Un mese senza notizie di Zaky: “Non sappiamo in che condizioni si trovi”
Dal 9 marzo né i genitori né l’avvocato dello studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto al Cairo hanno potuto incontrarlo, per via delle restrizioni dovute all’emergenza coronavirus. Rossi: “Temiamo per lui, non sappiamo com’è la situazione nel carcere”. E il 6 aprile è stata di nuovo rinviata l’udienza per il suo rilascio
“È da un mese esatto che non abbiamo più notizie di Patrick. Dal 9 marzo, né i suoi genitori né il suo avvocato l’hanno potuto incontrare, per via delle restrizioni dovute all’emergenza coronavirus. Non sappiamo in che condizioni si trovi né come sia la situazione nel carcere di Tora, in cui è rinchiuso”. Giada Rossi, compagna di corso di Patrick Zaky al master Gemma dell’Università di Bologna, ha la voce preoccupata. Dopo essere stata posticipata per tre settimane di seguito, il 6 aprile è stata nuovamente rinviata l’udienza che avrebbe potuto portare alla liberazione dello studente egiziano in carcere dal 7 febbraio scorso, accusato di fomentare le manifestazioni e il rovesciamento del governo, pubblicare notizie false sui social media minando l’ordine pubblico, promuovere l’uso della violenza e istigare al terrorismo.
“Questa è la quarta volta di seguito che l'udienza viene posticipata, dopo i rinvii del 16, 23 e 30 marzo. Oggi è il diciottesimo giorno che Patrick ha trascorso in carcere senza motivi legali, poiché i giorni di detenzione cautelare precedentemente ordinati sono stati terminati il 23 marzo. Ora Patrick si trova in un limbo. Questa volta non siamo stati nemmeno informati della data della prossima sessione: ai suoi avvocati è stato detto di controllare il prossimo sabato, speriamo che ci diano notizie”.
Nel frattempo, l’Università di Bologna ha lanciato l’iniziativa “Una mail per Patrick Zaky”, con un indirizzo email apposito (forpatrick@unibo.it) a disposizione di chiunque voglia scrivere messaggi di vicinanza e solidarietà, che vengono poi pubblicati nella pagina Facebook della campagna Patrick Libero. “La raccolta di tutti i messaggi arrivati potrebbe rappresentare il più bel regalo di bentornato a Patrick, nel momento in cui potrà nuovamente frequentare la nostra comunità – afferma il rettore Francesco Ubertini –. Invito quanti vogliano far sentire la loro voce a scrivere a questo indirizzo: la scrittura può essere un ottimo strumento di resistenza alla violazione dei diritti essenziali, così come un modo per creare un legame e ridurre le distanze in questo momento così difficile”.
Nelle scorse settimane, il rettore ha scritto all’ambasciatore dell’Egitto in Italia per chiedere che Patrick possa tornare a frequentare il suo corso attraverso il servizio di didattica online oggi a disposizione degli studenti per seguire le lezioni in remoto. “Spero che a Patrick sia consentito di soddisfare il desiderio di conoscenza e sapere che nessuno, mai, ha il diritto di reprimere”, conclude Ubertini.
Alice Facchini