Università. Il Bo è entrato nel cono d’ombra della “comunicazione istituzionale”
Mai come durante la pandemia il Bo è entrato nel cono d’ombra della “comunicazione istituzionale”.
Eppure, Padova e la sua Università sono legate (non solo storicamente) da un destino indissolubile.
Almeno altri due argomenti determinati, vitali e risolutivi sembra siano rimossi dal dibattito pubblico sulle scelte con cui si gioca il futuro.
Tutti - fuori e dentro il Bo – esibiscono la parola-chiave internazionalizzazione. Tanto più con l’arrivo dei finanziamenti
dell’Unione Europea: 33,8 miliardi di euro per l’istruzione, di cui 12,9 “dalla ricerca all’impresa”.
La più dettagliata analisi della Conferenza dei Rettori (aprile 2018 a cura di Fabio Rugge, rettore dell’Università di Pavia) è per molti versi sconcertante.
«Gli studenti stranieri iscritti negli atenei italiani nell’anno accademico 2017-2018 sono meno del 5% sul totale, percentuale che ci colloca ben al di sotto dei livelli fatti registrare da altri Paesi dell’Ocse, come Lussemburgo, Regno Unito o Svizzera».
In testa gli aspiranti laureandi provenienti dall’Albania; seguono quelli di Romania, Cina e Iran.
Eppure Il Ministero degli Esteri stimava oltre 2,2 milioni di studenti di italiano nel mondo.
E ancora: «I corsi triennali interamente in inglese sono meno del 10%, cioè 20 su 245».
Nelle classifiche... internazionali, le Università italiane non brillanosu questo fronte.
Del resto, proprio la CRUI ammette: «L’offerta di formazione in inglese si concentra nelle aree di ingegneria/informatica e di economia/business. Sta di fatto che la nostra presenza nell’arena internazionale risulta più debole proprio in settori quali le scienze dell’antichità, la storia dell’arte, il turismo o il design, nei quali più facilmente la nostra immagine ci accredita». In Lombardia, il “sistema” di formazione universitaria registrava nell’anno accademico 2018-19 cifre eloquenti: 2.178 studenti dalla Cina (il 13,9% sul totale studenti internazionali), 1.360 dall’India e 1.215 dalla Turchia. Sono, insieme, un terzo del totale di giovani stranieri che frequentavano gli Atenei lombardi.
L’altra clamorosa rimozione riguarda Univeneto.
Un’intuizione che, da statuto notarile, risale all’inizio del Duemila...
Dal punto di vista istituzionale, è la Fondazione operativa dal 2011 che riunisce le Università di Padova, Verona e Venezia (Ca’ Foscari e Iuav).
Ha la sede legale in via Prati, 17 all’indirizzo che ospitava la casa editrice Cleup.
Per un triennio, fino al 2018, era presieduta dal magnifico Rosario Rizzuto che ha ceduto l’incarico al veronese Pier Francesco Nocini.
Sulla carta, Univeneto puntava all’ampliamento delle opportunità della didattica e della ricerca, mentre ambiva a dar vita al “campus del Nord Est” in chiave europea.
Il bilancio di un decennio di attività resta da scrivere.
In compenso, ai proclami dell’inaugurazione del 794° anno accademico al Bo’ («Il rinnovato rapporto con le università venete nella Fondazione Univeneto, che in tempi molto brevi estenderemo agli atenei dei vicini Friuli-Venezia Giulia e Trentino–Alto Adige, rappresenta un modello di collaborazione virtuosa e altamente efficace») sono seguiti fatti di ben altro tenore.
L’Ateneo di Trento ha preferito istituire la nuova Scuola di Medicina in accordo con... Verona (e senza Padova). E nella
Marca del presidente della Regione è sbocciato il corso di laurea per futuri camici bianchi, che clinicizzerà definitivamente l’ospedale Ca’ Foncello di Treviso ai danni dell’Azienda ospedale-università
di Padova...
E’ l’eredità di sei anni con un rettore-medico al Bo.