Accoglienza ucraini, quel “modello nuovo” frenato da ritardi e troppa burocrazia

A un anno dal conflitto oltre 173mila profughi hanno attraversato il confine con il nostro paese. Ma solo circa 20mila sono nel sistema di accoglienza. Il Piano della protezione civile è stato bloccato da lungaggini burocratiche e ritardi. Miraglia (Arci): “Società civile si è attivata subito, lo Stato è insufficiente“ Coresi (ActionAid): “L’accoglienza dei i profughi ucraini ha dimostrato il fallimento del sistema”

Accoglienza ucraini, quel “modello nuovo” frenato da ritardi e troppa burocrazia

Sono oltre 173mila (92.353 donne, 31.848 uomini e 49.444 minori) i rifugiati ucraini che hanno varcato il confine italiano dall’inizio del conflitto nel paese, il 24 febbraio 2022. Di questi 169mila hanno chiesto protezione temporanea in Italia, in forza dell’applicazione in Ue della direttiva 55/2001, che permette alle persone in fuga di avere accesso immediato ai servizi, al lavoro, alla scuola. Lo strumento ha permesso anche di accogliere le persone senza passare per le maglie e le lungaggini burocratiche del sistema d’asilo. Per far fronte all’arrivo straordinario dei cittadini ucraini l’Italia ha deciso di affiancare al sistema ordinario dell’accoglienza la gestione da parte della Protezione civile dei rifugiati. In particolare il Dipartimento della Protezione Civile ha predisposto un Piano per l’accoglienza e l’assistenza, che ha integrato con le misure di accoglienza diffusa realizzate  attraverso gli enti del terzo settore e del privato sociale. Una risposta repentina, che ha coinvolto enti locali e le organizzazioni dal basso, dando vita a sistema ibrido e totalmente nuovo. Ma a un anno di distanza questo nuovo approccio ha tracciato davvero un modello replicabile anche in altre situazioni di crisi?

Stando ai dati, la maggior parte dei rifugiati ucraini arrivati in Italia ha trovato appoggio da amici e parenti. Solo una quota residuale è entrata nel sistema di accoglienza.  Al 15 febbraio 2023 risultano nei Centri per l’accoglienza straordinaria (Cas) circa 11.149 persone, mentre 2.402 sono accolte nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Infine negli alberghi sono presenti 3266 persone mentre i posti occupati dell'accoglienza diffusa sono 2.162.

“Quello attivato per la prima volta per i profughi ucraini è un modello nuovo e replicabile per affrontare le emergenze che potrebbe servire a sostituire e superare definitivamente il modello dei cas - sottolinea Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci e referente del Tavolo Asilo -. Da subito si è pensato di lavorare con il  terzo settore per attivare i posti con velocità ma tenendo conto delle esigenze dei territori. A differenza di quanto si fa con i centri prefettizi, non ci si è affidati a soggetti senza competenza, attivando un’accoglienza calata dall’alto”.  La valorizzazione dell’esperienza del terzo settore e il rapporto con il territorio sono per Miraglia i due aspetti ancora oggi positivi di questo nuovo modello, ma non mancano le criticità. 

In particolare a inceppare un meccanismo è stata l’eccessiva burocrazia richiesta per l’attivazione delle accoglienze. “I limiti sono stati tanti, le procedure sono state ancora più complicate di quelle previste nel sistema ordinario, con serie di passaggi che hanno inevitabilmente allungato i tempi - aggiunge il responsabile di Arci -. Così le accoglienze sono partite tardi, i primi soldi sono arrivati a distanza di mesi, a febbraio. Questi ritardi hanno  limitato molto e portato alla cancellazione di posti messi a disposizione. Ancora oggi ci sono una  serie di cose che non vanno. La programmazione della spesa è incompatibile con le incertezze della burocrazia.”. L’altra questione è quella della protezione temporanea, che  ha funzionato ma che ora va rinnovata per evitare di lasciare le persone in un limbo: “siamo a fine febbraio e la commissione e il consiglio Ue dovrebbero decidersi a  fare quanto annunciato, cioè prorogare fino a maggio 2024 l’applicazione della direttiva 55/2001, altrimenti centinaia di migliaia di persone resteranno nell’incertezza - conclude Miraglia -. Purtroppo oggi, a distanza di un anno, possiamo dire che lo stato ha risposto in maniera insufficiente mentre la società civile ha mostrato un attivismo incredibile”. 

Per Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per Actionaid l’accoglienza dei profughi ucraini ha mostrato in maniera evidente il fallimento del sistema istituzionale. “Le norme sull’accoglienza già contengono regole per operare in emergenza - spiega- . i nostri lavori dimostrano come la mancata pianificazione sull’accoglienza diffusa dei comuni abbia di fatto svuotato dall’interno il sistema binario, rendendolo un non sistema”. Secondo l’ultimo report di ActionAid e Openpolis, infatti, a fine 2021 i posti liberi nei centri Cas e Sai erano circa 20mila. “Non c’era dunque  bisogno di un sistema terzo. Ma per le persone in uscita dall’Ucraina il sistema ordinario è stato giudicato non idoneo, quindi è stato chiesto un innalzamento del numero dei posti Sai ed è stato attivato il nuovo circuito in capo alla Protezione civile che si è rivelato non privo di criticità - aggiunge Coresi -. Va detto però che si sono anche delle novità positive e delle eccezioni. Tra queste la valorizzazione dell’accoglienza in famiglia e delle accoglienze esterne, che esistevano già nel circuito Sai e la micro accoglienza diffusa sui territori. Speriamo che con questa sperimentazione si sia aperta la via alla possibilità di scegliere luogo di dimora e accoglienza. Così come l’estensione positiva della protezione temporanea. Un principio che dovrebbe essere messo a disposizone di tutti i rifugiati e richiedenti asilo,  altrimenti saremmo di fronte a una discriminazione evidente”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)