La sanità padovana alle prese con il Covid-19. Il servizio pubblico ai limiti del collasso
Ondata dopo ondata, anche la sanità padovana è contagiata dall’effetto Covid.
Ogni giorno ci si cura sempre meno del servizio pubblico ai limiti del collasso. Ogni settimana contano più i colori della libertà individuale rispetto alle strategie sulla salute collettiva. Fra Natale e Capodanno, però, il governo dell’emergenza sta già cambiando...
Il Sant’Antonio diventa Covid?
Era il fiore all’occhiello della “medicina territoriale” dell’Usl 6 Euganea. E’ diventato la “succursale” dell’ospedale di via Giustiniani. Potrebbe trasformarsi, addirittura, nel secondo “hub Covid” padovano dopo Schiavonia.
Daniele Donato (direttore sanitario dell’Azienda Ospedale-Università Padova e facente funzioni di direttore generale) ha lavorato molto proprio a cavallo di Natale.
Lontano dai riflettori, nel clima di emergenza continua, senza il controllo politico-sindacale ha predisposto un puzzle di misure sull’immediato futuro dell’ospedale di via Facciolati. Reparti da chiudere per liberare spazi, medici da “accorpare”, sale operatorie da riconvertire. Senza dimenticare che Donato ha sempre un personale conto aperto con gli specializzandi (dopo le sue incaute dichiarazioni sullo stile di vita dei giovani medici...) e che brilla per decisioni clomorose pianificate in solitudine.
Infermieri e vaccino
Dietro le quinte - almeno in via Giustiniani - non si registrerebbe l’entusiastico plebiscito per il vaccino Pfizer da parte del personale infermieristico.
I nomi che corrispondono alle adesioni volontarie erano stati raccolti in meno di 24 ore dalla Direzione sanitaria dell’Aoup. I numeri definitivi delle vaccinazioni “prenotate", tuttavia, non risultano pubblici.
In base ai dati ufficiali del 2019, l’Azienda conta 4.788 dipendenti a tempo indeterminato: 587 sono medici (cui vanno aggiunti quelli dipendenti dall’Ateneo e gli specializzandi) e ben 2.425 infermieri.
A livello nazionale, Antonio De Palma (presidente di Nursing Up, il sindacato degli infermieri) scandisce: «Con le poche dosi a disposizione appena arrivate, mi sarei aspettato che la priorità nella vaccinazione simbolica fosse riservata agli infermieri e ai professionisti in prima linea. Trovo singolare che i presidenti degli Ordini, ma anche altri rappresentanti del mondo politico o degli enti sanitari, si facciano fotografare o diffondano la loro immagine a mo’ di presunto buon esempio. Le centinaia di morti che contiamo ancora di giorno in giorno non ci permettono di abbassare la guardia o di fare campagne meramente simboliche. Abbiamo bisogno di un crono-programma pubblico, i circa 253.000 infermieri impegnati negli ospedali pubblici e i cittadini, hanno il diritto di sapere quali saranno i tempi per le loro vaccinazioni».
Al vertice dopo Mantoan
Appena cinque mesi fa, aveva garantito in un’intervista a L’Adige: «Fino al 31 dicembre sono vincolato alla direzione di Padova e dall’1 gennaio sono in pensione...».
Luciano Flor invece dal 22 dicembre (su proposta di Luca Zaia, accolta dalla giunta regionale) è stato nominato direttore generale della sanità veneta. Raccoglie l’eredità di Domenico Mantoan, approdato al vertice dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
Classe 1958, trentino di Revo’, laureato in medicina e poi specializzato in igiene e medicina preventiva al Bo’, Flor dal 2003 al 2007 è stato direttore sanitario dell’Azienda integrata di Verona. Stesso ruolo poi ricoperto in via Giustiniani. Quindi a Trento, dove dal 2011 era direttore generale dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari.
All’ombra delle Dolomiti, è fra i protagonisti del progetto del Nuovo Ospedale di Trento in project financing: gara originale da 1,8 miliardi di euro “abortita” fra ricorsi, sentenze del Tar, intervento della Corte dei conti...
Il 1 febbraio 2016 rientra a Padova come commissario dell’Azienda ospedaliera. Ne diventa dg dal 9 agosto 2016: ha varato il nuovo Atto che regola l’integrazione con l’Ateneo e si è speso sul fronte del nuovo ospedale di Padova Est.