Acqua, croce e delizia. In Italia una situazione critica dal punto di vista della gestione delle risorse idriche

Campi e centri abitati lungo lo Stivale devono confrontarsi con secco e acqua come mai negli ultimi secoli pare sia accaduto.

Acqua, croce e delizia. In Italia una situazione critica dal punto di vista della gestione delle risorse idriche

L’Italia (agricola e non), deve ormai fare i conti con un clima sempre più pazzo e imprevedibile. Tropicalizzazione, la definiscono spesso i tecnici che per mestiere osservano il meteo. Poco importa che sia davvero così – cioè l’arrivo e il consolidamento nel sud Europa di un clima più simile a quello dei tropici con grandi siccità e grandi e violente piogge -, oppure che quanto sta accadendo sia il portato di un cambiamento generale dei fenomeni naturali sulla Terra. Il fatto è che campi e centri abitati lungo lo Stivale devono confrontarsi con secco e acqua come mai negli ultimi secoli pare sia accaduto. Si tratta di una situazione che mette a dura prova l’attività agricola (oltre che essere fonte di rischio per tutti).

La fotografia più aggiornata della situazione è stata scattata in questi giorni dall’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi), che ha analizzato lo stato delle portate di fiumi e dei laghi in Italia dopo le ultime grandi piogge. Il succo della situazione lo si capisce subito. Al Nord, mentre i grandi laghi (Maggiore, Como, Iseo, Garda) sono tutti sopra la media stagionale, il fiume Po è sotto media. “Significativo – spiega in una nota l’Anbi -, è l’andamento del Grande Fiume, la cui portata è inferiore allo scorso anno nei territori a monte per poi ingrossarsi notevolmente durante il corso grazie ai cospicui apporti degli affluenti”. Scendendo lungo la Penisola si comprende meglio cosa sta accadendo. Al Nord nelle stesse condizioni del Po sono la Dora Baltea e la Stura di Lanzo; emblematico è il caso del Tanaro che all’inizio del suo percorso segna una portata di 188 metri cubi al secondo (un anno fa: mc/sec 373), ma ad Alessandria raggiunge i 125 metri cubi al secondo contro i 29,6 di un anno fa. Scendendo verso Sud, mentre restano sostanzialmente nella media gli invasi di Umbria (Maroggia), Abruzzo (Penne) e Calabria (Monte Marello e Sant’Anna), sull’anno scorso segnano un deficit le riserve idriche di Basilicata (-123 milioni di metri cubi), Puglia (-21 milioni di metri cubi), Sardegna (-109 milioni di metri cubi); opposta è invece la condizione della Sicilia, i cui invasi contengono  50 milioni di metri cubi d’acqua in più rispetto a 12 mesi fa.

Cosa significa tutto questo? Sostanzialmente una “situazione idrica a chiazze”. In alcune aree d’Italia c’è troppa acqua e quella che abbonda viene spesso persa, precipitando fra l’altro a valle in modo violento e incontrollato e seminando distruzione; in altre aree, l’acqua scarseggia, anche se magari è piovuta dal cielo in abbondanza.

Ma cosa fare? Per Anbi c’è sempre di più la necessità di “investire per la realizzazione di nuovi invasi, per trattenere più dell’11% di acqua piovana, che attualmente riusciamo a trattenere”. Solo così si potrebbe disporre “di maggiori riserve idriche da utilizzare nei momenti di bisogno con evidenti vantaggi per l’agricoltura e l’ambiente, ma anche per la sicurezza idrogeologica”. Grandi lavori, dunque, come al tempo delle bonifiche di fine Ottocento e inizio Novecento. Proprio quelle bonifiche che resero possibile l’agricoltura in zone fino ad allora pressoché disabitate e improduttive. Grandi lavori che significano grandi investimenti. “Attualmente – dice ancora l’Anbi – il Piano straordinario invasi ha finanziato 21 progetti in 5 anni  per un importo di 144 milioni di euro, mentre altri 23 progetti sono finanziati dal primo stralcio dello stesso Piano per un importo complessivo di 106 milioni di euro; a questi stanziamenti va aggiunto il primo stralcio del Piano nazionale mitigazione rischio idrogeologico: 25 progetti per un importo di 44,3 milioni di euro”.

Insomma, una buona dose di fondi sta arrivando. Soldi importanti, anche se non sufficienti. Anbi precisa: “Gestire efficientemente le acque di superficie, sia quando sono troppe che quando sono poche, è propedeutico a qualsiasi ipotesi di sviluppo economico e territoriale”. Parole condivisibili, che fanno tornare alla mente le indicazioni di un tempo sul valore delle bonifiche e sull’impegno che occorre metterci per governare il territorio. Scriveva Carlo Cattaneo nel 1845: “Ogni regione si distingue dalle selvagge in questo, ch’ella è un immenso deposito di fatiche. La fatica costrusse le case, gli argini, i canali, le vie”. Oggi occorre ancora spendere fatica per questo nostro Paese. E molta.

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Fonte: Sir