"Strage dei bambini", così l’Italia non tutelò il diritto alla vita dei migranti
Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite accusa l’Italia per il naufragio del 2013 in cui persero la vita 200 persone, tra cui 60 minori
La chiamano “la strage dei bambini” ed è una delle più grandi tragedie del Mediterraneo. Nel naufragio persero la vita 200 persone, tra cui 60 minori. Ora, a distanza di 8 anni, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite (Human Rights Committee) accusa l'Italia di non aver tutelato il diritto alla vita delle persone che erano a bordo della nave affondata nel Mediterraneo nel 2013. In particolare, in una decisione pubblicata oggi, il Comitato per i diritti umani affermato che “l'Italia non ha risposto prontamente a varie chiamate di soccorso dalla barca che trasportava più di 400 adulti e bambini”.
La decisione del Comitato risponde a una denuncia congiunta presentata da tre siriani e un cittadino palestinese, sopravvissuti all'incidente, ma che hanno perso le loro famiglie nel naufragio. Nella ricostruzione dei fatti raccontano di essere arrivati il 10 ottobre 2013 a Zuwarah, in Libia, e di essersi uniti a un folto gruppo di persone in gran parte in fuga dalla Siria. Si sono imbarcati su un peschereccio e sono salpati intorno all'una di notte. Poche ore dopo, la nave è stata colpita da una barca battente bandiera berbera in acque internazionali e ha iniziato a imbarcare acqua, a 113 km a sud dell'isola italiana di Lampedusa e 218 km a sud di Malta.
La ricostruzione dei fatti
Una persona a bordo ha chiamato il numero italiano per le emergenze in mare, dicendo che stavano affondando e inoltrando le coordinate della barca. Ha chiamato più volte nelle ore successive, ma dopo le 13:00 è stato informato che, poiché si trovavano nella zona di ricerca e soccorso maltese, le autorità italiane avevano inoltrato la loro chiamata di soccorso all'autorità maltese. Nonostante l'emergenza, è stato trasmesso loro solo il numero di telefono del Centro di coordinamento dei soccorsi di Malta. I migranti hanno fatto diverse telefonate, sempre più disperate, al Centro di coordinamento del soccorso e alle Forze armate di Malta tra le 13:00 e le 15:00. Quando una motovedetta maltese è arrivata sulla scena alle 17:50, la nave si era già capovolta. Come da richiesta urgente di Malta, l'Italia ha infine ordinato alla sua nave della marina militare ITS Libra, che era nelle vicinanze della barca, di venire in soccorso dopo le 18:00.
A causa del ritardo nell'azione, oltre 200 persone, tra cui 60 bambini, sono annegate. Alcuni migranti sopravvissuti hanno portato le autorità italiane davanti a vari tribunali e al Comitato poiché l'Italia non ha adottato misure appropriate per salvare i loro parenti, e quindi ha violato il loro diritto alla vita.
Gli Stati sono tenuti a proteggere la vita delle persone
“È un caso complesso. L'incidente è avvenuto nelle acque internazionali all'interno della zona di ricerca e soccorso maltese, ma il luogo era effettivamente più vicino all'Italia e ad una delle sue navi militari. Se le autorità italiane avessero diretto immediatamente le loro navi dopo le chiamate di soccorso, il salvataggio ci sarebbe stato al più tardi due ore prima che affondasse", ha detto il membro del comitato Hélène Tigroudja. “Gli Stati sono tenuti, in base al diritto internazionale del mare, a prendere provvedimenti per proteggere la vita di tutti gli individui che si trovano in una situazione di pericolo in mare. Anche se la nave che stava affondando non si trovava nella zona di ricerca e soccorso italiana, le autorità italiane avevano il dovere di sostenere la missione di ricerca e soccorso per salvare le vite dei migranti. L'azione ritardata dell'Italia ha avuto un impatto diretto sulla perdita di centinaia di vite", ha aggiunto Tigroudja.
Il Comitato ha sollecitato l'Italia a procedere con un'indagine indipendente e tempestiva e a perseguire i responsabili. Anche l'Italia e gli altri paesi coinvolti nella tragedia devono fornire un rimedio efficace a coloro che hanno perso la famiglia nell'incidente. Un reclamo parallelo presentato contro Malta è stato respinto dal Comitato poiché i querelanti non hanno avviato procedimenti legali davanti ai tribunali di Malta, che è uno dei requisiti, prima di presentare il loro caso al Comitato.