e a svelarsi.

È vero che la poesia può valorizzare i ragazzi con difficoltà di apprendimento?

Lavorando con la poesia si abbattono sensibilmente (circa il 20%, da ciò che emerge da recenti studi) gli errori dei ragazzi con DSA. Alcune ricerche hanno dimostrato che la durata della “memoria sensoriale” visiva è maggiore negli alunni dislessici. Questa, che viene definita traccia “perseverante”, è un evidente svantaggio, perché il percorso di decodifica risulta più “lungo” di quanto dovrebbe essere e determina sovraccarichi, interferenze. La poesia offre la possibilità di una “lettura in verticale”, dove il movimento oculare è naturalmente più lento di quello in senso orizzontale. In poesia, spesso, sembrano non esistere più disgrafie, disortografie, verbi impossibili da ricordare, inadempienze grammaticali…

E padre Turoldo? Che cosa può insegnare ai giovani di oggi la sua testimonianza?

La testimonianza di Turoldo insegna a battersi per difendere e per vivere le proprie idee e i propri valori, senza scoraggiarsi o fermarsi alle prime inevitabili difficoltà. Tutto ciò che è vivo presenta elementi di bellezza e altri di depressione profonda… Ai miei studenti del tecnico suggerisco di osservare che, senza un positivo e un negativo, la luce non si può accendere. Turoldo non ha mai rinunciato alla propria fede, al proprio desiderio profondamente ecumenico, incentrato sul dialogo necessario con tutti. La sua opera ci insegna che attraverso il dialogo con noi stessi possiamo giungere a Dio.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir