Un messaggio al mondo da Notre-Dame di Parigi. Il compito delle rovine
Nei detriti di Notre-Dame c’è qualcosa che parla alla fatica e alla incertezza di questo tempo.
Di quando in quando arrivano, attraverso i media italiani e francesi, gli aggiornamenti sulla ricostruzione di Notre-Dame di Parigi devastata dall’incendio del 15 aprile 2019. Mancano poco più di due mesi all’anniversario del rogo ed emergono impreviste difficoltà e allungamenti dei tempi. Il presidente Emmanuel Macron aveva parlato di cinque anni ma non sarà facile rispettare la scadenza.
Di fronte a quanto di grave sta accadendo nel mondo fermarsi su Notre-Dame potrebbe sembrare fuori luogo eppure nei detriti di quella chiesa c’è qualcosa che parla alla fatica e alla incertezza di questo tempo.
Nel libro “Dopo la Gloria” (Treccani, 2019) Carlo Ossola, docente di letterature moderne dell’Europa neolatina al Collège de France, scrive: “Un cristianesimo fedele alle proprie radici dovrebbe trarre dall’incendio di Notre-Dame i segni di avvenire che esso porge: una chiesa di resti, aperta sul cielo, come San Galgano (abbazia cistercense presso Siena), una cattedrale dove si celebra nella pioggia e nel vento, memori che ‘le volpi hanno le loro tane e gli uccelli i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo”.
Il pensiero va a una chiesa che, pur svuotata, continua a essere una traccia di Dio. Anche se privata della solennità dell’altare, della bellezza di opere d’arte, della soavità di canti e musica, è un luogo abitato.
C’è una Presenza che si cela tra i detriti, nel buio delle volte, nel silenzio delle navate. Presenza che vive nell’ombra di una cattedrale divorata da un incendio, circondata da transenne che impediscono l’ingresso.
Dio sta oltre quella cintura di protezione, sta oltre un cumulo di rovine ed è in attesa di un segno per comprendere se nell’uomo c’è il desiderio di cercarlo, di scoprirlo e di incontrarlo.
Il Dio nascosto non è un Dio assente, è un Dio che ascolta. In una cattedrale come nel mondo.
Lo scrittore francese François Mauriac, al termine del libro “Vita di Gesù” scrive che “nel destino di ciascun uomo, ci sarà questo Dio in agguato”. Un Dio silente che attende un cenno dell’uomo per manifestarsi. Carlo Ossola arriva a scrivere che nelle rovine della cattedrale di Parigi c’è “una manifestazione del Verbo”. Si augura che Notre-Dame non venga ricostruita e lascia intendere che questa provocazione è solo per dire che anche nel disastro e nella tragedia si può avvertire la Presenza.
Mai le rovine avrebbero potuto pensare di avere un compito così grande.
Mai, dopo lo sgomento per tanta devastazione, avrebbero pensato di far nascere nell’uomo, il desiderio di ritrovare, vivo, Dio.