Myanmar: in fiamme la chiesa cattolica di St. Matthew di Dognekhu (Stato di Kayah). Parroco e fedeli vivono da mesi nella giungla
Il Myanmar brucia. I militari della giunta non cessano di appiccare il fuoco distruggendo interi villaggi e obbligando migliaia di persone a fuggire.
Oggi alle 15.30, ora locale, anche la chiesa cattolica di St. Matthew è stata bruciata dalla giunta militare birmana. È una chiesa parrocchiale di Dognekhu, comune di Phruso, Stato di Kayah. A farlo sapere al Sir è padre Francisco Soe Naing, cancelliere della diocesi di Loikaw. “I terroristi della giunta sanno solo come distruggere le proprietà delle persone e bruciare case e villaggi”, dice. “Non sappiamo se ci sono i feriti. Penso che nessuno sia rimasto nel villaggio. Tutti devono fuggire all’attacco della giunta: altrimenti vengono brutalmente uccisi. Sappiamo che i parrocchiani e il parroco di quella parrocchia vivono da mesi nella giungla poiché non è sicuro vivere nel villaggio”.
Il territorio della parrocchia di Dognekhu comprende 6 villaggi. Nella parrocchia esistono 473 case cattoliche dove vivono 512 famiglie cattoliche. Vi risiedono circa 2.560 fedeli cattolici. Due sacerdoti, 6 catechisti e 10 “assistenti permanenti” stanno servendo il popolo di Dio nella parrocchia. Ieri, i vescovi cattolici del Myanmar avevano pubblicato in lingua inglese un comunicato al termine della loro assemblea generale per esprimere preoccupazione per la situazione di fragilità in cui vivono migliaia di civili a causa dell’instabilità politica e del conflitto. “La dignità umana e il diritto alla vita non possono essere mai violati”, hanno scritto i presuli. “Chiediamo con forza il rispetto per la vita e per la sacralità dei luoghi di culto, degli ospedali e delle scuole”. Secondo i dati delle ong, dall’inizio del colpo di Stato del 1° febbraio 2021, più di 1.929 civili sono stati uccisi e 11.000 arrestati e secondo l’Unchr, più di 800.000 sono gli sfollati interni. Anche negli ultimi mesi, la giunta militare ha continuato a prendere di mira le chiese e le sue istituzioni.
Decine di chiese, comprese le chiese cattoliche negli Stati di Kayah e Chin, sono state distrutte da attacchi aerei e bombardamenti di artiglieria mentre migliaia di persone, compresi i cristiani, sono sfollati o in fuga nella vicina India. Almeno 450 case – secondo quanto riporta l’agenzia cattolica di informazione UcaNews – sono state date alle fiamme dalle truppe della giunta negli storici villaggi cattolici di Chan Thar e Chaung Yoe nella regione di Sagaing nel corso dell’ultimo mese circa. La Conferenza episcopale denuncia lo stato di ansia e la mancanza di sicurezza in cui si trovano le persone, “in particolare gli anziani, i disabili, i bambini, le donne e i malati”. I vescovi esprimono anche la loro gratitudine “ai sacerdoti, ai diaconi, alle religiose, ai catechisti e ai volontari che cercano di sostenere e assistere i civili che fuggono in luoghi più sicuri”.
La Conferenza episcopale incoraggia sacerdoti, suore e cattolici a continuare a fornire assistenza umanitaria alle persone che “stanno affrontando difficoltà senza precedenti a causa dell’attuale situazione politica” senza fare alcun tipo di discriminazione. I vescovi chiedono con forza che si lavori per la “giustizia, la pace e la riconciliazione”, facilitando “l’accesso umanitario alle persone sofferenti e agli sfollati interni al fine di fornire loro l’assistenza umanitaria di base di cui necessitano”. E concludono: la Conferenza episcopale “è al fianco dei civili e continuerà a sostenere i bisogni delle persone indipendentemente dalla loro fede, razza ed etnia”.