Testimonianza dalle trincee ucraine. Padre Zelinskyy: “Quando mi chiedono cosa è la guerra, a me viene in mente il fango”
“Quando mi chiedono cosa è la guerra, a me viene in mente il fango. Decine e decine di chilometri di fango”. Raggiunto telefonicamente dal Sir padre Andriy Zelinskyy, cappellano militare della Chiesa greco-cattolica di Ucraina e da anni impegnato a fianco dei soldati sulle zone di confine, racconta come si vive in trincea. Le diplomazie mondiali manifestano preoccupazione per l’escalation di tensione nell'area. I colloqui tra la Nato e la Russia continuano a fallire e Kiev in queste ore è sotto un attacco informatico su larga scala
“La linea di fronte si distende per 437 chilometri, con condizioni geografiche e clima diversi in quanto va dal Mar d’Azov fino alle foreste di Lugansk. Quando mi chiedono cosa è la guerra, a me viene in mente il fango. Decine e decine di chilometri di fango”. Raggiunto telefonicamente dal Sir è padre Andriy Zelinskyy, cappellano militare della Chiesa greco-cattolica di Ucraina, gesuita, a parlare della vita in trincea, sulle zone orientali di confine. Si è concluso con un fallimento il terzo giro di colloqui diplomatici tra la Nato e la Russia a Vienna e il ministro degli affari esteri polacco Zbigniew Rau, nel suo discorso d’inaugurazione della presidenza polacca del Consiglio Permanente dell’Osce, ha lanciato un allarme: “Sembra che il rischio di guerra nell’area Osce sia oggi maggiore che mai negli ultimi 30 anni. Da diverse settimane affrontiamo il rischio di una forte escalation nell’Europa orientale. Dobbiamo lavorare immediatamente a garanzie di sicurezza per la regione”. Padre Zelinskyy non si scompone e commenta:
“L’esercito ucraino ma in generale tutto il Paese stanno vivendo l’esperienza della guerra già da 8 anni. Per noi non è una notizia”.
“E non è una notizia neanche il fatto che la Russia stia mobilitando sul confine un numero ingente di forze militari. Il paese sta lottando per difendere le sue frontiere e l’esercito ucraino è preparato e pronto. La notizia nuova per noi è un’altra: in questi anni abbiamo perso tanti uomini, ma il resto del mondo e la comunità internazionale – dall’Unione Europea agli Stati Uniti – hanno deciso di non vedere ciò che stava e sta accadendo. Questa indifferenza è stata per noi una ferita grande a livello morale, perché ci siamo sentiti abbandonati. Oggi, rispetto a 8 anni fa, non ci sentiamo soli. Dai Paesi dell’Ue, dagli Usa si sente questo sostegno, non solo a parole ma anche come impegno politico nello sforzo di trovare soluzioni a livello diplomatico, e questo è molto importante”.
Ma lo stallo dei colloqui alza l’asticella del rischio di un’invasione russa dell’Ucraina. E’ quanto teme il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan. Anche il governo della Lituania, che condivide un tratto di confine con la Russia, esprime preoccupazione. Padre Zelinskyy ci racconta come si vive in trincea questo clima di allerta. Sul fronte è impegnato l’esercito professionale e l’età media dei soldati è di 30 anni. “Ci sono situazioni – dice il religioso – che possono generare paura, come quando esplode qualche dispositivo. Non ci sono veri e propri scontri ma ogni tanto parte qualche colpo e questa situazione genera paura. Ma la guerra non è soltanto questo.
La guerra è anche il trascorrere dei giorni, anche 8/9 mesi, in trincea, lontani da tutto, nel fango e nel freddo, con la minaccia continua di essere presi, di poter morire. E tutto questo, con il tempo, fa pressione sulla psiche, logora le menti”.
Le zone di confine sono una distesa di nulla. “Sono andati via tutti. Le famiglie giovani hanno preferito andare in luoghi più sicuri. Sono rimasti nei villaggi soprattutto gli anziani che non possono e anche non vogliono lasciare le loro case”.
E’ di oggi la notizia che numerosi siti del governo ucraino stanno subendo un attacco informatico su larga scala. Da Kiev, padre Zelinskyy ci conferma che anche in Ucraina arrivano solo informazioni generiche e che al momento non esistono rivendicazioni sulla provenienza. Alla luce dello stallo diplomatico, il gesuita si rivolge all’Europa.
“Mi viene solo da dire: è arrivato il tempo di svegliarvi. Noi lo abbiamo già fatto”.
“In Ucraina, la guerra la stiamo vivendo già da 8 anni. La vediamo negli occhi delle persone, nei funerali che celebriamo. Ma attenzione: la Russia non fa guerra all’Ucraina e le sue ambizioni sono più grandi, vanno oltre il nostro Paese. La comunità internazionale deve svegliarsi. L’avvenire dipende da noi tutti. Se lo affrontiamo insieme, ce la faremo. Altrimenti le conseguenze saranno gravi, non soltanto in Ucraina”.
Il ruolo della Chiesa nel paese è essenzialmente quello di essere al servizio e a fianco delle persone- “La Chiesa serve”, conferma il gesuita. “La Chiesa, in tutte le sue espressioni, è al servizio dell’umanità che è in ogni uomo e a protezione della vita umana da ogni violenza. La Chiesa si mette a fianco soprattutto di chi è più minacciano nella sua umanità: i militari, i poveri, gli sfollati. È la spiritualità della Chiesa di Kiev: essere tra la gente.
Ma c’è di più: la Chiesa sente di dover servire soprattutto per guarire le ferite della guerra. Sono i soldati in trincea, le madri che hanno perso un figlio, i figli che hanno perso i padri, le famiglie che hanno lasciato le case. Ce ne sono tanti e la Chiesa sente di dover mettersi in questo servizio”.