Alla sorgente di papa Francesco. Le radici del pensiero del Papa, dalla sua fede alla visione di "politica del popolo"
Da dove affondano le radici della sua fede alla visione di “politica del popolo”, passando per il linguaggio diretto senza parole edulcorate. Il percorso che ha formato Bergoglio
«Il clericalismo è un atteggiamento negativo. Ed è complice, perché si fa in due, come il tango che si balla in due. Cioè il sacerdote che vuole clericalizzare il laico, la laica, il religioso e la religiosa; il laico che chiede per favore di essere clericalizzato, perché è più comodo». La curiosa metafora del tango, utilizzata non a caso dal papa argentino, nell’udienza del 13 maggio 2016, viene citata dal prof. Enzo Pace nella prefazione al volume I gesti e la filigrana. La trama del pensiero teologico e sociale di Francesco, che Monica Simeoni, docente dell’Università del Sannio e dell’Ecclesia Mater, ha presentato venerdì 20 ottobre al Centro universitario padovano di via Zabarella. Il libro, che è il terzo saggio (dopo La modernità di papa Francesco e Fratellanza e amicizia sociale in Francesco. Fratelli tutti) dedicato dalla sociologa padovana alla figura di Jorge Mario Bergoglio, raccoglie una serie di saggi di autori che scavano nel magistero del vescovo di Roma, «preso dai fratelli cardinali quasi alla fine del mondo». «Il lessico di Bergoglio non sembra preferire parole edulcorate – scrive Pace – Ama il linguaggio diretto. Soprattutto quando si tratta di affrontare i mali di una struttura che non riesce a comunicare efficacemente il messaggio cristiano alla società moderna». E non mancano i gesti forti, come quando, nel gennaio 2018 – come è stato evidenziato dal filosofo Antonio Da Re – il pontefice ha amministrato il battesimo a una bambina disabile, affetta da paralisi cerebrale, nel cortile della nunziatura di Lima. Ma dove affondano le radici della fede di Jorge Mario Bergoglio? «Francesco non fa mistero – spiega la sociologa Giulia Paola Di Nicola – della riconoscenza e del grande affetto per la nonna (Rosa Margherita Vassallo, 1884-1974, la mamma di papà Mario, ndg), dandone esplicita e ripetuta testimonianza in pubblico. La gratitudine riguarda il mix di amore e fede trasmessi coerentemente e collegati significativamente al sentire femminile». Ecco perché già nel marzo 2014 ha le carte in regola per dire: «Credo che noi non abbiamo fatto ancora una profonda teologia della donna, nella Chiesa. Soltanto “può fare questo, può fare quello”, “adesso fa la chierichetta”, “adesso legge la Lettura”, è la presidentessa della Caritas. Ma c’è di più. Bisogna fare una profonda teologia della donna. Questo è quello che penso io».
Nel suo contributo Massimo Borghesi, filosofo morale a Perugia, ci porta alle sorgenti del pensiero di papa Francesco. «Una teologia che unisce l’idea ignaziana del “Dio sempre più grande” con Filippesi 2,6-11, con l’idea del Signore che assume la condizione di schiavo. La teologia della tenerezza è una teologia dell’abbassamento del Signore che si fa servo, cioè che si fa piccolo per poter comunicare con i piccoli. La salvezza passa così non attraverso la forza, la potenza che pure è un attributo di Dio, ma attraverso la debolezza del Figlio. Dio sceglie la tenerezza come metodo di salvezza». L’altro riferimento forte del pontefice è Romano Guardini: «Nel 1986 Bergoglio si reca in Germania, presso la facoltà filosofica-teologica di Sankt Georgen a Frankfurt – ricorda Borghesi – per una tesi di dottorato su Guardini. La tesi, per vicende anche legate alla condizione esistenziale del Bergoglio di allora, non verrà portata a termine. Nondimeno continuerà a lavorarci nel periodo 1990-1992 a Cordova, meditando, nel 2011, di portarla a compimento allorché avrebbe dato le dimissioni da vescovo di Buenos Aires. Non riuscirà nel suo proposito». E in fondo è stato meglio così. Ma Guardini, che è l’autore più citato nella Laudato si’ diventerà, dalla tesi di dottorato mai portata a compimento, il secondo maestro del futuro papa, colui che, attraverso “L’opposizione polare”, gli fornisce le categorie per affrontare la ecclesiologia, la società, la politica. Per Philippe Portier, politologo, direttore di ricerca presso l’Ecole Pratique des Hautes Etudes dell’Université Paris Sciences et Lettres, «sbaglieremmo se affermassimo che con Francesco nulla sia cambiato. Il papa argentino si differenzia dai suoi due immediati predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per tre punti essenziali: in primis il rapporto con la natura (“il nesso tra ecologia e ingiustizia; il riconoscimento alla terra stessa del potere di agire e di patire”). In secondo luogo il rapporto con la Chiesa (“Francesco ne denuncia gli errori con una durezza senza precedenti”); in terzo luogo il rapporto col mondo (“il progetto di Bergoglio è indubbiamente quello di reinserire il cristianesimo nella scia della storia”)».
