Omicidio di Adil, l’appello di 236 ricercatori per non dimenticare i lavoratori invisibili

Il documento nasce in memoria del sindacalista ucciso da un camion durante un presidio per i diritti sul lavoro all'ingresso del centro distribuzione Lidl di Biandrate (Novara). “C’è un legame tra l’accelerazione dei consumi, il ribasso dei prezzi e i diritti negati dei lavoratori: alziamo il velo che nasconde la violenza e l’ingiustizia”

Omicidio di Adil, l’appello di 236 ricercatori per non dimenticare i lavoratori invisibili

“Siamo ricercatrici e ricercatori che si considerano mobilitati dall'uccisione di Adil Belakhdim. Per quanto consapevoli che non saranno i nostri appelli a modificare le cause profonde di questa tragedia, riteniamo necessario rendere esplicito il legame che esiste – anche se spesso negato o reso invisibile – tra questa vicenda, le dinamiche che lo hanno prodotto e la vita quotidiana di tutti i cittadini”. Inizia così l’appello lanciato da 236 ricercatori e ricercatrici per Adil Belakhdim, il sindacalista ucciso da un camion a Biandrate, in provincia di Novara, durante un presidio per i diritti sul lavoro all'ingresso del centro distribuzione Lidl. Dopo la sua morte, un moto di indignazione ha attraversato il dibattito pubblico, nel quale si è ricominciato a parlare di diritti dei lavoratori, in particolare della logistica.

Nei mesi del lockdown le nostre vite sono interamente dipese dal lavoro di magazzinieri, spedizionieri e facchini che ci hanno consentito di fronteggiare l'emergenza rimanendo a casa – continua l’appello –. È il lavoro vivo delle donne e degli uomini impiegati nel settore della logistica ad aver infrastrutturato e consentito il trasferimento delle nostre attività quotidiane e la didattica a distanza dei nostri figli nelle abitazioni private e sulle piattaforme, sono loro ad aver rifornito i punti vendita della grande distribuzione alimentare. Ma la ‘ripartenza’ alla quale stiamo assistendo sembra voler ricacciare nell'invisibilità queste lavoratrici e questi lavoratori, incastrarli in un sistema di appalti e subappalti che abbassa i salari, intensifica il lavoro, frammenta le lotte. E quando le lotte comunque si danno, il tentativo è quello di sedarle ricorrendo al reclutamento di picchiatori troppo spesso lasciati agire indisturbati, ai ricatti e ora all'omicidio. Quella che in questo modo si vorrebbe ripristinare è l'invisibilità di una forza lavoro spesso migrante che viene svalutata, sfruttata e deprezzata al punto da rendere alcune vite più sacrificabili di altre”.
Secondo i firmatari dell’appello, l’accelerazione dei consumi e della circolazione delle merci, con un consumatore compulsivamente orientato al prezzo più basso e alla consegna più rapida, viene scaricata tutta sul lavoro, in particolare per quanto concerne i suoi contenuti, i suoi ritmi, le sue condizioni contrattuali, i suoi diritti. “La morte di una persona che cercava, insieme ad altri, di rappresentare questa contraddizione e di esigerne la ricerca di soluzioni è tragico sintomo della profondità di questa contraddizione e della posta in gioco – continua il documento –. Fuori di ogni retorica, sono in gioco vite di persone. Rendere esplicito ed evidente tutto ciò è il primo, indispensabile passo perché se ne riconosca la responsabilità collettiva, di tutti e non solo di chi è più immediatamente coinvolto”.
L’appello si conclude con un invito a non dimenticare e dare visibilità con ogni mezzo alla condizione dei lavoratori sfruttati: “Come lavoratrici e lavoratori del mondo della ricerca, anch’esso naturalmente attraversato da queste contraddizioni, crediamo che sia parte del nostro mandato istituzionale alzare il velo che nasconde la violenza e l’ingiustizia della fabbrica-mondo dietro la brillantezza delle vetrine dei consumi globali e digitalizzati, rendere esplicite le relazioni che legano le nostre forme di vita con quelle di coloro che nel sottoscala della fabbrica-mondo fanno più intensamente esperienza di quella violenza e di quella ingiustizia, produrne consapevolezza nelle nuove generazioni con cui interagiamo nella nostra pratica scientifica e didattica e contribuire a creare le condizioni perché si rigeneri e si allarghi l’intelligenza della solidarietà”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)