A Padova arriva il Social welfare district, nuova piattaforma di servizi per la città
Pubblico, terzo settore e volontariato insieme per un welfare territoriale integrato. La piattaforma è realizzata da Comune, Csv di Padova e Rovigo e Human Foundation. Melandri: “Il progetto anticipa molti dei meccanismi che si sta cercando di adottare per il Recovery Fund e il Next Generation Eu”.
Costruire un nuovo modello di città sempre più orientato alle persone e alla comunità facendo rete tra pubblica amministrazione, terzo settore e volontariato e puntando su ascolto, integrazione, competenze e innovazione. È questo il Social welfare district , frutto del primo anno di lavoro che ha visto collaborare il Comune di Padova, il Centro di servizio per il volontariato di Padova e Rovigo e Human Foundation, grazie ad un finanziamento dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a valere sul fondo innovazione sociale. Il progetto Social welfare district è uno di 20 finanziati a livello nazionale e ha permesso di studiare un modello innovativo e replicabile che sviluppa un'alleanza solida tra pubblico e privato attorno all'idea di racchiudere in un’unica cornice tutte quelle proposte che rispondono ai bisogni del cittadino in termini di servizi alla persona. Alla presentazione sono intervenuti Giovanna Melandri, presidente di Human Foundation; Sergio Giordani, sindaco del Comune di Padova; Marta Nalin, assessora al sociale del Comune di Padova; Niccolò Gennaro, direttore del Csv di Padova e Rovigo; Nicola Cabria, direttore programmi Human Foundation e Emanuele Alecci, presidente del Csv di Padova e Rovigo. “Per rendere ancora più efficaci i nostri interventi in campo sociale dobbiamo fare rete - ha sottolineato il sindaco Giordani in un videomessaggio -: mondo del volontariato, parte pubblica e soggetti privati. Lo abbiamo visto in questi mesi di emergenza. Con il progetto Social welfare district abbiamo voluto dare un messaggio di responsabilità a tutti. Le risorse economiche sono preziose, non bisogna sprecarle, e ciò che viene eventualmente risparmiato deve essere reinvestito nella comunità per allargare la platea delle persone che possiamo aiutare. Come amministrazione pubblica dobbiamo inoltre verificare l'efficacia delle azioni che mettiamo in campo, piuttosto che concentrarci unicamente sulla realizzazione delle azioni. Siamo consapevoli che anche in ambito delle politiche sociali sia il momento giusto per portare uno sguardo volto all'innovazione”
Ed è proprio l’innovazione uno dei principi sui cui si incardina il Social welfare district di Padova, come ha spiegato Giovanna Melandri. “Human Foundation dal 2010 lavora all'idea di costruire progetti di impact economy attorno ad alcuni assi principali - ha detto Melandri -: innovazione del contenuto che punta ad un welfare sartoriale, costruzione di partnership tra pubblico, privato e privato sociale e sviluppo di un modello di intervento in cui l'erogazione della risorsa pubblica sia modulata sulla base del risultato. Questo progetto padovano, che si incardina su questi principi, è una buona pratica che anticipa molti dei meccanismi che a livello nazionale si sta cercando di adottare per il Recovery Fund e il fondo Next Generation Eu”. Dietro al Social welfare district presentato a Padova c’è un lavoro di due anni, come ha spiegato Nicola Cabria, direttore programmi per Human Foundation. “Abbiamo centrato tutto il progetto su un concetto: un welfare territoriale integrato in cui i vari soggetti fossero in grado attraverso una piattaforma fisica e digitale di far convergere le loro proposte di valore.I due pilastri principali sono pertanto rappresentati da un lato digitale e da un lato reale”. La componente digitale si svilupperà in una piattaforma integrata, ha aggiunto Cabria. “La piattaforma accoglierà il bacino di domanda/offerta, offrirà in maniera chiara i servizi a disposizione e si affiancherà ad una componente reale, ovvero spazi già esistenti per dare un supporto ai cittadini nell'ottica delle relazioni di prossimità”. Il progetto si svilupperà su base triennale ed ha tutte le caratteristiche per essere replicabile in altri territori. “Di sicuro - ha aggiunto Cabria - è una prima sperimentazione nazionale perché mette insieme l'ente pubblico, gli enti bilaterali, il volontariato, le imprese sociali, il welfare aziendale tutti uniti per dare risposta ai bisogni dei cittadini”. Che Padova fosse un laboratorio a cielo aperto su cui avviare delle sperimentazioni in ambito sociale lo dimostra anche la risposta della città all’emergenza dovuta al Covid-19. “Il 2020 non ci ha colti completamente impreparati - ha affermato Marta Nalin, assessora al sociale del Comune di Padova - perché abbiamo provato a costruire le politiche sociali del nostro territorio attorno a quattro parole chiave: persona, costruzione della rete, valorizzazione del ruolo del pubblico, interdisciplinarietà”. I progetti realizzati anche durante l’emergenza, inoltre, hanno permesso di “costruire una rete forte nel rispetto del ruolo di ciascuno e con un forte senso di responsabilità - ha aggiunto Nalin - che ci ha permesso di rispondere ai bisogni essenziali delle persone durante il lockdown, rete che sta proseguendo e che si evolverà con questo progetto”. Per Nalin, quindi, il Social welfare district, può diventare “un'occasione per fare un salto di qualità rispetto al rapporto che l'ente pubblico può avere con il cittadino - ha aggiunto l’assessore -, andando oltre il concetto del bisogno verso il concetto di desiderio, per fare in modo che siano i desideri a guidare l'azione politica, che sia in grado di far crescere la comunità territoriale in modo inclusivo”. Per Niccolò Gennaro, direttore del Csv di Padova e Rovigo, il Social welfare district offre anche l’opportunità di “capitalizzare gli sforzi messi in campo nel 2020 e lasciare nel territorio quanto sperimentato nel corso dell'anno da capitale europea del volontariato 2020 per rinforzare la solidarietà nella comunità”. Durante il 2020, infatti, il terzo settore “si è saputo riadattare - ha aggiunto Gennaro -. Attraverso una nostra ricerca abbiamo potuto vedere che il 60% delle organizzazioni ha reinventato le proprie attività per i nuovi bisogni emersi con la pandemia e lo ha fatto in maniera collaborativa. Solo il 20% lo ha fatto in maniera solitaria”. Con il Social welfare district, ha sottolineato Gennaro “abbiamo l'opportunità di rinforzare i percorsi di coprogettazione e coprogrammazione che risultano necessari per uscire anche dalle difficoltà che il terzo settore ha vissuto negli ultimi 12 mesi. Il volontariato infatti ha fatto vedere che una comunità che vuole superare le difficoltà deve fare squadra in ottica di corresponsabilità”. A chiudere l’incontro Emanuele Alecci, presidente del Csv di Padova e Rovigo. “Nel lavoro sociale oggi è importante assumere come orientamento la gratuità e il radicamento - ha concluso Alecci -. La gratuità è un modo di pensare diverso, non può essere solo un espediente strategico ma diviene una spinta nell'agire: è potere di rinuncia e capacità di concepire le relazioni in maniera diversa. Il radicamento è l'ascolto, il cogliere e l'essere accolti, la presa di coscienza dei problemi. È una tessitura quotidiana di relazioni che, intrecciata con la gratuità, è il fondamento di questa nuova prospettiva sartoriale, come l'ha definita la presidente Melandri. Questo modello è una delle eredità principali e migliori che stiamo lasciando con Padova capitale europea del volontariato, un chiaro segnale che è giunto il momento per un cambio di passo collettivo”.