Ma, secondo lo studioso francese, questa riconfigurazione non comporta nessun passo indietro rispetto alla struttura integralista del cattolicesimo romano. Una tesi che viene giudicata “irricevibile” dalla prof.ssa Liliana Billanovich, docente all’Università di Padova di Storia della Chiesa moderna e contemporanea e di Storia dei rapporti tra Stato e Chiesa, poichè non si può ricondurre l’ecologia integrale all’integralismo. E a fondamento del suo argomentare la storica ha citato l’analisi di Daniele Menozzi, secondo il quale Francesco ha messo la Chiesa in relazione diretta con gli uomini. Così pure Menozzi rovescia la tesi di Loris Zanatta, studioso italiano della realtà latino-americana, che ha accusato il pontefice di populismo e peronismo. Un’identificazione che Bergoglio ha negato con forza. Piuttosto, come asserisce la sociologa argentina Verónica Roldán «la sua visione è quella di una politica del popolo, che non va confusa col populismo. Per il pontefice, tutti devono fare politica e assumere uno stile di vita proiettato per la polis, la città. Anche il Vangelo ha una dimensione politica, che è quella di trasformare la mentalità sociale e religiosa delle persone. Bergoglio pensa che la Chiesa dovrebbe assumere questa posizione politica evitando, però, di cadere in una “politica di partiti”». Per sé Monica Simeoni ha tenuto il tema spinoso dell’immigrazione. «Nei primi giorni del suo Pontificato il papa ha scelto di andare nell’isola di Lampedusa, nel Mediterraneo, in Sicilia, “per risvegliare le nostre coscienze” sui molti, troppi, morti in mare, abbandonati dagli uomini e dalla politica (anche quella europea). Non è stata una scelta casuale. La piccola isola italiana, luogo di approdo di stranieri, rifugiati e immigrati provenienti dall’Africa e dai Paesi in guerra, per Francesco è diventata l’idealtipo per il messaggio universale della Chiesa conciliare del Vaticano II: speranza e salvezza per tutti gli uomini. Dieci anni dopo i concetti chiave di Francesco sull’immigrazione possono essere letti, quindi, come realtà teologica accompagnata da una prassi sociologica di attenzione all’altro, allo straniero, ma anche a chiunque incontriamo nel nostro cammino, anche non cattolico. Il popolo di Dio è l’insieme di tutte le persone di buona volontà che operano per il bene nella costruzione di un mondo migliore».
Saggi di studiosi di diverse nazionalità
Il libro I gesti e la filigrana. La trama del pensiero teologico e sociale di Francesco (Gabrielli Editori, 193 pp.) si propone di comprendere, da differenti punti di vista e con studiosi di diverse nazionalità, le origini teologiche, filosofiche e sociologiche di Francesco nel suo percorso di formazione. Con i contributi, oltre di Monica Simeoni, di studiosi di diverse nazionalità.