Covid-19. Ortigosa: “Sanità pubblica essenziale. Reinvestire è priorità”

Sistema sanitario nazionale sotto stress per l’emergenza coronavirus, ma pesano anni di definanziamenti e carenze di personale. L’analisi del direttore di Prospettive Sociali e Sanitarie e di Welforum. “Un sistema sanitario efficiente ed efficace è cruciale. Bisogna essere in grado di fronteggiare le emergenze”

Covid-19. Ortigosa: “Sanità pubblica essenziale. Reinvestire è priorità”

ROMA - “La sanità pubblica è essenziale e in questi momenti ne vediamo l’importanza, ma non bisogna nascondersi dietro frasi del tipo ‘è stato un imprevisto e non si poteva fare niente’. Bisogna ricordarsi che un sistema sanitario efficiente ed efficace è cruciale perché in sanità non tutto è prevedibile e bisogna essere in grado di fronteggiare anche le emergenze”. Emanuele Ranci Ortigosa, direttore di Prospettive Sociali e Sanitarie e di welforum.it, spiega così a Redattore Sociale la sfida che il Sistema sanitario nazionale si trova ad affrontare in questi giorni e anche quella che dovrà mettere in conto per i prossimi anni alla luce dell’attuale emergenza Covid-19. Sanità pubblica di cui gli italiani hanno un parere positivo, spiega Ortigosa, ma che negli anni ha subito definanziamenti su diversi fronti. “Malgaro i disagi, in larga parte dovuti al costo di alcune prestazione e ai tempi di attesa che hanno certamente deviato delle domande di utenti verso i servizi privati - afferma Ortigosa -, gli italiani sono abbastanza affezionati al loro servizio sanitario nazionale”.

Eppure, il sistema sanitario italiano da qualche anno è vittima di “maltrattamenti che risultano evidenti in momenti critici come questo”. A pesare è soprattutto il definanziamento ai danni del Sistema sanitario nazionale lungo gli anni. “Dalla crisi dei primi anni del 2000 in poi si è pescato dai soldi della sanità perché più facile da saccheggiare e ridimensionare - continua Ortigosa -. La crescita della spesa sanitaria, che pur c’è stata, in questi anni è stata sempre inferiore al tasso di inflazione, che pure era basso. Tutto questo ci ha portato in una situazione in cui la spesa per la sanità risulta inferiore alla media dei paesi europei”. Un calo di risorse che ha riguardato sia le infrastrutture che il personale e che oggi, con un sistema sanitario sotto stress, appare ancora più drammatico. “Le strutture ospedaliere sono state ridotte del 30 per cento circa negli ultimi dieci anni - specifica Ortigosa -. Germania, Francia, ma anche alcuni paesi dell’Est hanno numeri di posti ospedalieri rispetto alla popolazione molto maggiore del nostro”. Numeri in calo anche per quanto riguarda il personale sanitario su cui secondo Ortigosa hanno pesato “il blocco dei turnover, i mancati bandi e le difficoltà create all’ingresso dei medici per i corsi post-laurea”. Una situazione che ha prodotto anche una “fuoriuscita di personale medico preparato verso l’estero di circa 8 mila persone - chiarisce Ortigosa -. Una perdita netta per il nostro paese”.

Le preoccupazioni, tuttavia, riguardano anche il futuro. “Se per ora il numero dei nostri medici è leggermente superiore alla media europea, molti di questi sono anziani e con la loro fuoriuscita ci troveremo in una crisi ancora più grave sulla quale il governo ha riservato maggiore attenzione e qualche risorsa ma che probabilmente andrà affrontato in maniera più radicale”. La richiesta di personale dovuta all’emergenza attuale, però, non riguarda solo i medici, ma anche il personale infermieristico. “Sul numero degli infermieri siamo sotto la media europea - aggiunge Ortigosa -. Ci sarebbe già la possibilità di assunzioni che non viene sfruttata a fondo e che da alcuni viene legata anche alla necessità di ridefinire il ruolo dell’infermiere sia in termini di funzioni che di prestigio sociale, come è stato fatto in molti paesi. Occorrerebbe un intervento di revisione della normativa sulla distribuzione dei compiti e dei ruoli dentro al Servizio sanitario nazionale”.

