Lombardia, case popolari: graduatorie al via e servizi sociali a rischio collasso
Il 16 settembre parte il bando per le case popolari a Milano. Ma la nuova legge prevede per i più poveri (Isee sotto i 3000) un “attestato di indigenza” e la presa in carico dei Servizi Sociali del Comune. Nessuno è attrezzato a farlo
MILANO - Serpeggiano timori fra i servizi sociali dei comuni lombardi. Timori fondati. L'ultima legge di Regione Lombardia sull'edilizia popolare rischia di mandarli al collasso. Da qualche settimana in vari comuni della regione sono attive le procedure per rinnovare le graduatorie e chiedere di accedere a una casa popolare. A Milano si parte il 16 settembre e chi vuole chiedere un alloggio Aler (Azienda lombarda di edilizia residenziale) o un appartamento comunale gestito da MM (Metropolitana milanese) ha tempo fino a al 2 dicembre 2019. Le vecchie graduatorie – quella di Milano contava quasi 26 mila nuclei familiari, a fronte di poco meno di mille nuove assegnazioni all'anno – ora vanno azzerate e riformulate in base alla nuova normativa. Cioè la legge regionale 16 del 2016 e il regolamento attuativo del 2017 (“Disciplina della programmazione dell'offerta abitativa pubblica e sociale e dell'accesso e della permanenza nei servizi abitativi pubblici”) che sono stati sperimentati per 12 mesi su quattro comuni dell'hinterland milanese.
Che cosa prevedono? Fra i punti più controversi c'è quello relativo alla povertà assoluta. Le assegnazioni di appartamenti a nuclei familiari in condizione di indigenza (cioè con Isee pari o inferiore a 3000) non potranno essere superiori al 20 per cento del totale delle case disponibili per quell'anno solare. Un modo questo - spiegano i sindacati - per estromettere una fetta importante di povertà dal sistema delle case popolari e risanare quindi gli enti gestori, sopratutto le Aler, che sono piene di buchi finanziari e debiti accumulati negli anni. Ma c'è di più. Non basta avere un Isee sotto i 3000 per essere considerati sufficientemente poveri. La maggioranza di centrodestra in Regione ha previsto anche che siano i servizi sociali nel comune di residenza a rilasciare una “attestazione di indigenza”. Così la chiama l'Aler Lombardia sul proprio sito internet. Un certificato che dimostri come, si legge nel regolamento regionale, “ i servizi sociali del Comune di residenza a seguito di valutazione delle condizioni personali, familiari e lavorative, attestano che l'insieme delle predette condizioni sono tali da non consentire di soddisfare autonomamente i bisogni primari del nucleo stesso”. Un documento che, nelle intenzioni di chi ha scritto la norma, dovrebbe costituire il primo passo di una “presa in carico” da parte dei Servizi e che, nel caso in cui l'unità abitativa per cui si è fatto domanda venga effettivamente assegnata, dovrà concretizzarsi in un “progetto individuale finalizzato al recupero dell'autonomia economica e sociale, che preveda un percorso di supporto ed accompagnamento del nucleo indigente” anche attraverso l'erogazione di un contributo regionale di solidarietà. E qui nasce un problema: nessun servizio sociale – nemmeno uno robusto come quello di Milano, negli scorsi mesi rafforzato dalle assunzioni di nuovi assistenti sociali per rispondere ai problemi della marginalità sulla città – è attrezzato per farsi carico da solo di centinaia di famiglie che non hanno nessuna particolare situazione problematica se non quella di non avere redditi sufficienti per permettersi una casa. Si sta cercando un'interlocuzione con Regione Lombardia su questo punto per mettere una pezza. Rimane il fatto che fra 10 giorni i bandi si aprono e le domande vanno presentate salvo ulteriori rinvii.