Legge di bilancio e elezioni europee. Nota politica

La legge di bilancio è diventata un biglietto da visita con cui presentarsi alle urne e ogni partito ha cercato di ottenere risultati spendibili in termini di consenso

Legge di bilancio e elezioni europee. Nota politica

Quando, nello scorso ottobre, il Consiglio dei ministri ha varato la legge di bilancio e l’ha presentata in Parlamento, la premier Meloni ha dichiarato di confidare in un’approvazione in “tempi brevi”. Era l’auspicio di un cambio di passo dopo che negli ultimi anni la manovra economica era arrivata al traguardo in extremis, tra Natale e la fatidica scadenza del 31 dicembre. Per di più a colpi di fiducia e soprattutto costringendo una delle due Camere a un esame frettoloso e formale, senza la possibilità materiale di apportare modifiche al testo uscito dall’altro ramo del Parlamento. Ogni anno si poteva addurre una motivazione plausibile: la pandemia, il cambio di governo, la fine anticipata della legislatura. Ma in realtà si è andato consolidando un vizio di sistema, che chiama in causa da un lato gli effetti del “bicameralismo perfetto” e la crisi della funzione legislativa del Parlamento – soverchiato dalle iniziative dell’esecutivo – e dall’altro i comportamenti dei partiti e la litigiosità all’interno delle coalizioni. Quest’anno sembrava possibile un’inversione di tendenza. Non che mancassero gravi problemi internazionali, purtroppo, ma l’assetto politico interno – con una maggioranza dai numeri solidi e una leadership riconosciuta – rendeva verosimile la prospettiva di una conduzione fisiologica della sessione di bilancio. Invece l’esito è stato analogo a quello degli scorsi anni.
Tra i fattori che possono spiegare questo andamento ce n’è uno che spicca sugli altri: nell’anno che sta per iniziare sono in programma le elezioni europee, un appuntamento che influenza in modo determinante le mosse dei partiti almeno dall’inizio del 2023. Il motivo risiede nell’oggettiva rilevanza che ha assunto il rinnovo del Parlamento europeo, molto superiore rispetto al passato, ma anche nel fatto che si vota con il sistema proporzionale e quindi ogni forza politica gioca la sua partita autonomamente, a prescindere dalle alleanze. Anzi, la competizione è più serrata proprio tra i soggetti che si contendono elettorati contigui e in certa misura sovrapponibili. Le europee, insomma, rappresentano l’occasione privilegiata per misurare i rapporti di forza all’interno delle coalizioni, a cominciare naturalmente da quella di governo. In questa chiave, la legge di bilancio è diventata un biglietto da visita con cui presentarsi alle urne e ogni partito ha cercato di ottenere risultati spendibili in termini di consenso. Sarà così anche nei prossimi mesi.
Alla fine però saranno gli elettori a decidere. Anche da questo punto di vista – bisogna riconoscerlo – il quadro non è entusiasmante. Un osservatorio tra i più autorevoli, il Censis, nel suo ultimo rapporto ha descritto gli italiani come “sonnambuli”, inabissati in un’“ipertrofia emotiva” in cui “argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali” e “trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile”. E’ su queste dinamiche che fa leva il populismo, insidiosa patologia che ha la capacità di contagiare le società libere sovvertendo il senso autentico della sovranità popolare. L’antidoto, con uno specifico riferimento alle elezioni europee, definite “un grande esercizio di democrazia”, lo ha indicato il presidente Mattarella: “Occorreranno lucidità di giudizio e consapevole lungimiranza”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir