Autonomia: è legge. Quale Veneto verrà? Le opinioni di Alberto Stefani e Ivo Rossi

L’approvazione Il 19 giugno, la Camera ha dato l’ok definitivo al disegno di legge sulla cosiddetta autonomia differenziata, che stabilisce regole e passaggi futuri con cui alcune Regioni potranno gestire specifiche materie, fino a 23. Le posizioni Alberto Stefani: «Il Veneto sta lavorando sulle 23 materie ed è già pronto. E i Lep sono una garanzia per il Centro-Sud». Ivo Rossi: «A che livello fisso l’asticella del diritto? Serve un regionalismo cooperativo, non conflittuale»

Autonomia: è legge. Quale Veneto verrà? Le opinioni di Alberto Stefani e Ivo Rossi

C’è lui, Alberto Stefani, con Matteo Salvini e Luca Zaia, dietro alla bandiera con il leone di San Marco, nella foto-manifesto della kermesse che la Lega ha tenuto il 21 giugno, a Montecchio Maggiore, due giorni dopo il “via libera” di Montecitorio al disegno di legge 1665 d’iniziativa governativa. Il giovane deputato padovano della Lega è stato relatore di maggioranza, sull’autonomia differenziata delle Regioni, prima in commissione e poi in aula. Onorevole Stefani, un grande onore per lei, a soli trentun anni. «È stata una grande responsabilità, ma anche un’emozione poter ricoprire questo ruolo, perché l’autonomia differenziata è il motivo per cui io faccio politica e mi sono iscritto alla Lega. Non sono mancate le difficoltà, anche per il fatto che si tratta di un tema che dal punto di vista politico ha polarizzato molto lo scontro. In realtà, non dovrebbe essere così, perché destra e sinistra dovrebbero trovare una convergenza, piuttosto che dividersi. Invece abbiamo visto una parte del Parlamento che ha deciso a priori di fare ostruzionismo». Adesso il presidente Sergio Mattarella ha un mese di tempo per promulgare la legge, che sarà pubblicata in Gazzetta ufficiale. Poi possono partire le richieste delle Regioni per le nove materie svincolate dai Livelli essenziali delle prestazioni, mentre ci sono 24 mesi di tempo per arrivare a definire i Lep sulle altre 14 materie. «I 24 mesi in realtà non partono oggi: il Comitato presieduto dal prof. Sabino Cassese ha già avviato, dopo l’approvazione della Finanziaria 2023, una serie di indagini per fissare i Lep. Il lavoro che manca è quello volto a individuare i costi/fabbisogni standard». Quindi, appena la legge verrà pubblicata, il presidente Luca Zaia manderà al Governo la richiesta del Veneto di avviare una trattativa? «Il Veneto e i suoi tecnici sono già al lavoro da mesi per predisporre la fase negoziale. Il Veneto sta lavorando su tutte le 23 materie e praticamente è già pronto. La prima parte che porteremo a casa saranno le materie non Lep, che possono arrivare immediatamente». Il destinatario della richiesta del Veneto sarà il presidente del Consiglio? «Il destinatario è il Governo, che dovrà negoziare con la Regione. Stiamo parlando di un percorso che ha già visto per il Veneto una pre-intesa (il 10 gennaio 2018 tra Zaia e l’allora sottosegretario Gianclaudio Bressa, ndr). Con il governo di centrodestra i margini sono molto ampi e quindi possiamo fare un ottimo lavoro». Il negoziato fa quasi pensare a una trattativa tra Italia e Veneto... «Di fatto è un accordo bilaterale. Sicuramente il Veneto è sullo stesso piano dello Stato e i due soggetti dovranno trovare un’intesa. Ci dovrebbero essere più intese: una parte di materie che arriva già da subito e un’altra parte che arriverà più avanti, una volta definiti i Lep». Da sinistra si dice che le Regioni del Sud saranno penalizzate. «Direi proprio di no. Le disparità che oggi registriamo tra Nord e Sud si verificano in una situazione in cui l’autonomia non è stata approvata. Le divergenze si sono registrate in un regime di centralismo. Inoltre i Lep sono una garanzia soprattutto per i territori del Centro-Sud, giacché garantiranno degli standard minimi di prestazioni e di servizi. Quindi io, da cittadino del Sud, preferirei sapere come la mia classe dirigente spende i soldi e magari anche decidere, successivamente, di non confermare la fiducia a quella classe dirigente».

