Maestra di umanità. Le elezioni europee e il pensiero di Romano Guardini
A poche settimane dalla data delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo (8 e 9 giugno) il clima politico si surriscalda sempre più
Il rumore delle armi accompagna i dibattiti, provoca o interrompe silenzi, accresce le preoccupazioni. A poche settimane dalla data delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo (8 e 9 giugno) il clima politico si surriscalda sempre più mentre il pensiero cerca un po’ di spazio nel rincorrersi di interrogativi, di perplessità e di timori, di attese. Cerca qualche traccia per non smarrirsi, per non lasciarsi sopraffare dalla delusione o dalla rassegnazione. E così torna non a caso e non per nostalgia ai padri e alle madri dell’Europa, in loro cerca le motivazioni e il senso di un voto.
Sono uomini e donne dalle grandi visioni che hanno accompagnato i primi passi del cammino comune europeo e hanno lasciato tracce indelebili: la memoria parla al presente perché prepari il futuro.
Anche gli intellettuali, di cui si avverte l’assenza nel dibattito sull’Europa, sono in questo elenco. Uno fra tutti Romano Guardini (1885 – 1968) che sull’Europa ha offerto riflessioni e meditazioni con una carica profetica e critica che oggi farebbe tanto bene.
Il teologo e filosofo nato a Verona e naturalizzato tedesco assegnava all’Europa, uscita da una guerra devastante il compito di essere una potenza capace di dominare la potenza della guerra e dell’odio. Questo a suo avviso il servizio più alto che la storia chiedeva all’Europa.
Ricevendo il Premio Erasmo nel 1962 Guardini affermava: “Questo servizio è questione della forza che si sente per la vita, per tutto ciò che si chiama vivere, uomo, popolo, cultura, ordine del paese e della Terra. Tutto ciò nell’impotenza della debolezza ma nella superiorità della forza. Forza di servizio che vuole che le cose della Terra diventino giuste. Riconoscere e realizzare questo potrebbe essere parimenti compito dell’Europa, che tante volte ha esercitato il potere e ha rivendicato una maestà ormai svuotata”.
Agli scettici e ai pessimisti rispondeva: “Se si obietta che ciò sia un’utopia morale ricordiamoci quante volte le utopie siano diventate prototipe di realtà. Certo quest’Europa che può assumersi una tale impegnativa missione ancora non c’è all’orizzonte”.
Mancano poche settimane al voto, il frastuono delle armi e il pianto degli innocenti, il tossire di politica malata, il brusio degli egoisti e degli indifferenti crescono e rischiano di coprire la voce di chi pensa l’Europa unita come maestra di umanità e si impegna perché anche oggi questo magistero è il contributo più grande ed efficace per costruire pace e giustizia.
Il cammino non è facile, non è mai stato facile. I padri e le madri dell’Europa hanno dato il meglio di sé, non si sono limitati a dire che cosa volevano dall’Europa. Hanno esercitato un magistero che purtroppo nel tempo si è affievolito ma non si è spento. Ai cittadini europei il compito di ravvivarlo.