“Per ripartire diamo spazio alle idee dei giovani”
Per il presidente della Casa della Carità, don Virginio Colmegna, si potrà uscire dalla crisi “aumentando capacità di mediazione e coesione sociale, non dovremo fermarci al lamento”. E ai giovani “chiediamo di essere protagonisti del cambiamento”
A settembre dovremo fare i conti con la mancanza di lavoro e con il numero crescente di famiglie o persone singole in difficoltà, ma non è una sfida impossibile. “Dovremo aumentare la nostra capacità di mediazione e coesione sociale, non dovremo fermarci al lamento”, afferma don Virginio Colmegna, direttore della Casa della Carità. “Dobbiamo coinvolgere i giovani, perché possono essere motore di cambiamento -aggiunge- Non chiediamo loro solo di dedicare del tempo al volontariato, ma chiediamogli idee e si essere protagonisti del cambiamento”. Anche la Casa della carità cambierà. Durante il lockdown ha avuto anche alcuni ospiti positivi al Covid-19 e alcuni si sono anche ammalati. Ora è il tempo di fare un bilancio di quei giorni e di progettare il futuro. “La Casa della carità sarà nuova ma uguale a prima- sottolinea don Virginio-: stiamo ristrutturando e non potremo avere la quantità di accoglienza come prima, ma la qualità dovrà essere più forte. Manteniamo la nostra mission, ma cercheremo di stare di più sulla strada”.
La Casa della carità accoglie senza dimora, migranti, famiglie in difficoltà, ha progetti per i malati psichici, per gli anziani, per i minori. “Avevamo già iniziato un processo di revisione dei nostri progetti, ma l'epidemia ha accelerato il processo -aggiunge Colmegna-. Quel che è certo è che gli ultimi non devono mai essere abbandonati. Ma questo non riguarda solo la Casa della carità e noi dobbiamo riuscire a fare un discorso culturale e politico che coinvolga tutta la città”.
Per don Virginio la pandemia ha in qualche modo fatto emergere anche la capacità delle persone di sentirsi parte di una comunità, tanto che sono nate diverse iniziative solidali a livello condominiale o di quartiere. “Le istituzioni devono fare da fulcro per favorire la coesione sociale -aggiunge-. Inoltre vanno ripresi con forza i temi dei diritti e della cittadinanza, della cura delle persone, della medicina territoriale. Insomma si deve fare in modo che le persone si sentano parte di questa città, del loro quartiere. Il territorio deve diventare comunità di persone”.
Durante il lockdown, ricorda don Colmegna, “i poveri, le famiglie con figli disabili, gli anziani nelle Rsa, chi ha disturbi psichici sono coloro che hanno sofferto di più”. Perché lo stare a casa è stato vissuto in maniera diversa dalle persone: “Per molti è stata una sofferenza grossa: pensiamo a chi vive in un monolocale, oppure chi era solo, o si è ritrovato solo a gestire situazioni famigliari pesanti perché erano venuti meno i servizi di supporto di cui usufruiva”. Ecco la ripartenza non dovrà escluderli.