L'incendio di Lipa un anno dopo: storie e interventi
Il report di Caritas italiana sulle attività di questi mesi: raccoglie racconti e storie che partono da Lipa e dai tanti luoghi di accoglienza lungo la Rotta Balcanica. Al 30 novembre 2021 donati oltre 1,6 milioni di euro. Il servizio civile e il volontariato nei campi profughi
Il 23 dicembre 2020 l’incendio del campo profughi di Lipa, in Bosnia Erzegovina, lasciò quasi 1.500 persone in transito lungo la “Rotta Balcanica” per settimane senza un riparo, sotto la neve, senza cibo e acqua potabile. A un anno dal rogo, la Caritas Italiana, già presente in Bosnia Erzegovina fin dagli anni Novanta e impegnata al campo di Lipa tramite i suoi partner fin dai mesi precedenti l’incendio, ricorda l’impegno di quei giorni e cosa è stato fatto nel corso di quest’anno in un report: l’intervento immediato, cercando di offrire “non solo una risposta concreta ai bisogni dei migranti in transito", ma anche quello "in linea con la propria funzione prevalentemente pedagogica, di raccontare e denunciare quanto stava accadendo lungo la Rotta Balcanica”.
"Nel 'buio' dell’emergenza e delle condizioni in cui venivano lasciati centinaia di fratelli, un grande segno di 'luce' arrivò proprio dall’Italia. - ricorda l'organizzazione - L’appello di Caritas Italiana a rispondere tutti insieme all’emergenza di Lipa stimolò infatti una straordinaria risposta solidale da parte delle comunità parrocchiali italiane, delle Diocesi, della società civile, dei singoli cittadini e fedeli. Grazie al contributo ricevuto da migliaia e migliaia di persone, Caritas Italiana è così riuscita a offrire risposte efficaci ai bisogni dei migranti a Lipa, mentre in Italia si è potuto alimentare il dibattito a tutti i livelli sulle politiche di gestione dei flussi migratori e sulle strutture di accoglienza nell’Unione Europea e alle porte dell’Europa".
Al 30 novembre 2021 per l’Emergenza Migranti lungo la Rotta Balcanica sono stati donati 1.689.866,50 euro, da 4.846 persone, 97 diocesi/Caritas diocesane, 65 parrocchie/Caritas parrocchiali, 17 congregazioni, 97 altre entità (associazioni, scuole…).
Su questa rotta, aperta nel 2015, che parte dalla Turchia e, passando poi per la Grecia, si dirama in vari paesi balcanici (Bulgaria, Macedonia del Nord, Serbia, Montenegro, Albania, Bosnia Erzegovina), si muovono persone provenienti da moltissime aree del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Africa, principalmente siriani, iracheni e afghani, con l’intento di raggiungere l’Unione Europea. Dal 2018, ricorda il report, "la Bosnia Erzegovina è diventata il nuovo punto di transito fondamentale di questa rotta per poter arrivare in Europa passando attraverso la Croazia" e tre anni fa è stata quindi costretta ad improvvisare l’apertura di Campi di accoglienza per rispondere alla crisi umanitaria. Ad oggi, i campi aperti sono 5 - di cui 2 nell’area di Sarajevo (Usivak e Blazuj) e 3 nell’area di Bihac (Borici, Miral e Lipa) - per 5.500 posti letto. Gli afghani sono una delle popolazioni maggiormente presenti lungo la Rotta Balcanica sin dalla sua apertura.
Il report raccoglie racconti e storie che partono da Lipa e dai tanti problematici luoghi di accoglienza lungo la Rotta Balcanica, ma si intrecciano inevitabilmente con le altre emergenze umanitarie che hanno caratterizzato questo ultimo anno, come la riconquista dell'Afghanistan da parte dei Talebani fino alla presa di Kabul dell'agosto scorso; o come il dramma migratorio ancora in corso in un'altra frontiera europea, quella tra Polonia e Bielorussia. Emergenze continue che hanno portato Papa Francesco a tornare di nuovo sulla Rotta Balcanica proprio poche settimane fa, a visitare per la seconda volta i campi di accoglienza dell'isola di Lesbo (in Grecia) e a testimoniare la vicinanza della Chiesa a queste sorelle e fratelli in movimento.
"L’impegno di Caritas Italiana lungo la Rotta Balcanica non è solo economico o materiale, ma si dimostra anche attraverso la forma più coinvolgente e diretta di aiuto: il volontariato. - racconta l'organizzazione - Ogni anno centinaia di ragazzi italiani partono all’interno dei programmi proposti dalle loro Caritas diocesane, dalle loro parrocchie o dalle loro associazioni, per dare una mano o fare un’esperienza formativa in qualche luogo di servizio che Caritas ha sostenuto in uno dei paesi balcanici. L'obiettivo di queste esperienze, oltre che dare un aiuto concreto a chi transita lungo la Rotta Balcanica, è anche quello di conoscere da vicino i fenomeni migratori per poi - al ritorno in Italia - sensibilizzare le proprie comunità di appartenenza". Nonostante le grosse difficoltà agli spostamenti poste dalla pandemia, anche nel corso di quest’anno Caritas Italiana è riuscita a organizzare esperienze di servizio nei campi profughi della Rotta Balcanica per alcuni gruppi di volontari provenienti da parrocchie, diocesi e associazioni italiane – in particolare durante l’estate, quando la situazione epidemiologica è stata più favorevole. Una delle esperienze che Caritas italiana ha offerto quest’anno ai giovani italiani è stato il servizio civile lungo la Rotta Balcanica. In questo momento 5 giovani italiani stanno facendo un anno di servizio in Bosnia Erzegovina, ed altri 4 lo stanno facendo in Albania, a servizio dei migranti in transito e della popolazione locale. A loro si aggiungono altri 2 volontari in servizio trimestrale presso uno il campo profughi di Bogovadja in Serbia, grazie a una collaborazione tra la Caritas diocesana di Treviso e la locale Caritas Valjevo.