L’agricoltura è sempre più stretta tra maltempo e crisi economica. Le indicazioni di produzione e i segnali dai mercati delineano nuove differenziazioni sociali

Stando ad Apofruit, una delle più importanti cooperative di produzione ortofrutticola in Italia con oltre 2.700 imprese associate, l’ondata di maltempo ha in alcuni casi più che dimezzati i raccolti.

L’agricoltura è sempre più stretta tra maltempo e crisi economica. Le indicazioni di produzione e i segnali dai mercati delineano nuove differen...

L’alluvione di un mese fa in Emilia-Romagna e gli altri eventi che si sono succeduti in altre aree del Paese,  continuano a far sentire i loro effetti. E lo faranno ancora a lungo. Questione di condizioni – oggettive – di produzione (a cielo aperto) e di reazioni – anche soggettive – dei mercati. Di fatto, uno dei comparti più importanti per l’agroalimentare italiano, quello ortofrutticolo, e alcuni dei territori più significativi dell’agricoltura dello Stivale, come la Romagna, sono colpiti pesantemente. Tutto mentre le condizioni generali dell’economia, non fanno che acutizzare una situazione già grave. Come sempre, per capire meglio bastano pochi esempi.

Stando ad Apofruit, una delle più importanti cooperative di produzione ortofrutticola in Italia con oltre 2.700 imprese associate, l’ondata di maltempo ha in alcuni casi più che dimezzati i raccolti. Stando ai numeri riportati dal Corriere Ortofrutticolo, le ciliegie hanno perso l’80% del raccolto, le albicocche il 50%, le pesche e le nettarine tra il 20 e il 30%. Senza dire degli effetti più a lungo termine dovuti alle malattie che la quantità di umidità, e poi il caldo, possono scatenare. “Nessuna speculazione sui prezzi”, si è affrettata a dichiarare proprio Apofruit. Ma è innegabile che i mercati estivi risentiranno pesantemente di quanto accaduto.

D’altra parte, la facile previsione di mercati sempre più fuori controllo deriva anche da una condizione oggettiva: l’acqua su oltre centomila ettari coltivati ha lasciato il posto ad un pesante strato di limo e sabbia che ha creato una crosta impermeabile in grado letteralmente di “soffocare” il terreno rendendo impossibili gli scambi gassosi fondamentali per le radici e la vita delle piante. Con una sola conseguenza: per evitare l’azzeramento delle produzioni, occorre intervenire con importanti e costosi lavori sul terreno.

Tutto mentre particolari comparti, come quello della verdura di “IV gamma” cioè quella proposta al consumatore già lavata e confezionata pronta all’uso, soffrono per altri motivi.  Tensioni, in questo caso, non tanto dovute all’andamento climatico ma alle vicende produttive del settore e della catena di produzione-trasformazione-distribuzione. Prezzi troppo bassi, spiegano gli agricoltori coinvolti, che, per questo, chiedono aumenti dei margini destinati alle imprese agricole.

Gli effetti del clima e quelli dei rapporti di filiera si applicano così ad un settore già notevolmente in una situazione complessa e delicata. Un comparto che, tra l’altro, deve fare ancora una volta i conti con la condizione generale dell’economia italiana. E soprattutto con l’aumento del costo del carrello della spesa alimentare. Stando alle rilevazioni dell’Osservatorio ISMEA-NielsenIQ sugli acquisti alimentari domestici relativa al primo trimestre di quest’anno, la spesa per gli alimenti e bevande è costata agli italiani quasi due miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno, a fronte però di una riduzione delle quantità acquistate. Qualcosa che genera o accentua anche differenziazioni sociali di non poco conto. Secondo l’analisi, tra le diverse tipologie di famiglie acquirenti sono quelle con figli adolescenti (le cosiddette maturing families) a fare i maggiori sacrifici. Per loro l’aumento dello scontrino rimane sotto al 2% ma il carrello si svuota di quasi il 13% delle quantità. Di contro i nuclei familiari molto giovani (pre-family) e gli anziani senza figli a carico riducono solo di pochissimo i volumi acquistati, con esborsi maggiori rispettivamente del 7% e dell’11%. E a crescere di più in termini di prezzo sono alcuni degli alimenti di base: uova (+20%), latte e derivati (+18%), derivati dei cereali (+13%). In altri termini, le nuove classi sociali italiane si determinano ancora una volta sulla base di quello che mettono in tavola.

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Fonte: Sir