Migranti morti in mare, l'appello: "Ripristinare sistema di soccorso"
Due naufragi nel Mediterraneo. Le associazioni esprimono sconcerto e indignazione. Unhcr: "Revocare immediatamente le misure che dissuadono le Ong dal compiere operazioni di salvataggio". Msf: "All'Europa ancora sfugge il responsabile morale di queste morti". Apg XXIII: "Canali di ingresso sicuri"
ROMA - Sono due i naufragi avvenuti nei giorni scorsi nel Mediterraneo. Oltre a quello in cui hanno perso la vita 117 migranti a nord della Libia, dalle ong arriva la notizia di un'altra tragedia nel mare di Alborán in cui sono morte 53 persone.
"Secondo recenti notizie diffuse dalle Ong - scrive l'Unhcr in una nota - circa 53 persone sono morte nel Mare di Alborán, nel Mediterraneo occidentale. E’ stato riferito che un sopravvissuto, dopo essere rimasto in balia delle onde per oltre 24 ore, è stato soccorso da un peschereccio di passaggio e sta ricevendo cure mediche in Marocco. Per diversi giorni navi di soccorso marocchine e spagnole hanno effettuato le operazioni di ricerca dell’imbarcazione e dei sopravvissuti, senza risultati. La Marina Militare italiana ha riportato, inoltre, di un ulteriore naufragio nel Mediterraneo centrale. Tre sopravvissuti, portati a Lampedusa per ricevere assistenza medica, hanno riferito che altre 117 persone, attualmente date per morte o disperse, erano partite con loro dalla Libia. L’Unhcr non ha potuto verificare in modo indipendente il bilancio delle vittime per entrambi i naufragi".
“Non si può permettere che la tragedia in corso nel Mediterraneo continui”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Non possiamo chiudere gli occhi di fronte all’elevato numero di persone che stanno perdendo la vita alle porte dell’Europa. Nessuno sforzo deve essere risparmiato, o precluso, per salvare le vite di quanti sono in pericolo in mare”.
"Nel 2018, 2.262 persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa lungo le rotte del Mediterraneo. L’Unhcr è preoccupata che le azioni degli Stati dissuadano sempre più le Ong dall’effettuare operazioni di ricerca e soccorso, e lancia un appello affinché siano revocate immediatamente. Allo stesso tempo, sono necessari sforzi ancora maggiori per impedire che rifugiati e migranti intraprendano viaggi disperati in primo luogo. Sono necessarie più vie sicure e legali di accesso alle procedure d’asilo in Europa per quanti fuggono da guerre e persecuzioni, in modo che nessuno sia costretto a credere che non esista altra possibilità se non quella di affidarsi a trafficanti senza scrupoli".
“Gli effetti delle politiche europee sono davanti agli occhi di tutti - si legge in una nota di Medici senza frontiere - . Dopo avere contribuito a svuotare il Mediterraneo dalle barche di salvataggio, dopo aver finanziato la Guardia costiera libica condannando migliaia di persone a finire rinchiuse nei centri di detenzione e tornare ad essere vittime della tratta, dopo aver annunciato la chiusura di porti e messo a fine a ogni forma di umanità, all'Europa ancora sfugge il responsabile morale di queste morti. Ogni governo che non prende l'iniziativa per il ripristino di un sistema di ricerca e soccorso nel Mediterraneo concordato a livello europeo è responsabile di queste morti e di quelle che verranno. Msf continuerà a chiedere che venga messo al primo posto l’obbligo di salvare vite umane per evitare altre morti. Servono vie legali e sicure per le persone in fuga verso l’Europa e un sistema di ricerca e soccorso in mare”.
"Occorre potenziare viaggi sicuri e legali per queste persone sia con un decreto flussi sia con i corridoi umanitari. Inoltre occorre aumentare la percentuale di PIL da destinare alla cooperazione allo sviluppo con l'Africa". È il commento di Giovanni Paolo Ramonda,presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. La comunità fondata da Don Benzi ha già accolto due gruppi di migranti arrivati dalla Libia con i corridoi umanitari in novembre e dicembre. "L'Europa dovrebbe verificare il rispetto dei diritti umani in Libia", conclude Ramonda.
"Sono morti che devono pesare sulla coscienza di tutti": dichiara don Luigi Ciotti, presidente di Libera e del Gruppo Abele. "Proviamo un immenso dolore per queste morti innocenti. Sono morti che devono pesare sulle coscienze di tutti. Basta ai venditori di illusioni, basta a chi fa propaganda su queste tragedie, basta a chi cerca scorciatoie con leggi che negano i diritti, alimentano illegalità e disperazione. Le migrazioni non vanno sottovalutate ma governate in modo intelligente. Ma se non si arresta il modo di pensare oggi prevalente gli effetti saranno devastanti. Ancora più devastanti di quelli che già vediamo intorno a noi. Non ci sentiamo comodamente dalla parte giusta. La parte giusta non è un luogo dove stare ma piuttosto un orizzonte da raggiungere insieme. Nella chiarezza e nel rispetto delle persone. Non mostrando i muscoli e accanendosi contro le fragilità e la disperazione delle persone".
"Ancora morti, ancora ipocrisia e cinismo", scrive in una nota Franco Monnicchi, presidente di Emmaus Italia. "Siamo perfettamente coscienti che la responsabilità non è solo dell’Italia, ma utilizzare qualsiasi tipo di argomentazione per non prendersi le proprie, di responsabilità, e per giustificare scelte politiche disumane ed egoistiche è davvero immorale. Far morire le persone in mare: quello sì che è un crimine contro l’umanità, e chi lo consente non è moralmente e umanamente assolvibile. Noi non ci arrenderemo mai a questa disumanità e guardiamo con grande preoccupazione e apprensione al destino dei nostri fratelli, cui saremo sempre vicini con tutte le nostre forze e con tutti i nostri mezzi".