Le reazioni alla paura. Di fronte all'emergenza del coronavirus sono molte le possibili modalità di affrontare la situazione
Nei momenti di crisi, dove la paura semina insicurezza nelle nostre forze, riappare l’esigenza di guardare in alto, spesso soffocata da altro.
I momenti di crisi che colpiscono tutta una comunità svelano comportamenti e atteggiamenti differenti assunti dai singoli cittadini o da intere collettività. Alcuni sono spontanei e rientrano nella reazione immediata: lo notiamo in questo periodo drammatico in cui il mondo affronta una nuova malattia di cui non si conoscono cure adeguate.
C’è chi si mostra ironico affrontando con battute il problema. Lo si può osservare dalle varie vignette che circolano sui social, anzi nelle chat private, perché quando si tratta di salute, della nostra salute, il livello di sensibilità cresce anche tra gli irriverenti frequentatori del web. L’ironia è importante per mantenere il controllo, perché da un lato è un tentativo di esorcizzare il possibile pericolo, dall’altro si prova a sdrammatizzare.
Poi c’è il fenommeno più visibile e destabilizzante: il panico, che non va confuso con la prudenza. Il panico prende alla pancia, ci fa riversare nei supermercati per raccogliere provviste, ci fa tenere le distanze con le altre persone, senza un reale motivo, crea diffidenza e colpisce tutti indistintamente.
Tuttavia dovremmo avere imparato – almeno dalle immagini della televisione – che la differenza tra il koala, che perde l’orientamento nella foresta in fiamme australiana, e la ciclista, che lo salva, è la capacità di ragionare, di dominare il panico con la testa.
La razionalità ci aiuta ad affrontare la paura in tanti modi. Ci sono gli esperti, i ricercatori e i medici, che lavorano per trovare soluzioni immediate e soluzioni per i tempi medio-lunghi e che hanno la responsabilità di descrivere le reali dimensioni del problema. Ci siamo noi che dovremmo fidarci delle indicazioni comunicate dalle istituzioni per prendere le giuste precauzioni. Ci dovrebbe essere una classe politica capace di fare sintesi tra le diverse esigenze della società (salute, economia, lavoro) per il bene comune che non si limita all’emergenza immediata.
Infine c’è la preghiera. Nei momenti di crisi, dove la paura semina insicurezza nelle nostre forze, riappare l’esigenza di guardare in alto, spesso soffocata da altro nella nostra società. Riscopriamo l’importanza della trascendenza e si riunisce in comunità. Dietro questo comportamento non c’è un gesto irrazionale, ma innanzittuto la ricerca di solidarietà di allacciare legami, il contrario di quanto accade quando si è nel panico. Soprattutto con le preghiere comunitarie si formula un appello di “popolo”, si condivide la domanda e il percorso verso una risposta. Poi c’è l’esperienza di fede di ognuno che chiede di essere rafforzato nella prova.