Giacomo Matteotti. L’orribile uccisione 100 anni fa il 10 giugno
Era il 10 giugno 1924 quando, a 39 anni, il segretario dei socialisti unitari italiani venne sequestrato e ucciso. Era il più acuto e implacabile oppositore del fascismo
Un secolo fa veniva sequestrato, e subito dopo ucciso, il segretario dei socialisti unitari italiani, Giacomo Matteotti, da parte di gregari fascisti che agivano su ordine di alti gerarchi del regime. Secondo alcuni dello stesso Mussolini, che voleva togliere dalla circolazione un personaggio molto scomodo. Fu il primo delitto politico dell’Italia unita. La brutale uccisione e il ritrovamento del cadavere completamente nudo, fatto a pezzi, senza nessun lembo di vestito addosso, gettò il Paese in uno stato di crisi profonda. Mussolini, isolato e vulnerabile, stava per dimettersi. Molti fascisti furono visti stracciare la tessera del partito. Giacomo Matteotti fino a quel momento (primavera del 1924) era stato il più acuto e implacabile oppositore del fascismo. Nel suo ultimo discorso in Parlamento del 30 maggio, denunciava i brogli elettorali del nuovo regime con dati e cifre inconfutabili. Gli squadristi sequestrano Matteotti e lo massacrano, Mussolini sequestra l’Italia e annienta le opposizioni. L’Italia si consegna alla dittatura, e chi la pensa diversamente, o si oppone, è considerato un sovversivo o punito con pestaggi, olio di ricino, carcere e confino. «La storiografia moderna sul delitto Matteotti – osserva Giovanni Sale nel numero in uscita de La Civiltà Cattolica (n. 4.175) – tende a individuare, tra i moventi del delitto, non soltanto quello politico, che evidentemente ci fu, ma anche quello affaristico, che avrebbe coinvolto ambienti governativi molto vicini al Duce, o addirittura lo stesso re d’Italia». Matteotti aveva capito prima di tanti altri la svolta autoritaria in atto. Aveva persino scritto un dossier ricco di fatti intitolato Un anno di dominazione fascista (stampato nel 1923 e tradotto in inglese, francese e tedesco), nel quale dimostrava tutte le azioni violente delle squadre fasciste compiute in molte città italiane. L’abbondante disponibilità delle fonti ha rivelato lo spessore del personaggio: lucido, coerente, preparato, mai ideologico, fino al punto da non essere apprezzato nemmeno dai socialisti. Nel duro confronto politico del tempo, che divideva i socialisti in riformisti e massimalisti, Matteotti (riformista), si spenderà fino all’ultimo per impedire la scissione. Questo gli procurerà non poca ostilità anche tra i suoi amici di partito largamente dominato dai massimalisti. In parlamento intervenne 106 volte in meno di cinque anni distinguendosi per la solida e aggiornata cultura giuridica e la competenza in campo economico finanziario. Nel corso dei suoi 39 anni ha vissuto in maniera intensa senza mai concedersi pause. Era nato a Fratta Polesine, in una provincia povera, depressa, dove i contrasti fra miseria e ricchezza erano abbondanti. I rapporti sociali erano dominati dall’ingiustizia e dalla prepotenza. Si dedicherà alla politica prendendo il posto del fratello Matteo morto prematuramente. Aveva davanti a sé già spianata una carriera da avvocato. Fu un cultore del diritto penale, apprezzato da autorevoli giuristi di diverse scuole.
L’epistolario tra il politico e la moglie Velia
Per conoscere l’uomo e il politico è utilissimo l’epistolario intercorso con la moglie Velia Titta (Lettere a Velia, a cura di Stefano Caretti, Pisa University Press, pp. 462). In una delle lettere la donna scrive: «Una vita di solo amore non potrebbe mai bastare a un uomo come te». Aveva capito chi il destino le avesse messo a fianco.