Povertà educativa. L'emergenza della pandemia non è solo sanitaria
Si sono susseguiti, in questo periodo, gli allarmi di esperti pedagogisti sulle conseguenze dell’emergenza, sulla povertà, appunto, relativa alle conoscenze e alla formazione complessiva dei più giovani.
Povertà educativa. Mai come oggi si riesce a comprendere cosa significhi e oltretutto i termini acquistano un’ampiezza particolare. Infatti se si considera quello che sta succedendo nella scuola italiana e la prolungata assenza dalle aule scolastiche degli studenti delle superiori, non si può non riflettere sugli effetti negativi, sulla povertà, appunto, che ne consegue in termini di istruzione ed educazione delle nuove generazioni.
Va bene la didattica a distanza, vanno bene le mille iniziative inventate da tanti istituti per raggiungere i propri allievi, ma indubbiamente la scuola è ben altra cosa e si sono susseguiti, in questo periodo, gli allarmi di esperti pedagogisti sulle conseguenze dell’emergenza, sulla povertà, appunto, relativa alle conoscenze e alla formazione complessiva dei più giovani.
A parte questo scenario ampio, per cui possiamo parlare di povertà educativa in generale, esiste poi un focus più limitato e specifico che riguarda la preoccupazione specialmente rivolta alle fasce deboli e ai gruppi più fragili, per i quali l’emergenza – non quella sanitaria attuale – è condizione abituale.
Di questo ha parlato la ministra Azzolina nei giorni scorsi al Ministero, incontrando le realtà del Terzo settore e dell’Associazionismo con le quali avviare interventi mirati proprio a contrastare le povertà educative, interventi per i quali è stato annunciato uno stanziamento del Ministero di 118 milioni di euro per il 2021.
“La crisi – ha spiegato Azzolina – ha pesato e pesa in modo diverso sui nostri studenti. Chi appartiene alle fasce deboli paga due volte questa emergenza che ha aumentato i divari sociali, rendendo ancora più urgente la necessità di garantire pari opportunità ai gruppi sociali più fragili”. E ha poi aggiunto che “fin dall’inizio della pandemia, grazie anche alle azioni intraprese con partner di alto livello, l’obiettivo è stato quello di raggiungere i più deboli, i ragazzi a rischio dispersione scolastica, quelli che vivono in condizioni di svantaggio. Un lavoro spesso poco visibile, che si svolge nelle periferie, lontano dagli sguardi della maggior parte dei cittadini, che tocca milioni di bambine e bambini, ragazze e ragazzi che non hanno tutti i mezzi che dovrebbero e di cui lo Stato ha il dovere di occuparsi”.
Il Ministero – spiega una nota di Viale Trastevere – ha messo a disposizione già nel 2020 apposite risorse per 66 milioni di euro tra interventi e progetti contro la dispersione, per il potenziamento dell’offerta formativa, per gli investimenti destinati a ripristinare aule e strutture deteriorate e vandalizzate e inoltre per garantire connessioni e pc dove non ci sono, anche a supporto della didattica a distanza che tanto ha caratterizzato questo tempo di emergenza sanitaria. Adesso il rilancio, con un investimento ancora maggiore.
E a fianco delle risorse economiche vale sottolineare l’investimento nella cooperazione educativa e nella ricerca di alleanze con agenzie e associazioni nella convinzione che solo insieme si può favorire l’inclusione e la promozione di chi ha più bisogno. Perché “nessuno resti indietro”, ha sottolineato Azzolina.
E’ un buon inizio per il nuovo anno.