Libano. P. Abboud (Caritas): “Ormai si va avanti alla giornata”
Si aggrava sempre più la posizione del Libano, paese preda della sua peggiore crisi economica e politica degli ultimi 30 anni che lo ha costretto a dichiarare default a marzo 2020. Una lunghissima crisi politica impedisce dal 2019 la formazione di un Governo stabile capace di approvare quelle riforme auspicate dalla Comunità internazionale per dare il via al piano di aiuti e di risanamento. A fare le spese di questa situazione è la popolazione locale e rifugiati alle prese con la svalutazione della lira libanese, l’aumento dei prezzi dei beni al consumo, la disoccupazione e la corruzione della classe politica. E come se non bastasse da diverse settimane deve fare fronte anche alla penuria di energia elettrica e di combustibile. Ne abbiamo parlato con padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano
“La situazione è in continuo peggioramento. La lira libanese (Lpb) perde ogni giorno il suo valore, più del 90% dal 2019 a oggi. Chi ha ancora la fortuna di avere un lavoro retribuito, anche statale, non può permettersi nemmeno di comprare il necessario per vivere. Se prima percepiva, per esempio, 1000 dollari oggi arriva a malapena a 50. Questi sono i nuovi poveri del Libano. Prima di questa crisi i poveri erano coloro che non avevano un lavoro. Oggi anche chi ha un impiego viene alla Caritas per ricevere aiuto”.
“Lavorare dalla mattina alla sera non basta a garantire la sussistenza. Si va avanti alla giornata”.
Padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano, commenta così al Sir le notizie che giungono dal Paese dei Cedri che da settimane vive una grave penuria di acqua, elettricità, benzina, medicinali a causa dell’assenza di soldi per acquistare le materie prime. La crisi economica emersa in tutta la sua gravità due anni fa e aggravata dalla pandemia e dalle sanzioni Usa alla vicina Siria, morde ogni giorno di più. E la politica non riesce a trovare la via per formare un nuovo Governo. Sono sempre di più gli episodi di violenza, legati all’aumento di tensione sociale specialmente nelle aree più depresse del paese: incidenti e scontri, anche con armi da fuoco, per avere la priorità nelle lunghe code ai benzinai, ai fornai o alle cisterne d’acqua.
Emergenza elettrica. Preoccupa sempre più la mancanza di combustibile necessario per alimentare le centrali elettriche del Paese, generatori di corrente e pompe idrauliche. Un primo carico arriverà la settimana prossima dall’Iraq passando per gli Emirati Arabi Uniti. Il governo dimissionario di Beirut negozia con Damasco il passaggio, attraverso il territorio siriano, di energia elettrica dalla Giordania e con l’Egitto la fornitura di gas naturale. A loro volta i vertici del movimento sciita libanese filo-iraniano Hezbollah confermano che un primo cargo navale proveniente dall’Iran con un carico di petrolio è in arrivo al porto di Beirut. Ma il Governo smentisce, anche perché impegnato a rispettare il regime di sanzioni Usa contro le importazioni del Libano di materie e prodotti dall’Iran. Ieri il segretario generale per gli affari umanitari e il coordinatore dei soccorsi di emergenza delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, ha annunciato la concessione di dieci milioni di dollari in aiuti al Libano per far fronte alla crisi del carburante.
Priorità cibo. Il pensiero di padre Abboud va “ai tanti malati la cui sopravvivenza è legata ai respiratori e alle terapie intensive. E non mi riferisco solo ai malati di Covid-19. La mancata erogazione di energia elettrica in maniera continuata mette a rischio la vita di tanti pazienti. Molti sono morti per questo motivo. Mancano anche le medicine per curare le malattie croniche come il diabete. Altra emergenza è rappresentata dalla penuria di latte per i bambini. Come Caritas stiamo cercando di portarlo da fuori. Siamo anche impegnati a pagare le rette ospedaliere e le operazioni delle persone ricoverate. Le strutture sanitarie pubbliche, infatti, non coprono tutte le spese mediche ma solo una parte. La differenza deve essere versata dal paziente che non ha soldi”. “Oggi in Libano – sottolinea il presidente della Caritas – l’emergenza non è dare aiuto e supporto psicologico alla popolazione ma darle da mangiare.
La priorità è riuscire a trovare da mangiare ogni giorno.
Una fascia dei libanesi riesce ad andare avanti grazie agli aiuti economici che arrivano da amici e parenti che vivono all’estero, diversamente sarebbero alla fame”.
Scuole al collasso. Per i prossimi mesi le prospettive non sono migliori, “forse anche peggiori delle attuali”. La mancanza di carburante ha provocato l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio e questo di fatto impedisce a molti di muoversi per andare “a lavoro, a curarsi e a scuola”. “Il 27 settembre prossimo è previsto l’inizio del nuovo anno scolastico ma nessuno qui sa se le scuole potranno riaprire o meno. Le scuole private, anche quelle cattoliche, del Paese – spiega padre Abboud – sono in grande difficoltà perché le famiglie non possono pagare la retta scolastica a causa della crisi. I professori non percepiscono da mesi lo stipendio. Con l’Oeuvre d’Orient, charity francese che aiuta i cristiani del Medio Oriente, stiamo mettendo a punto un progetto per cercare di aiutare istituti, professori e alunni. Ma ci servirà tanto aiuto”.
Covid-19. Altro nemico da fronteggiare, più subdolo della crisi economica e finanziaria, è il Covid-19: “i contagi – dichiara il presidente della Caritas – stanno crescendo quotidianamente. Abbiamo molta paura per il prossimo autunno, quando pensiamo che la pandemia possa tornare a mietere vittime tra i libanesi. Il rischio di nuovi lockdown è reale. Questo – spiega – vorrebbe dire il blocco di ogni attività con conseguenze devastanti per l’economia già allo stremo. Stiamo già pensando, come Caritas di organizzare delle consegne di cibo porta a porta per tutti coloro che avranno bisogno. Ad oggi in tutto il Libano assistiamo circa 53mila famiglie ma in futuro potrebbero essere molte di più. Abbiamo bisogno di aiuto e ci affidiamo alle chiese sorelle, a quella italiana, ai benefattori sparsi nel mondo: a tutti diciamo di non dimenticare il Libano e i libanesi”.
“Il nostro Paese – aggiunge – sta subendo un esodo di giovani e famiglie che riparano all’estero in cerca di un futuro migliore”.
Solo negli ultimi mesi si stima che siano emigrati all’estero oltre 1.100 medici e circa 1.000 insegnanti. Si tratta di “un esodo che coinvolge anche molti cristiani e che potrebbe metterne a rischio la presenza nel Paese. Senza cristiani il Libano perderebbe una parte del suo profumo, la sua esistenza verrebbe minata alla base. Il Libano ha bisogno dei cristiani”.
Giorno per giorno. Nonostante tutto i libanesi cercano di non perdere la speranza. Questa, adesso, è riposta nella formazione di un nuovo Governo che traghetti il Libano verso le riforme richieste dalla Comunità internazionale necessarie per attivare il piano di aiuti. “Ma se non si trova un accordo tra i partiti – avverte il religioso – non resta che una cosa da fare: andare avanti alla giornata”. “Siamo in un tunnel del quale non si vede la fine – conclude padre Abboud — Abbiamo bisogno di aiuto per continuare a sperare e aiutare gli altri. Cibo, medicine, denaro per ospedali e soprattutto le scuole.
Da questa crisi, infatti, non si esce solo con il pane ma anche con il libro, con l’istruzione.
Bisogna formare i giovani libanesi perché prendano in mano le redini del loro Paese per garantirgli un futuro luminoso”.