La riforma della cittadinanza? E’ anche una questione di genere
La Rete per la cittadinanza chiede con un’urgenza una riforma della legge 91/92. Dos Santos (Questa è Roma): “Per le donne ci sono ostacoli che la stessa legge impone, è compito della Repubblica rimuoverli. La nuova norma va fatta con urgenza, se non ora quando?”
Il tempo della riforma della cittadinanza è ora. Non si può più aspettare, per una questione di diritti e responsabilità. A ribadirlo sono i ragazzi e le ragazze nati e cresciuti nel nostro paese ma non ancora considerati cittadini italiani. Nelle prossime settimane, diverse sigle (Questa è Roma, Italiani senza cittadinanza, ActionAid) si uniranno nella Rete della Cittadinanza per ribadire l’importanza di una modifica della legge 91/92. L’iniziativa è volta a fare pressione sui partiti perché si impegnino su una battaglia che non deve essere più solo “di facciata” ma realmente fattiva. A riportare in auge la questione è in questi giorni anche la triste vicenda di Saman Abbas, la ragazza di origine pakistana, che secondo gli inquirenti sarebbe stata uccisa dai familiari per sfuggire a un matrimonio forzato. Saman, dopo un periodo in una comunità per minorenni, era tornata dai genitori per recuperare il suo documento: la carta di identità, che veniva usata come arma di ricatto dalla famiglia per tenerla legata a sé. Oggi ci si chiede se questa tragedia si poteva evitare anche riconoscendo a Saman la cittadinanza. La ragazza viveva da anni nel nostro paese e qui aveva fatto un percorso scolastico, interrotto bruscamente dal padre che non voleva vederla libera.
Da tempo si riflette sul fatto che il riconoscimento della cittadinanza ai figli degli stranieri sia anche una questione di genere. Questo vale per le ragazze di seconda generazione che vogliono emanciparsi dalla famiglia d’origine e che sentono come propria la cultura in cui sono cresciute. Ma anche per tante donne (anche quelle vittime di violenza) costrette a restare con i mariti o i compagni perché non hanno la possibilità di avere un altro permesso di soggiorno se non quello per motivi familiari. “I diritti di cittadinanza fanno parte della comunità tutta, per le donne ci sono ostacoli che la stessa legge impone, come il reddito per ottenere la cittadinanza per permanenza sul territorio - spiega Kwanza Musi Dos Santos, tra le portavoci della campagna per la riforma della cittadinanza -. Molte donne straniere non lavorano, oppure se sono giovani studiano e non hanno reddito. In questo modo restano legate alla famiglia o ai mariti. E’ compito della Repubblica, invece, rimuovere gli ostacoli per la fruizione da parte di tutti dei diritti. Per questo noi ribadiamo l’urgenza di approvare una nuova legge. Se non ora quando?”
Nelle ultime settimane si è parlato di rilanciare una proposta sullo ius soli temperato anche in Italia, dopo le dichiarazioni del segretario del Pd Enrico Letta. Che però ha anche sottolineato come ci siano difficoltà nella maggioranza di Governo a discutere del tema. “La sinistra deve smettere di sbandierare slogan su questo tema. Parlare di ius soli non aiuta la riforma, chi si deve impegnare si impegni in silenzio, questo non è un referendum - aggiunge Dos Santos -. La legge va discussa in Parlamento, è responsabilità di chi si vuole proclamare alleato di questa riforma che si vada avanti. Per ora ci sono tre disegni di legge impolverati in un cassetto, nessuno del Partito democratico, dentro la Commissione, si è preso in carico di riaprire la discussione. Per ora sentiamo solo dichiarazioni e non vediamo i fatti”.
Da luglio dello scorso anno le associazioni della Rete per la cittadinanza organizzano webinar per discutere diversi temi legati al riconoscimento della cittadinanza: dal lavoro alla possibilità di accesso ai bandi pubblici e la libertà di movimento. “L’approccio che abbiamo scelto è quello di un percorso comune: pensiamo che sia importante concentrarsi sui contenuti e non solo sulle parole ius soli/ius culturae - aggiunge -. Quello che faremo nelle prossime settimane è agire su più fronti, coinvolgeremo l'opinione pubblica. Non è una questione che riguarda gli stranieri ma riguarda tutti”.