Adorazione eucaristica. Con il Battista continuiamo il cammino di conversione

Giovanni Battista, a cui la liturgia d’Avvento dà grande risalto, scelse il deserto per predicare «un battesimo di conversione, che preparava la via del Signore e raddrizzava i suoi sentieri»

Adorazione eucaristica. Con il Battista continuiamo il cammino di conversione

Nelle pareti laterali della navata della chiesa di Santa Lucia ci sono dodici nicchie. In ogni nicchia c’è la statua di un apostolo. Undici apostoli (manca il povero Giuda ovviamente) e Paolo. Guardando l’altare, sulla sinistra c’è Pietro con due grosse chiavi in mano. Dall’altra parte, a destra, c’è Paolo, appoggiato a una spada che sembra servirgli più come bastone per i suoi lungi viaggi che come strumento di offesa. Mi dispiace che non si sia trovato un posto per Giovanni Battista, «il più grande tra i nati di donna» (Mt 11,11), il profeta dallo sguardo folle che ha conosciuto lo spazio sconfinato del deserto e quello ristretto di una cella. Giovanni Battista non poteva essere sul Golgota la vigilia della festa di Pasqua dell’anno 30, quando Gesù fu crocifisso, per il semplice motivo che era già morto (Mc 6,14-29). Ma l’iconografia tradizionale che, come il Quarto Evangelo, racconta l’altra verità, quella più vera del vero, più reale dei fatti realmente accaduti, lo colloca sotto la croce. In piedi, con un piccolo agnello ai suoi piedi e il dito indice della mano destra puntato dritto verso «l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). E così lo immagino in una nicchia della nostra chiesa. La liturgia del tempo d’Avvento dà grande risalto a Giovanni Battista, il profeta che sta sul confine tra l’Antica e la Nuova Alleanza, il testimone fedele che «percorreva tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione, che preparava la via del Signore e raddrizzava i suoi sentieri» (Mc 1,3). Giovanni non iniziò da Gerusalemme, dov’era sommo sacerdote Caifa sostenuto dal suocero Anna. Non attraversò le città principali della Galilea, dell’Iturea, della Traconitide e dell’Abilene, dove risiedevano i tetrarchi Erode Antipa, Filippo e Lisania, né da Cesarea Marittima sede del governatore Ponzio Pilato. Non attraversò il Mediterraneo per raggiungere Roma, capitale dell’impero di Tiberio Cesare (Lc 3,1-3). Era di famiglia sacerdotale e aveva tutti i diritti di officiare nel Tempio di Gerusalemme come suo padre Zaccaria (Lc 1,8-9), ma voltò le spalle alla città e scese verso la regione del Giordano e cominciò a percorrerla «predicando un battesimo di conversione». È probabile che all’inizio, prima che la sua voce varcasse i monti della Giudea e arrivasse dentro le mura di Gerusalemme, non ci fosse nessuno ad ascoltarlo se non qualche animale selvatico. Giovanni Battista iniziò dal deserto, come Elia (1Re 17,2-5). E come Elia, si lasciò condurre dalla Parola che «venne su di lui». La scelta di iniziare da una zona disabitata e marginale appare assai infelice se analizzata con le nostre ragionevoli categorie mentali. Ma i pensieri di Dio raramente coincidono con i nostri e le sue vie non seguono quelle tracciate dal nostro buon senso (Is 55,8). Mentre tutto il mondo guarda dalla stessa parte, dentro palazzi dove i potenti decidono le sorti di uomini e donne, Dio fa scendere la sua parola altrove, in luoghi periferici abitati da uomini insignificanti. Nelle città create dagli uomini non c’è spazio per questa parola. Il deserto è il luogo dove il Signore conduce gli uomini che ha scelto e parla al loro cuore (Os 2,16).

Nel cuore della nostra città, caotica e indaffarata, affannata e indifferente, come tutte le città, c’è un piccolo deserto. È una chiesa sempre aperta dove il Signore Gesù accoglie chi vi entra, senza chiedere carte d’identità o certificati d’idoneità. Dentro la chiesa di Santa Lucia non c’è la statua di Giovanni Battista. Eppure, chiudendo gli occhi, lo si può vedere, con il suo dito puntato verso l’ostensorio. E, tappandoci gli orecchi per aprire il cuore, si può udire la sua voce che ci invita a iniziare o a continuare il nostro cammino di conversione. «Che cosa dobbiamo fare?» chiedevano le folle al Battista (Lc 3,10-14). Che cosa dobbiamo fare? – chiediamo anche noi, ossessionati dal fare. Ma la prima cosa da fare per convertirci non è un atto di volontà, ma un atto di umiltà. «Lui deve crescere e io diminuire», continua a ripetere Giovanni (Gv 3,30). L’infinita piccolezza e immobilità del Segno Eucaristico racconta la storia della pazienza e della misericordia di Dio che attende il nostro ritorno (Lc 15,11-32) e non si scandalizza per le nostre continue cadute. Anche Giovanni Battista, in carcere, dubitò di Gesù. Lui che avrebbe voluto bruciare «la paglia con fuoco inestinguibile» e mettere da parte solo il grano buono, non riusciva ad accettare un Messia che non gridava, non faceva udire in piazza la sua voce, che si pre-occupava di «canne incrinate e stoppini dalla fiamma smorta» (Is 42,2-3). Per capirci qualcosa del Messia Giovanni Battista dovette, letteralmente, perdere la testa e cominciare a guardarlo da un altro punto di vista. Giovanni Battista con il dito indice puntato verso «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo», ci indica la direzione da prendere per ritrovare la strada di casa. Ma sono certo che indichi a Gesù anche i luoghi dove noi dimoriamo. E, anche se non siamo degni che il Signore entri in casa nostra (Mt 8,8), egli bussa alla nostra porta e attende con infinita pazienza che gli apriamo (Ap 3,20).

Rete mondiale di preghiera per il papa: dicembre

Intenzione di preghiera del papa Preghiamo perché questo giubileo ci rafforzi nella fede, aiutandoci a riconoscere Cristo risorto in mezzo alle nostre vite, e ci trasformi in pellegrini della speranza cristiana.

Intenzione dei vescovi Preghiamo perché le nostre comunità scoprano la bellezza della vera comunione fatta di condivisione autentica del pane spezzato e collaborino per costruire nel mondo una pace piena e duratura.

Intenzione di preghiera per il clero Cuore di Gesù, anima e rianima il cuore dei tuoi sacerdoti, perché non si lascino scoraggiare da fragilità e difficoltà, imparando da te e dalla povertà della grotta di Betlemme.

don Giancarlo Gambasin
Rettore della Chiesa del Corpus Domini - Santa Lucia

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