Non nasconde viceversa il suo scetticismo Ivo Rossi, consigliere regionale dal 1990 al 2000, già sindaco di Padova, responsabile del forum tematico Autonomia e regionalismo del Pd veneto. Siamo più vicini all’autonomia differenziata? «No, siamo più vicini all’apertura di nuovi bar sport. Nel senso che, dopo gli ultimi sette anni di chiacchiere, se ne alimenteranno di nuove, assai fantasiose. In politica, anche nelle riforme di sistema, come il premierato e l’autonomia, dove bisognerebbe costruire profili condivisi, prevale una dimensione in cui ogni partito usa una legge per parlare alla propria tribù. Quindi la Lega ha offerto alla sua tribù lo scalpo dell’autonomia, mentre Fratelli d’Italia ha avuto in cambio il premierato». Ci viene detto che il Veneto, e le altre Regioni che lo chiederanno, potranno portare a casa fino a 23 materie. «La riforma costituzionale del 2001 è stata approvata dal centrosinistra, sotto la spinta della possibile secessione della Padania e in un contesto politico-culturale totalmente diverso da quello odierno, che non conosceva ancora internet e il digitale. Allora sono state introdotte le cosiddette 23 materie. Ma le materie racchiudono complessivamente oltre 500 funzioni. Così una Regione può chiedere eventualmente le funzioni che ritiene di poter gestire». Torniamo alle nove che sarebbero immediatamente trasferibili... «Sono materie immediatamente richiedibili, ma poi in concreto che accadrà? Prendiamo le casse di risparmio, per le quali c’è stato dagli anni Novanta a oggi un processo di concentrazione. Se la competenza la trasferisco a Palazzo Balbi, cosa fa la Regione? Oppure prendiamo le casse rurali, che si sono accorpate per evitare rischi di fallimento. E poi cosa significa commercio con l’estero? Facciamo degli uffici specifici regionali che si occupano di commercio con l’estero?». E allora cosa cambierà davvero con l’autonomia? «La parola autonomia ormai racchiude tutto, quasi fosse una sorta di diritto naturale delle comunità. Ecco perché dico che apriremo tanti bar sport, dove fioriranno le proposte più fantasiose. Come quella di regionalizzare il corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Per le materie Lep, che riguardano i diritti civili e sociali, attenderemo non meno di due anni: viene stabilito il fabbisogno standard per poter soddisfare quel tal diritto in un territorio, ma nella legge si prescrive “invarianza finanziaria”, cioè non si possono generare nuovi costi. Allora a che livello fisso l’asticella del diritto? Per esempio, in tema di asili nido, posso impegnarmi a garantire la copertura in ogni Regione, che sia differenziata o non differenziata, per il 100 per cento dei nuovi nati. Questo però mi costa cento: se non ho quei soldi, si aprirà una discussione. A che livello mi fermo: a 80, a 50, a 45?». Cosa manca a suo avviso in questa riforma? «C’è bisogno, in un mondo così profondamente interconnesso, di avere un luogo, che doveva essere il Senato delle Regioni, politicamente significativo, a tutela dei territori, in cui le Regioni possano incidere nelle politiche nazionali. Abbiamo bisogno di un regionalismo cooperativo, non di un regionalismo conflittuale». Alla fine Luca Zaia chiederà di poter gestire tutte e 23 le materie? «La richiesta delle 23 materie e l’affermazione “ci vogliamo trattenere i nostri soldi”, ovvero il residuo fiscale, era condensata nella proposta di referendum del 2014, che diceva: “Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana. Sì o no?”. Certo, la proposta non è andata al voto, perché la Corte costituzionale l’ha bocciata, però il Consiglio regionale l’aveva approvata. Da allora, e sono passati dieci anni, l’ambiguità delle parole è stata la regina. Quell’ambiguità nasceva in contemporanea alla Brexit. Ricordo che nel luglio 2017, tre mesi prima del referendum sull’autonomia del 22 ottobre, Zaia firmava la prefazione al libro Venexit, scritto da quello che poco dopo sarebbe diventato, per un breve periodo, il suo portavoce”.

Zuppi, presidente Cei: «Non ci hanno preso sul serio»

«Il Paese non crescerà se non insieme». Era questo l’incipit della nota pubblicata dalla Cei lo scorso 24 maggio. Ora, dopo l’approvazione della legge, il presidente Matteo Zuppi non cambia posizione: «Abbiamo fatto un documento ufficiale, quello che dovevamo dire lo abbiamo detto, si vede che non ci hanno preso sul serio, che dobbiamo fare?». Nel documento si faceva riferimento ai «rischi di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica» con forte preoccupazione per «qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie... Tale rischio non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute».

Luca Zaia: «L’autonomia è l’ultimo treno per l’Italia»
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«L’ultimo treno che passa per l’Italia» l’ha definito Luca Zaia in un’intervista a Repubblica: «Il modello centralista ci ha portato al disastro che viviamo: ha fallito. Se il Paese è a due velocità, se i cittadini sono costretti a fare le valigie per curarsi, se ci sono diseguaglianze, non è certo colpa dell’autonomia che non c’è. Mettiamola alla prova, anche e soprattutto nelle Regioni meridionali: nessuno si sogna di abbandonare il Sud: siamo come i gemelli siamesi, si vive e si muore insieme». Intanto la sezione veneta del Conapo (il Sindacato dei Vigili del fuoco) si dice contraria alla regionalizzazione del corpo nazionale in risposta all’assessore Gianpaolo Bottacin che sul tema ha scritto: «La richiesta che da tempo ho formalizzato per il Veneto è un modello simile a quello che è presente nella provincia autonoma di Trento, con i Vigili del fuoco regionalizzati».

23 materie

Il portale autonomia. regione.veneto.it elenca le 23 materie nelle quali il Veneto potrebbe ottenere maggiore autonomia. Nove sono “non leppizzabili” (cioè non vincolate alla definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni) e quindi, in teoria sono immediatamente trasferibili: commercio con l’estero; previdenza complementare e integrativa; professioni; protezione civile; rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; organizzazione della giustizia di pace; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Sono invece 14 le materie sottoposte ai Lep che lo Stato dovrebbe garantire su tutto il territorio nazionale: si va dalla tutela e sicurezza del lavoro all’istruzione, passando per ricerca scientifica e tecnologica; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; governo del territorio; grandi reti di trasporto; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; attività culturali; norme generali sull’istruzione...

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