Sfruttati e privati di ogni diritto, la situazione dei lavoratori migranti negli Emirati Arabi
Tra le condizioni più critiche ci sono senza dubbio quelle del settore edile. I lavoratori sfruttati, pagati quattro soldi e senza protezione sono soprattutto gli stranieri che si sono occupati della costruzione dei grattacieli tra Abu Dhabi e Dubai e compongono più dell’80% della popolazione del paese
Sfruttati senza pietà, pagati quattro soldi e privati di ogni diritto: è questa la situazione a cui sono sottoposti moltissimi lavoratori migranti negli Emirati Arabi Uniti. Sono loro che si sono occupati della costruzione dei grattacieli tra Abu Dhabi e Dubai e compongono più dell’80% della popolazione del paese.
La conferma dei social. Basta analizzare gli annunci di ricerca personale su Facebook per capire che le cose sono messe davvero male. Su Dubai, per esempio, ci sono decine di messaggi di questo tenore: “Cercasi urgentemente collaboratori domestici. Dodici ore al giorno per 26 giorni al mese, stipendio 1.100 AED. Si garantisce alloggio, cibo, età compresa tra i 21 e i 35 anni”. Oppure: “Cercasi urgentemente addetti nel settore dell’edilizia. Stipendio 1.000 AED per 12 ore di lavoro quotidiane”. E ancora: “Servono tre addetti alle pulizie. Stipendio 1.050 AED per 12 ore di lavoro. Garantita accomodation e trasporti. Offerta rivolta solo a candidati nepalesi, del Bangladesh, indiani, pakistani”.
Le cifre. Mille dirham corrispondono all’incirca a 220 euro. Poco più di una mancia, se si pensa che il costo della vita per alcuni beni è anche più alto del nostro. Oltre a questo, i lavoratori migranti cercano di inviare alle proprie famiglie di origine la maggior parte di quanto guadagnato.
Sfruttamento. Tra le condizioni più critiche ci sono senza dubbio quelle del settore edile. In questo caso i racconti parlano di ore e ore passate sotto il sole, con temperature che arrivano a 50 gradi. E la pandemia ha peggiorato ancora di più le cose, togliendo anche ogni rete sociale di supporto.
Il meccanismo. Tutto questo è possibile perché l’intero sistema è basato su rapporti di lavoro profondamenti ingiusti anche nella loro struttura: si tratta del cosiddetto Kafala, che rende di fatto sottomesso il lavoratore migrante al datore. Chi dovesse scegliere di andare via, per esempio, rischierebbe di essere condannato per fuga. E non si parla solo di sanzioni monetarie, ma anche di prigione ed espulsione.
Nessuna protezione. Nel paese non ci sono sindacati e la maggioranza della popolazione vede così violati i propri diritti fondamentali. Proprio a causa del meccanismo del Kafala, per esempio, il datore di lavoro si tiene il passaporto del migrante e ha facoltà di stabilire quante ore lavorerà effettivamente e dove alleggerà, arrivando addirittura a dettagliare quali sono le condizioni per utilizzare il bagno.
L’articolo integrale di Graziano Masperi, “Emirati Arabi, violati sistematicamente i diritti umani dei lavoratori migranti”, può essere letto su Osservatorio Diritti.