Ucraina: appello dell’arcivescovo maggiore Shevchuk, “la guerra è la peggiore risposta alla crisi. No a violenza e a azioni militari”
“La guerra è la peggiore risposta ai problemi. La nostra speranza oggi è che con la preghiera e il supporto della comunità internazionale, possiamo dire tutti no alla guerra. Stiamo assistendo con i nostri occhi ad una vera idolatria della violenza che si sta alzando nel mondo. Noi, come cristiani, dobbiamo dire a voce alta, no alle azioni militari come soluzione dei problemi. Solo il dialogo, la cooperazione, la solidarietà possono aiutarci a superare ogni tipo di difficoltà e crisi”.
Questo l’appello lanciato questa mattina da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica Ucraina, prendendo la parola alla conferenza stampa online di Aiuto alla Chiesa che soffre (Aid to the Church in Need) sulla crisi ucraina e sull’attività della Chiesa cattolica per far fronte alle attuali tensioni. “Sentiamo di essere arrivati al culmine di una pericolosa escalation e aggressione militare contro l’Ucraina”, dice subito l’arcivescovo maggiore. “È vero che il nostro paese è attaccato dalla Russia da 8 anni, ma l’escalation a cui assistiamo oggi non è una semplice continuazione della guerra in Donbass o una conseguenza dell’annessione della Crimea. Stiamo assistendo ad una escalation di conflittualità tra la Russia e il mondo occidentale, in particolare gli Usa. In questo conflitto, l’Ucraina è solo una parte dell’intero panorama mondiale della crisi. Certo, abbiamo paura. Per la nostra posizione storica e geografica, siamo il Paese più esposto. Siamo sulla front line. Ma la crisi ucraina non è un problema solo per gli ucraini. Ha conseguenze su tutto il mondo, per l’Ue, gli Usa e i paesi membro della Nato”. Se la via della guerra non è una soluzione alla crisi in atto, Sua Beatitudine Shevchuk propone, dal punto di vista “religioso” e non politico, 3 risposte alla situazione. La prima è la preghiera; la seconda è “la solidarietà soprattutto con coloro che si trovano nel bisogno”, in particolare con la popolazione, spesso anziana e povera, al confine orientale del Donbass. “La terza risposta ci chiede di essere, come cristiani, predicatori di speranza”, dice l’arcivescovo maggiore. “Crediamo che Dio è con noi. Dobbiamo avere questa luce ed essere annunciatori di buone notizie alle persone che hanno paura, sono disorientate, hanno fame, hanno freddo”.
Riguardo al ruolo diplomatico che Papa Francesco e la Santa Sede possono svolgere per una soluzione pacifica della crisi, è intervenuto alla conferenza stampa mons. Visvaldos Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina che ha espresso la “preoccupazione” con cui Papa Francesco sta seguendo la situazione. Nel non poter dare ulteriori dettagli sui passi diplomatici in atto, il nunzio ha sottolineato il valore della preghiera, “per la conversione dei cuori, specialmente per i politici e i miliari”. Shevchuk ha aggiunto: “Anche se gli ucraini per maggioranza sono ortodossi, Papa Francesco è l’autorità morale più importante nel mondo. E ogni sua parola per la situazione Ucraina, pronunciata all’Angelus o in altre occasioni, è molto importante per noi. La nostra gente è molto attenta ad ogni parola che il Santo Padre rivolge alla ‘Cara Ucraina’ e alle sofferenze del popolo ucraino. Ma ciò che più gli ucraini attendono dal Papa è una sua visita in Ucraina. La possibilità di una sua visita è la nostra più alta aspettativa, e preghiamo perché un giorno questo viaggio si possa realizzare”.