Iran: 3 morti negli scontri per la crisi dell’acqua nel Khuzestan
Centinaia di lavoratori degli impianti petrolchimici sono in sciopero da quasi un mese. Ma il malcontento serpeggia in tutto il Paese a causa dei blackout improvvisi e dell’inflazione galoppante
Tre morti, decine di arrestati e di feriti, che non vanno in ospedale per paura di finire in prigione, è il bilancio ufficioso degli scontri in Iran, nel Khuzestan, nel sud-ovest del Paese. Per le strade centinaia di persone (soprattutto giovani), mentre domenica sera la polizia speciale antisommossa ha sparato sui manifestanti. Le proteste sono iniziate il 15 luglio in diverse città della provincia, ricca di petrolio e sede di molte raffinerie, dove gli abitanti - molti di lingua araba vista la vicinanza col confine con l’Iraq - soffrono per mancanza d’acqua, inquinamento e malgoverno. Già centinaia di lavoratori degli impianti petrolchimici sono in sciopero da quasi quattro settimane per salari bassi e altre rimostranze. Le notizie qui riportate arrivano via Twitter, grazie alla testata britannica privata Iran International e ai video pubblicati sui social.
Il Centro per i difensori dei diritti umani ha inviato una lettera all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, per chiedere di utilizzare tutti i mezzi possibili per impedire l’uso delle armi da parte delle forze di sicurezza della Repubblica islamica durante le proteste, iniziate pacificamente (secondo quanto riportato da una delle più importanti ong iraniane per i diritti umani) e poi sfociate in qualche sparo in aria da parte dei manifestanti, incendi di pneumatici, cassoni divelti nelle strade. A essere coinvolte maggiormente sono state le città di Susangerd e Shush (l’antica Susa). I residenti hanno segnalato interruzioni di Internet da parte delle autorità, una pratica spesso adottata per impedire che notizie e immagini trapelino nel resto del Paese e nel mondo. Alcuni media iraniani hanno pubblicato interviste video con i familiari dei giovani uccisi durante i disordini, affermando che non erano rivoltosi e che avevano buoni rapporti con la Guardia rivoluzionaria e la milizia Basij. Alcuni utenti dei social media, tuttavia, sono molto sospettosi delle circostanze in cui sono state fatte le interviste e affermano che le famiglie potrebbero essere state costrette ad assolvere le forze di sicurezza dalle responsabilità negli omicidi.
L’Iran quest’anno è alle prese con una brutta siccità a causa di una riduzione del 50% delle precipitazioni. In molti incolpano il governo per anni di cattiva gestione delle risorse idriche, con la costruzione di dighe non necessarie e la deviazione dell’acqua verso altre regioni del Paese, che hanno creato la recente crisi nel Khuzestan, un tempo con quattro fiumi principali ad alimentare l’area. È stato riferito che in molti villaggi la popolazione rurale è costretta ad acquistare l’acqua dalle autocisterne solo per i propri bisogni personali, con conseguenze negative sull’agricoltura e l’allevamento. Il principe in esilio خوزستان با خاک حاصلخیز و رودهای پرآبش برای هزاران سال قلب تپنده تمدن و فرهنگ کهن ایرانی بوده؛ زادگاه پادشاهی عیلام و پایتخت زمستانی داریوش بزرگ.
امروز، درنتیجه بیکفایتی رژیم، خوزستان چون دیگر استانهای ایران آب ندارد و مردم و جوانانش با فقر، بیکاری و تبعیض دست به گریبانند. (۱/۲) pic.twitter.com/snmAxFDIpa
Ma il malcontento serpeggia sottotraccia in tutto il Paese. Le cause più recenti sono stati i blackout improvvisi – che hanno lasciato senza elettricità ospedali, aziende, semafori, case, partite di calcio – e l’inflazione galoppante. I tagli di corrente diffusi sono iniziati a Teheran e in altre città, e non facevano parte delle interruzioni programmate di energia elettrica che l’Iran ha sperimentato negli ultimi mesi a causa della produzione insufficiente a fronte dell’aumento della domanda dovuta anche “all’estrazione” di criptovalute da parte di grandi aziende informatiche. E poiché l’elettricità costa poco, non esistono politiche di risparmio energetico nel Paese. Il prezzo dei prodotti alimentari di base, invece, è cresciuto del 70% in un anno, stando al rapporto pubblicato qualche giorno fa dal Centro dati statistici e strategici del ministero delle Cooperative, del lavoro e della previdenza sociale iraniano. Ad aumentare è stato soprattutto il prezzo di pollo, burro, olio, latte, zucchero, riso importato e uova. Per il Fondo monetario internazionale l’inflazione è al 39% e si prevede un deficit fiscale del 6% del Pil. Su questi dati le sanzioni statunitensi influiscono come un macigno. Inoltre, nell’ultimo anno sono aumentati anche gli affitti e l’abbigliamento. Nei suoi proclami elettorali, il neopresidente Ebrahim Raisi si è impegnato a creare posti di lavoro, a ridurre le disparità di reddito e a combattere corruzione e inflazione.
Michela Trigari