Frontiere e periferie. Continuiamo a innalzare barriere fisiche e a rendere più complessi i tragitti, mentre le persone muoiono
Una politica scomoda supera la frontiera e inizia a prestare attenzione alle periferie. Cerca spazi alternativi.
Rimaniamo muti e impotenti di fronte alle immagini che scorrono che mostrano bambine e bambini, giovani e famiglie schierati davanti a un filo spinato che separa la Polonia dalla Bielorussia. Continuiamo a sentirci colpiti dalle notizie dei naufragi di improbabili imbarcazioni che affrontano la traversata verso le coste del Sud Europa tra le onde novembrine del Mar Mediterraneo e rimaniamo quasi sbalorditi, quando apprendiamo che le stesse imprese sono tentate nel Canale della Manica da ragazze e ragazzi accampati a Calais che vogliono raggiungere il Regno Unito dalla Francia.
In silenzio costruiamo muri intorno alla nostra Unione europea. Marchiamo i confini per difendere il nostro benessere. Sono tante le frontiere che sbarrano le speranze degli altri. Ci sono Curdi, Afghani, Siriani, Irakeni insieme a molti altri che fuggono dai loro paesi in guerra o devastati dai disastri ambientali o dalle crisi economiche e da amministrazioni corrotte o incompetenti.
E continuiamo a innalzare barriere fisiche e a rendere più complessi i tragitti, mentre le persone muoiono. Quando si ragiona sulle frontiere, si inizia a dividere gli spazi, a esercitare il controllo. La frontiera delimita l’autorità di governo e della responsabilità. Quello che accade fuori non è di mia competenza. Così la solidarietà europea rimane dentro i confini.
Superata la frontiera c’è quello che abbiamo scartato dalle nostre opzioni e opportunità. Una politica della sicurezza e tranquillizzante si concentra sulla gestione interna, è una politica facile e dai risultati immediati perché finisce per coccolare i propri cittadini, i propri elettori. I problemi, però, rimarranno lì sul confine, un assedio continuo che corrode le coscienze.
Una politica scomoda, invece, supera la frontiera e inizia a prestare attenzione alle periferie. Cerca spazi alternativi. Si interroga sulle potenzialità di un’accoglienza di giovani da parte di una popolazione anziana, investe sulle prospettive di una società multietnica e multiculturale che potrebbe facilitare l’integrazione della già variegata diversità dell’Unione. Ma soprattutto una politica scomoda andrebbe nelle periferie per cercare strade di sviluppo comuni perché nella collaborazione si può crescere insieme e si può scardinare l’assedio.
Frontiere o periferie: lungo questo binomio si delinea una delle sfide per superare l’idea di un’Europa burocratica che gioca in difesa per preservare il suo stile di vita e andare verso un progetto coinvolgente di Unione europea protagonista della società globale.