Alluvioni: ancora un segnale che rischiamo di non capire
Ci sono piene e piene. Partiamo da quelle quotidiane delle promesse elettorali. Poi quelle delle infinite polemiche che ci buttano tutti in una sorta di permanente centrifuga mediatica.
Ci troviamo strapieni di tutte queste cose, e intanto fuori accade che si torna sott'acqua! Quelle piene vere quanto inclementi, che lavano via le nostre quisquilie, per mostrarci il mondo in cui ci troviamo. Lavare, non vuol dire cancellare. Anzi, in termini idrografici, il problema passa, ma poi torna. In termini ecologici, la circolarità è la base della biodiversità di cui non possiamo ritenerci fuori, ma semmai intimamente dentro quanto connessi. Termini che racchiudono una immensità di significati. Ecco perché reduci dall’ennesima “prova dell’acqua”, con le alluvioni che sono tornate a colpire gli stessi suoli flagellati dieci anni fa, c’ha ricondotto alla realtà. Il termine “circolarità” deve starci stretto, visto che sappiamo di essere un paese fragile, con il 70% del nostro territorio a rischio. Invece di preoccuparci di tamponare i tanti problemi, gli amplifichiamo con nuovi futuribili e insostenibili progetti come il Ponte sullo Stretto o la pista da bob di Cortina. Questo per stare sul macroscopico. Nel piccolo invece, ci pensano i comuni, le provincie e le regioni a rosicchiare quei pochi terreni utili per salvarci dal peggio. Se tutto è sotto i nostri occhi, le orecchie invece in queste ore sono tornate a sentire i meriti politici per aver evitato il peggio. Onore al merito allora se il nostro governatore Zaia, si è fatto carico della lungimirante volontà di creare dei bacini di espansione a monte (oggi da considerare come parchi naturali, visto che sono gli unici territori esautorati dalla cementificazione selvaggia), serviti per evitare di mandare nuovamente sott’acqua Vicenza. Ma a fronte di questo, e forti anche di una millenaria serenissima esperienza nella gestione delle acque, appare evidente che se tamponi da una parte e non si fa niente dall’altra, l’acqua ti esce dalla porta e rientra dalla finestra. Stavolta però quella “finestra” sono stati i fiumi secondari, i canali e fossati di campagna. Lo dimostrano i paesi finiti sott’acqua come mai prima come Bastia e Rovolon. Qui l’acqua ha parlato, dicendoci che qualcosa non va! Lo scrivo da “figlio del fiume”, considerando che sono cresciuto con i ritmi delle stagioni e delle cicliche esondazioni, abitando in riva al Bacchiglione. Questo non basta per definirmi un esperto, ma come osservatore di strada vedere una campagna sott’acqua in un solo giorno di pioggia, con una portata d’acqua come mai vista prima, mi induce a una istintiva riflessione. Se per le città è stato evitato il peggio, per le campagne la questione si è mostrata preoccupante e nuova. Quindi c’è da riflettere se da un lato si creano bacini e contemporaneamente si continua a seminare cemento e asfalto. Ci dicono che stiamo andando verso un consumo del territorio pari a “zero”, mentre continuiamo a risalire la classifica delle regioni più cementificate d’Europa. Ci parlano di “territorio”, mentre continuano a pianificare piani autostradali, stradali e ferroviari, che aggiungono peggio al peggio. Si sventola la “sostenibilità”, quando nella pratica il piano urbanistico di città allargata si mostra come sfida epocale e incontrovertibile contro l’intero ambiente,, già fortemente compromesso nell’intero Nord Italia. Qualcosa non va, è bene dircelo! E quel qualcosa ciclicamente torna. Vivendo in un piccolo paese di periferia, imbrigliato tra Padova e Vicenza, dove le acque di scolo convergono, è impossibile non testimoniare come l’ingrossamento sempre più minaccioso di tutti quei canali che portano l’acqua dalle zone altamente cementificate di Torri di Quartesolo, che pullulano di sempre nuovi edifici commerciali stia riscrivendo la morfologia dell’area, per poi lambire Veggiano che non è nuova a inondazioni, considerando le sue aree già notoriamente conosciute come “prà bassi”. Guardiamo quasi sempre ai danni e poco o mai alle cause. Una questione “circolare” anche in questo caso. Ecco perché mi rivolgo a Zaia e a tutti gli amministratori dicendo che, finché non conteniamo al massimo la cementificazione e sterilizzazione del territorio, tutto viene rimandato alla prossima alluvione. Stessa storia per i terremoti! Basta mostrarsi finti conciliatori con l’ambiente, per poi continuare a pianificare mega aree commerciali o logistiche, come potrebbe diventare in un futuro prossimo l’area tra Mestrino, Veggiano, Grisignano e Montegalda, dove un’intera campagna potrebbe trasformarsi nell’ennesimo maxi deposito logistico, per capire che stiamo giocando al gioco delle tre carte. Basta allora con questo “nascondino” di responsabilità, dove gli amministratori di turno per un rischio che evitano, cento poi ne provocano. Parliamo di alluvioni! Ma potremmo parlare di vita, perché tutto resta circolare e connesso, comprese le alluvioni che passano ma lanciano un segnale. Molto meno si mostrano i nostri politici con il resto della realtà!