Anziani, le Rsa? “Diventino residence con eventi culturali”
Le proposte per creare strutture integrate emerse durante il convegno di Firenze “Oltre l’Rsa”. Saraceni (Mater Olbia Hospital): “Spettacoli e giochi dentro le Rsa”. Costa (Auser): “Portare eventi dentro le strutture”
“Le Rsa non possono continuare ad essere un luogo di custodia isolato e separato, si deve trovare il modo di aprire queste realtà, che non possono essere soltanto un luogo di degenza, ma devono trasformarsi in residence, dove ci sono persone non autosufficienti e persone autosufficienti che magari stanno in una casa di riposo collegata e che sono in grado di entrare in relazione con gli ospiti delle Rsa con una funzione di recupero sociale perché la relazione è la cura principale. La pandemia ha messo in evidenza la chiusura ermetica delle Rsa dove non poteva entrare nessuno, servono invece Rsa aperte, che siano luoghi con eventi culturali, spettacoli, giochi aperti alla città e ai familiari dei pazienti, serve un radicale cambio di passo”. Sono le parole di Vincenzo Maria Saraceni, responsabile Riabilitazione post-acuta e neuroriabilitazione del Mater Olbia Hospital, intervenuto al convegno “Oltre l’Rsa” organizzato a Firenze per riflettere sull’assistenza agli anziani fragili e non autosufficienti dopo che l’esperienza della pandemia ha sottolineato l’urgenza di un’ampia revisione in questo ambito.
Parole simili sono arrivate da Enzo Costa, presidente Auser nazionale: “L’Rsa deve diventare un luogo di cura e non di degenza, deve diventare un luogo aperto. Chi entra in Rsa non deve essere una persona che viene messa in un letto e lì abbandonata, è una persona al contrario che deve continuare ad avere relazioni, dobbiamo garantire la qualità della vita in tutto l’arco dell’esistenza di una persona. L’Rsa si deve aprire alle associazioni di volontariato, dentro le Rsa si devono organizzare spettacoli, lezioni culturali, laboratori di pitture, bisogna uscire dalla logica del pigiama”.
Secondo Costa, “l’Italia ha brutalmente ignorato l’invecchiamento e gli effetti si sono visti durante la pandemia, dove non si è stati capaci di prendere in carico i nostri anziani”. E poi: “Siamo il secondo Paese più vecchio al mondo e questo invecchiamento non è cominciato due anni fa ma venti anni fa, eppure ce lo siamo scordato, tutto quello che è successo era prevedibile”. Secondo Costa, “il problema degli anziani nel nostro Paese non trova risposte nella pubblica amministrazione, altrimenti non ci sarebbe bisogno del nostro numero verde nazionale, dove ogni anno arrivano 1,5 milioni di telefonate di anziani o loro familiari che chiedono aiuto”.
Al convegno è intervenuta anche l’assessore toscano alle politiche sociali Serena Spinelli: “C’è sempre più bisogno di avere la capacità di una presa in cura e non in carico a 360 grandi delle persone anziani, che vanno inquadrate nel loro contesto complessivo, c’è sempre più bisogno di costruire percorsi individualizzati di presa in cura, di differenziare i servizi, di incrociare il tema sanitario con quello sociale, perché le persone non sono solo la loro malattia ma sono molto altro, bisogna quindi lavorare sul tema dell’invecchiamento attivo per ridurre l’isolamento”.
Il convegno è stato organizzato dalla Fondazione Filippo Turati Onlus, dalla Scuola superiore di Scienze dell’educazione “Don Bosco” di Firenze affiliata all’Università Pontificia Salesiana e dall’Arat, Associazione delle residenze per anziani della Toscana, con il contributo di Assiteca, primario broker assicurativo, della Fondazione CR Firenze e di Sara Assicurazioni. “E’ necessario pensare a un sistema di welfare generale più articolato – ha detto Franca Conte, presidente di Arat - Serve un sistema nuovo per migliorare l’assistenza complessiva ad una popolazione sempre più anziana. L’Rsa ovviamente non può scomparire perchè risolve tanti problemi ma si potrebbe migliorare integrandola con altri servizi del territorio, ad esempio realizzando centri diurni all’interno delle Rsa più efficienti”.