Ascoltiamo i bisogni. Lo psicologo a scuola e la sensibilità degli istituti

Lo psicologo a scuola si basa sulla sensibilità degli istituti. Tra alimentazione e cyberbullismo, le risposte del territorio

Ascoltiamo i bisogni. Lo psicologo a scuola e la sensibilità degli istituti

Per parlare di istruzione di qualità si deve tener conto dello sviluppo integrale della persona, tra cui l’aspetto psicologico, che rimane particolarmente delicato nella fase dell’adolescenza. Sono ormai molti anni che questa figura varca la soglia di diversi istituti del nostro territorio. È infatti dagli anni Novanta che la scuola italiana prevede queste professionalità tramite gli sportelli d’ascolto dei Cic (Centri di informazione e consulenza) per attività di prevenzione, educazione e promozione della salute mentale, negli istituti superiori. Ma la sua presenza è sempre stata soprattutto legata alla sensibilità dei dirigenti e dei professori. Solo in conseguenza del Covid e degli effetti deleteri sulla psiche degli studenti, la scuola italiana ha esteso questa figura, oltre alle scuole secondarie di secondo grado, a quelle di primo grado (le medie). Rimane tuttavia la loro precarietà nell’ambito scolastico. Tra questi professionisti impegnati in un compito così importante, c’è Michela Pepe, padovana, che da circa vent’anni lavora in alcuni istituti superiori del territorio. La normativa prevede che i giovani possano beneficiare dello psicologo per un numero di incontri da uno a tre, ma, spiega la dott.ssa Pepe, «in casi eccezionali ho esteso il numero dei colloqui. È raro ma può capitare. Le terapie nell’adolescente sono efficaci in breve tempo in quanto sono “plastici”». La psicologa mette in luce che le annate che maggiormente ne fanno richiesta sono quelle o legate al biennio iniziale delle superiori o gli studenti al quinto anno; quindi all’inizio e alla fine del ciclo di studi: «Questo perché c’è la difficoltà iniziale di chi entra in una nuova realtà con compagni diverse, nuove dinamiche tra cui l’acquisire un metodo di studio; poi tra i più grandi c’è il problema dell’orientamento in uscita e la crisi del “cosa faccio dopo le superiori?”». L’esperta rimarca l’importanza della prevenzione «in cui credo moltissimo». Quindi all’inizio dell’anno scolastico entra nelle classi prime per parlare di metodo di studio, dell’igiene del sonno, della corretta alimentazione e altro ancora. La specialista spiega che le difficoltà maggiori che gli studenti esprimono negli incontri, sono quelle legate all’ambito familiare e problematiche personali, fatiche che si riflettono nell’apprendimento e nell’andamento scolastico. Le necessità che Pepe riscontra maggiormente negli adolescenti sono «di essere “visti” e ascoltati; hanno bisogno che noi adulti – come genitori, insegnanti, psicologi – li guardiamo e ascoltiamo per quello che sono, nelle loro singolarità. La tendenza dei più grandi è spesso quella di considerarli sbagliati o di sottolineare soprattutto le problematiche, non ascoltandoli in profondità. Una conseguenza della “distanza” tra queste generazioni è la sfiducia degli adolescenti verso gli adulti, hanno perso completamente la fiducia in noi». I genitori sono spesso sprovvisti di strumenti educativi, quasi anestetizzati, con le armi spuntate. «Hanno paura di mettere dei divieti e “paletti” ai figli».

Sull’uso degli smartphone vige il divieto di usarli durante le ore di lezione a meno che non sia per scopi didattici. Nel comprendere poi ciò che vivono i giovani nell’essere online, c’è da considerare il fatto che accedono correntemente a internet e ai social media e in questo «non percepiscono due dimensioni, una reale e una virtuale: per loro l’essere in rete è reale, con un’intensità e importanza come nel “reale”». Tra gli esempi virtuosi sulla prevenzione e sull’uso delle nuove tecnologie, presenti sul nostro territorio, c’è la scuola secondaria di secondo grado, G. B. Ferrari di Este. L’istituto ha aderito dal 2018 alla piattaforma Generazioni connesse, promossa dal ministero dell’Istruzione e del merito. Essa fornisce materiali e supporti vari per la formazione e la sensibilizzazione a un accesso responsabile nell’online per alunni, insegnanti e genitori. Per Lorenzo Gioachin, insegnante di lettere al liceo Ferrari, membro della commissione bullismo e cyberbullismo dell’istituto, «la piattaforma che abbiamo adottato permette soprattutto agli studenti di progredire nell’educazione digitale, per un uso sempre più consapevole e coscienzioso di internet. Come scuola ci siamo accorti che il fenomeno del “sommerso” nell’online coinvolge i nostri studenti, ed è molto più preoccupante di quello che si possa pensare. Si assiste con ciò al diffondersi del cyberbullismo e altre problematiche». La scuola ha utilizzato la piattaforma per redigere un proprio documento di epolicy, cioè delle linee guida programmatiche che hanno valore per un triennio, a partire dall’anno scorso. Il testo descrive come l’istituto intenda approcciarsi alle tematiche legate alle competenze digitali, alla sicurezza online e a un uso positivo delle tecnologie digitali nella didattica. Esprime le norme comportamentali e le procedure per l’utilizzo delle Tecnologie dell’informazione e della sicurezza (Tic) nell’ambiente scolastico; inoltre offre indicazioni per la prevenzione e per la rilevazione e gestione delle problematiche relative a un uso non consapevole delle tecnologie digitali. Ed è per questo suo impegno che a inizio anno il Ferrari è stato insignito del riconoscimento di “Scuola virtuosa” dal ministero dell’Istruzione.

Psicologo a scuola, sì per 9 studenti su 10

L’Italia è tra le pochissime Nazioni europee dove non è prevista strutturalmente la figura dello psicologo scolastico, non avendone una normativa specifica. Attualmente le scuole possono avvalersi di tale servizio in base a diverse possibilità, come accordi con enti sanitari locali, uffici scolastici regionali e altre realtà. Secondo l’indagine “Chiedimi come sto” condotta su 30 mila studenti italiani di diversi gradi, il 91 per cento degli intervistati ritiene utile la presenza di uno psicologo a scuola e più di un terzo di loro vorrebbe usufruirne. Una criticità che talvolta porta a una confusione nei ruoli è la presenza, in diversi istituti, dei counselor, che contribuiscono a sostenere il percorso formativo dei giovani in difficoltà e a orientarli nelle scelte per il loro futuro.

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