Non di poco conto la funzione dei medici di base che, però, secondo Ortigosa, in questa emergenza sono stati “un po’ abbandonati a se stessi”. “Non hanno avuto istruzioni, nessun tipo di attenzione e copertura rispetto ai rischi e come trattare l’utenza - precisa Ortigosa -. Si sono trovati sotto una pressione fortissima dell’utenza, ma un po’ allo sbando in carenza di orientamenti adeguati da parte delle regioni e del sistema nazionale”. I medici di base, invece, rappresentano “un momento cruciale di contatto con l’utenza che deve sentire il sistema sanitario vicino a sé tramite dei rapporti personalizzati e territorializzati - spiega il direttore di Welforum -. Non possiamo pensare solo ai poliambulatori e agli ospedali. Occorre il medico di base che, soprattutto per un’utenza anziana o cronica, diventa un riferimento costante per tutte le preoccupazioni che queste persone possono avere. Il consolidamento della struttura dei medici di base, soli o associati, è un altro punto cruciale del rilancio della nostra sanità”.

Il caso dei medici di base, per Ortigosa, è solo uno dei punti deboli della gestione dell’emergenza attuale. “Abbiamo avuto una finestra di opportunità fra l’annuncio della diffusione del coronavirus in Cina a quando è arrivato qui - continua il direttore di welforum.it -: è su questa finestra che potremmo sollevare qualche interrogativo, soprattutto oggi che emerge che in realtà prima del paziente 1, la patologia era già presente da due o tre settimane in Italia e che addirittura in Cina era presente dalla fine dello scorso anno”. Secondo Ortigosa, questa “finestra d’opportunità” non è stata “sfruttata adeguatamente per cominciare ad attrezzare e sensibilizzare il sistema sanitario, sia i medici di base che il pronto soccorso per riconoscere i sintomi nei pazienti che sono arrivati prima del blocco dei voli per la Cina”. Secondo Ortigosa, nella gestione dell’emergenza poteva esserci “maggiore tempestività nei sistemi di protezione, perché abbiamo visto che negli ospedali c’è stato un forte coinvolgimento fra i positivi di personale medico e infermieristico che non si proteggeva a sufficienza. Una carenza di informazioni e di protezione che rivela forse un deficit di attenzione che ci ha fatto perdere qualche colpo in partenza” ed ora i problemi “riguardano il sistema generale, con la carenza di posti nella terapia intensiva e semintensiva”, spiega Ortigosa. Questo “intasamento”, però, avrà “ricadute anche su altre patologie e non è una cosa irrilevante in termini di ricadute sulla salute generale della popolazione, oltre che sull’economia e sul sistema paese in generale”.

A emergenza conclusa, per Ortigosa occorrerà “reinvestire in modo netto in sanità” sia dal punto di vista strutturale, che come personale, “per essere pronti non solo a fronteggiare la normalità ma anche per poter intervenire in casi drammatici come questo”. Tra i vari interventi, occorre “ritoccare i percorsi di formazione del personale, di assunzione e retribuzione che sono stati a lungo bloccati e prevedere la possibilità di acquisire nuovo personale”. Per Ortigosa, il Sistema sanitario nazionale rappresenta una “spina dorsale” insostituibile. “Il resto può essere di contorno e lo diciamo in un momento in cui questo contorno è cresciuto non solo come affiancamento, ma rubando le prestazioni specifiche del sistema sanitario nazionale. Non è più una cosa complementare ma è diventato in parte un sistema sostitutivo, il che è incompatibile con la legge fondativa del nostro sistema sanitario”. I mali della sanità italiana,  conclude Ortigosa, sono ormai oggetto di studio su numerosi rapporti, nonostante lo stato di salute della nostra sanità sia ancora fra le prime d’Europa e del mondo. “Speriamo che queste analisi possano essere prese in più forte considerazione dopo quello che sta accadendo”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)